Gravi patologie e ricovero ospedaliero, incostituzionale non escluderli dal periodo di comporto day hospital. Sentenza

Con la Sentenza 28 del 2021 la Corte Costituzionale interviene sulla norma di cui al DPR del 1957 articolo 68 comma 3 dichiarando l’incostituzionalità della disposizione.
Il fatto
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza del 3 luglio 2019, iscritta al n. 195 del reg. ord. 2019, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 68, comma 3, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione. La suddetta norma è sospettata di illegittimità costituzionale nella parte in cui «per il caso di “gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti” non esclude dal computo dei consentiti 18 mesi di assenza per malattia i periodi non computabili secondo l’art. 35, comma 14, del .c.n.l. 2006-2009 – comparto Università, vale a dire i “giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie”.
Questione che interessa ovviamente anche il comparto scuola.
La norma sulla malattia e conservazione del rapporto di lavoro
Osserva la Corte che “va premesso che per i dipendenti pubblici, così come per i lavoratori del settore privato, la malattia come causa di sospensione del rapporto di lavoro trova la sua regolazione nell’art. 2110 del codice civile, il quale, nell’affermare in via di principio la conservazione del posto di lavoro ed il relativo trattamento economico, rinvia per gli aspetti quantitativi e temporali alla legge o al contratto collettivo di riferimento. È dunque possibile che fra le due discipline emergano differenze anche sostanziali; ed è ciò che in effetti accade nel caso di specie in ordine al riconoscimento del cosiddetto periodo di comporto”.
La contrattazione collettiva è più avanza rispetto alla legge
“Tuttavia il mancato riconoscimento del periodo di comporto manifesta una intrinseca irrazionalità che lo rende costituzionalmente illegittimo per violazione, sotto questo diverso profilo, dell’art. 3 Cost., con assorbimento del residuo parametro (art. 32 Cost.). Esso infatti è la manifestazione di un ritardo storico del legislatore rispetto alla contrattazione collettiva. Quest’ultima (il CCNL del comparto Università non è isolato al riguardo), con la sua naturale dinamicità, è stata in grado di tener conto del progressivo sviluppo dei protocolli di cura per le gravi patologie, e in particolare delle cosiddette terapie salvavita con i loro pesanti effetti invalidanti; ciò al contrario non è avvenuto per la disciplina normativa, che, risalente ad anni ormai lontani, non è più adeguata al contesto attuale, caratterizzato – come si è detto – dalla profonda evoluzione delle terapie. Né può affermarsi – come prospettato dalla difesa dello Stato che i princìpi di cui agli artt. 9 e 33 Cost., trattandosi, nel caso di specie, di personale docente universitario, impedirebbero una così prolungata assenza dal servizio. È vero, infatti, che i valori protetti da questi articoli sono meritevoli della massima considerazione, ma non possono costituire un ostacolo alla stabilità del rapporto di lavoro”.
La Corte dichiara l’incostituzionalità della norma in questione
Pertanto, conclude la Corte “ va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 68, comma 3, del d.P.R. n. 3 del 1957, nella parte in cui, per il caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo dei consentiti diciotto mesi di assenza per malattia i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie”.