Gita negata dopo la rissa, il Tar dà ragione alla scuola: “Sanzione educativa per responsabilizzare lo studente”

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Un episodio di violenza tra studenti ha portato a pesanti sanzioni disciplinari per un alunno di terza media di un istituto comprensivo di Venezia.

Lo scorso 25 ottobre, al termine delle lezioni, due ragazzi si sono affrontati a pugni, con una passante che ha allertato i Carabinieri. La situazione si è placata, ma la vittima, un compagno con disabilità, ha riportato lesioni tali da richiedere il pronto soccorso. Le testimonianze dei compagni hanno descritto l’accaduto come un atto di estrema gravità, confermato anche dall’indagine avviata dallo sportello anti-bullismo della scuola.

La decisione della scuola e il ricorso al Tar

Come segnala il Corriere del Veneto, la scuola ha deciso di applicare una sospensione di 15 giorni, l’esclusione dalla gita di terza media e la revoca temporanea dell’uscita autonoma per lo studente coinvolto. I genitori hanno presentato ricorso al TAR contro le ultime due misure. I giudici hanno respinto la richiesta relativa alla gita scolastica, ritenendola una sanzione prevista dal regolamento d’istituto e con una finalità educativa: “Mira a rafforzare il senso di responsabilità dello studente e a ripristinare la correttezza dei rapporti nella comunità scolastica“, si legge nella sentenza.

La revoca dell’obbligo di uscita accompagnata, ma con una precisazione

Sul punto dell’uscita da scuola con i genitori, il Tar ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la misura perché non prevista dal regolamento. Tuttavia, i giudici hanno riconosciuto che la scuola l’aveva introdotta come tutela per tutti gli studenti, considerando che “la stanchezza degli alunni può acuire conflitti latenti“. Per evitare di penalizzare ulteriormente la famiglia, l’annullamento è stato posticipato di 30 giorni, dando tempo all’istituto di non reiterare la disposizione.

Ricorsi al Tar: quando i genitori contestano le sanzioni scolastiche

Il caso dell’alunno escluso dalla gita dopo la rissa a Venezia ha riacceso il dibattito sui ricorsi al Tar contro le sanzioni disciplinari. Ma quando e perché le famiglie scelgono questa strada? E come si muove la giustizia amministrativa in questi casi?

Quando un provvedimento scolastico può essere impugnato?

Le scuole hanno ampia autonomia nel decidere sanzioni come sospensioni o esclusioni da attività didattiche. Tuttavia, se i genitori ritengono che la punizione sia sproporzionata, illegittima o priva di fondamento giuridico, possono presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale. Nel caso in questione, ad esempio, la famiglia ha contestato l’esclusione dalla gita e l’obbligo di uscita accompagnata, ottenendo ragione solo sul secondo punto.

Cosa dice la giurisprudenza?

I tribunali tendono a difendere l’autonomia scolastica, soprattutto quando le sanzioni hanno una finalità educativa. Una sentenza del Tar della Lombardia, nel 2022, ha stabilito che l’esclusione da una gita è legittima se serve a ripristinare la serenità nel gruppo classe, specie dopo episodi gravi come violenze o bullismo.

Un problema sistemico

La lentezza dei ricorsi al TAR rappresenta uno dei maggiori ostacoli per le famiglie che intendono contestare una bocciatura o un provvedimento scolastico. Secondo il Rapporto sul processo amministrativo (con dati al 2023), il tempo medio per una sentenza di primo grado al TAR supera i 18 mesi, con picchi di oltre due anni in alcune regioni.

Nelle controversie scolastiche, solo il 15-20% dei ricorsi ottiene una sospensiva immediata, mentre la maggioranza attende l’udienza ordinaria, spesso fissata a distanza di un anno o più. Nei casi di bocciatura, anche quando il TAR alla fine dà ragione alla famiglia, lo studente ha ormai perso un anno o è stato costretto a cambiare scuola.

Resta, dunque, aperto il dibattito su come garantire maggiore celerità nei contenziosi scolastici, per evitare che il diritto alla difesa si trasformi in una battaglia persa in partenza.

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