Ha ragione il panettiere? Lettera

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Inviata da Luisa De Vita – Il figlio del mio panettiere di fiducia si è appena diplomato, maturità classica, 100. L’altro giorno ho chiesto a suo padre: “Allora, tuo figlio ha deciso cosa studiare all’Università?”, mi ha risposto: “Mi sa che S. ha deciso di venire a impastare il pane con me”. “Perché?” gli ho chiesto, stupita della sua risposta.

“Perché? E mi chiedi perché? Si è messo in testa di studiare Lettere per diventare docente, ovvero per arrivare a oltre quarant’anni ancora senza un lavoro stabile, con uno stipendio da fame e condannato a dare esami (pagando) per anni e anni. Non ti pare che sia molto probabile che finisca, prima o poi, a impastare il pane con me?”.

“Bè, ma se non segue la sua passione, nonostante tutte le difficoltà e il percorso lungo che lo aspetta, non sentirà mai pienamente di aver espresso se stesso. Certo la carriera del docente potrebbe essere tortuosa ma se vuole studiare Lettere, non sarebbe giusto impedirglielo. I suoi studi non lo faranno diventare ricco economicamente ma spiritualmente”. “Luisa, ti prego, con la ricchezza spirituale non si mangia e non si pagano le bollette!” Ha concluso in fretta.

Ho 44 anni, sono laureata in Filosofia, ho acquisito i 24 CFU prima, altri esami integrativi dopo. Non ho partecipato all’ultimo concorso perché per la mia classe di concorso erano previsti 4 posti in tutta la regione. Ho fatto altri esami integrativi per accedere ad altre classi di concorso e partecipato alla selezione per il tfa sostegno, lo svolgerò quest’anno, mi costerà migliaia di euro e tanti sacrifici.

Per iniziare a lavorare mi sono spostata dalla mia regione (per tornarvi “a singhiozzo”, cercando di conciliare il tentativo di stabilizzazione e accudimento di genitori e familiari). Sono ancora precaria. Sono campana, in me non può non risuonare l’eco delle parole di De Filippo “Gli esami non finiscono mai”. E non finiscono mai abilitazioni da conseguire, tasse da sostenere, mettere in gioco continuamente tutta la propria esistenza, concorsi da superare, dimostrazioni di “essere capace” che però al primo ingresso in classe nessuno ti chiede.

Se a ciò aggiungiamo i problemi della vita privata – quale scoperta! … i docenti precari sono persone! E, in quanto tali, magari hanno genitori anziani da accudire o figli, o bollette, tasse, spese da pagare.

Ho 44 anni, ho svolto tantissimi tipi di lavori per pagarmi gli studi prima, la formazione dopo (e ancora adesso). Ho lavorato anche a nero, sì, Egregio Ministro, ho lavorato a nero per 800 Euro al mese per 12 ore al giorno perché – altra scoperta! – sa, il lavoro sommerso esiste ancora, esiste eccome e in alcune realtà è l’unica possibilità per sentirsi almeno parzialmente indipendenti – fortuna che in tutta questa storia esiste un lato comico: sono stata anche accusata di essere stata “corrotta” per aver accettato simili condizioni lavorative!

Ho 44 anni. Sono ancora precaria. Comincio a sentire il peso di convocazioni che non arrivano e ulteriori prove da superare che si aggiungono. Ma al di là di ogni sarcasmo, al di là di tutto ciò che si racconta o si tace, sa, Egregio Ministro, quale credo che sia la cosa più grave e triste? La cosa più grave e triste, credo, sia il fatto che, ogni tanto, ahimè sempre più spesso, mi tormenta nella mente una domanda “Ma, non è che per caso, ha ragione il panettiere?”.

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