Ho il titolo di sostegno, ma lavoro a 1000 km di distanza da casa per colpa dei trasferimenti. Lettera

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Inviato da Silvana Cicero – Gentile redazione di Orizzonte scuola, come ogni anno, all’avvicinarsi di scadenze importanti per la sorte di migliaia di insegnanti (trasferimenti, assegnazioni provvisorie ,immissioni in ruolo ecc.) gli animi esacerbati di tutti quelli che vivono ed operano nel mondo della scuola, vengono fuori con esternazioni che riflettono le tante situazioni vissute, spesso ahimè con toni che dicono molto su chi scrive e poco a chi legge, e  questo giornale, con grande merito, si fa carico delle diverse istanze portate avanti, dando voce alle problematiche che investono i lavoratori della scuola.

 Sono una cosiddetta “precaria storica” a cui è stato imposto, come migliaia di altri precari, di fare la domanda per l’immissione in ruolo con la famigerata legge 107,pena il depennamento definitivo dalle Gae, in cui ero inserita da più di un decennio.

Ho il titolo di sostegno, ma quest’anno, nonostante siano stati assegnati migliaia di posti in deroga nella mia regione,  sto lavorando a 1000 km di distanza da casa con tutto quello che ne consegue in termini socio-economico-affettivi. Mi voglio fare portavoce di tutti le colleghe e i colleghi di sostegno che, come me, sono stati costretti a lasciare la loro terra a causa di normative fatte da persone che pensano solo ai risvolti economici e considerano la scuola e la formazione degli alunni come qualcosa di puramente accessorio.

La norma del 30% di quota, da assegnare per i trasferimenti, ha leso il diritto di tanti docenti ma in particolare di quelli di sostegno (per l’esistenza di migliaia di posti che vengono assegnati  ogni anno e per i quali si assiste all’avvicendarsi di personale spesso senza qualifica e senza esperienza, che opera sul sostegno come ripiego e non come scelta professionale) e il diritto di migliaia di alunni con difficoltà, che sarebbero seguiti nel loro percorso formativo da docenti qualificati e stabili.

L’ostinata volontà inoltre, di non volere incrementare l’organico di diritto nonostante l’aumento di alunni con problematiche e quindi con certificazioni, la dice lunga su quanta considerazione abbia la tutela di bambini ed adolescenti disabili nel nostro Paese.

Se la civiltà di uno Stato si misura dalla tutela che dimostra  verso i più deboli, in Italia ancora siamo molto lontani dalla meta, nonostante la legislazione in merito sia una delle più avanzate al mondo. Come sempre vale, purtroppo il famoso detto.. tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare!!!

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