Gli insegnanti e le lamentele per la fine dei due mesi di ferie pagati. Lettera

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Stefania Ferrari – In occasione della ripresa del servizio per i docenti di ruolo, mi riapprodano in mente le tenzoni epistolari, lette in questa sede nel giugno scorso, tra chi accusava con disprezzo gli insegnanti di godere di 2-3 mesi estivi di ferie pagate e chi, in risposta, attaccava gli impiegati amministrativi di nullafacenza per l’intero anno solare.

In me si somma la ormai quasi decennale esperienza di precariato scolastico e un intermezzo impiegatizio presso il Comune della mia città, al tempo dei famigerati tagli del Ministro Gelmini, quando ottenere una supplenza era divenuto soltanto un miraggio per chi poteva vantare un non alto punteggio di servizio.

In virtù del mio background mi sento di dissentire con entrambi i contendenti. Da un lato il lavoro amministrativo porta con sé le sue fatiche e il suo carico di stress (a mio sentire superiori al lavoro scolastico), specie quando si deve elemosinare – quasi si chiedesse un favore personale – una firma ai capi senza la quale il lavoro non può procedere. Sì procedere, perché solo chi ricopre ruoli di un certo rilievo (dirigenti o responsabili di uffici e settori) può permettersi di non aver voglia di lavorare, rinviare una pratica e fare la pausa caffè o di altro tipo.

La cosiddetta manovalanza deve lavorare parecchio, ubbidire, sottostare e subire molte umiliazioni… Si deve persino scrivere in modo scorretto, perché non è previsto che, grazie ai propri studi, qualcuno sappia scrivere in modo più corretto del proprio capo: io dovetti far seguire una lettera maiuscola ad un punto e virgola perché il mio capo lo pretese ritenendolo corretto. E se il ruolo ricoperto è di livello C, anche solo perché il caso ha voluto che in tale momento fosse quella l’unica possibilità di essere assunti, il titolo di laurea faticosamente conseguito ti viene praticamente “sequestrato” e tutti i livelli D tendono a farti notare la tua inferiorità, in modo sottile ma costante come un ago che ininterrottamente punge.

Ecco che, dopo soltanto mezz’ora di lavoro, ci si sente spossati come se si fosse già alla fine della mattinata e della settimana… cosa che mai mi è successa a scuola, dove al contrario le ore trascorrono veloci e di rado i colleghi di ruolo stanno a sottolineare la mia precarietà.

D’altro canto non tutti gli insegnanti lavorano come dovrebbero, compresi quelli che si danno tante arie di farlo mettendosi sempre in bella mostra nella prima fila di sedie ai collegi o alle riunioni dipartimentali con tanto di quaderno su cui prendere un mare magnum di appunti; ma sono gli stessi che poi lasciano le verifiche disordinatamente sparpagliate e mescolate tra loro nei cassetti per l’intero anno scolastico e le archiviano poi in modo approssimativo un giorno prima del termine fissato per la riconsegna, a lezioni già ultimate e quindi senza la possibilità di recuperare quelle che i tanti alunni poco diligenti hanno dimenticato di riconsegnare a tempo debito: esse infatti, pur essendo documenti ufficiali, sono  oggetto di controllo specifico solo in caso di ricorsi e quindi non rischiano di inficiare l’immagine di prof. perfetti e degni del bonus finale per la valorizzazione del merito.

E ci sono persone che hanno scelto di fare l’insegnante per lavorare solo mezza giornata, almeno fino a qualche anno fa quando gli impegni pomeridiani erano più scarsi, ed avere i mesi di vacanza estiva pagata.

Perché quelli ci sono, inutile negarlo, ferie più lunghe di quelle spettanti a qualsiasi altro lavoratore: due mesi pieni per la scuola secondaria di primo grado, con l’aggiunta di alcuni giorni anche a giugno, nonostante si sia impegnati in scrutini ed esami di Stato; qualcosa in meno riguarda gli insegnanti di scuola secondaria di secondo grado, ma gli esami di maturità di solito si concludono entro i primi dieci giorni di luglio.

Senza contare che per ritemprarsi dalla fatica quotidiana legata al tipo particolare di lavoro c’è il giorno libero settimanale di cui nessun impiegato amministrativo può giovarsi.

Ricordo la mia amica (che in tale frangente non ha mostrato il tatto di un’amica), lo scorso anno, quando il primo settembre lamentò l’inizio degli impegni scolastici perché finivano i due mesi in cui era stata padrona del proprio tempo e aveva potuto svegliarsi tardi la mattina… pur andando a ritirare lo stipendio a fine mese – oso aggiungere io, che “godo” di quasi tre mesi di ferie non pagate, in cui stento ad essere padrona dell’ansia provata per l’incertezza del ricominciare o meno a lavorare.

Come la mettiamo con la troppo spesso incondizionatamente millantata dedizione degli insegnanti e la troppo spesso incondizionatamente esagerata critica sull’ozio degli impiegati amministrativi?

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