Gli investimenti sull’istruzione tornano a calare: dopo il Covid, Pil al 4,1%. Rapporto Save The Children

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La ripresa scolastica post-Covid ha portato con sé il peso di un’ombra lunga e persistente: l’impoverimento educativo. Questa crisi, che ha colpito in particolare gli studenti in situazioni socio-economiche sfavorevoli, persiste nonostante l’emergenza sanitaria sia ormai un capitolo concluso.

La pandemia ha sottolineato, con urgenza, la necessità di rinvigorire gli investimenti nel settore dell’istruzione. Tuttavia, l’Italia, invece di andare avanti, sembra aver fatto un passo indietro. Secondo il rapporto di Save the Children, la percentuale del PIL investita dal Paese in istruzione è scesa al 4,1%, in netto contrasto con la media europea del 4,8%. Ma non finisce qui: l’Italia risente anche di una carenza strutturale di servizi essenziali come asili nido, mense scolastiche e istruzione a tempo pieno.

I dati parlano chiaro. Nel 2021/2022, solamente 28 posti su 100 erano disponibili nelle strutture educative per bambini da 0 a 2 anni, un risultato ancora lontano dagli obiettivi europei. Allo stesso modo, solo il 38,06% delle classi di scuola primaria offre istruzione a tempo pieno, seppur in crescita rispetto a cinque anni fa. È altresì preoccupante notare che poco più della metà degli alunni della primaria ha accesso alla mensa scolastica.

Questo scenario ha contribuito a una dispersione scolastica in Italia che supera la media europea, con l’8,7% degli studenti in condizione di “dispersione implicita”, una percentuale in diminuzione rispetto allo scorso anno ma ancora al di sopra dei dati pre-pandemici. Questi studenti, nonostante la conclusione dei loro studi, non raggiungono le competenze richieste per la maturità, mostrando invece livelli paragonabili a quelli di terza media.

Il Rapporto “Il Mondo in una classe” di Save the Children traccia un quadro allarmante delle diseguaglianze educative in Italia, che rischiano di compromettere irrimediabilmente il futuro dei nostri giovani

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