Giornata dell’insegnante, Pacifico (Anief): 450 euro in più di stipendio e pensione a 59 anni come le Forze armate. INTERVISTA
Si celebra oggi, 5 ottobre, la giornata mondiale dell’insegnante. Una data scelta dall’Unesco nel 1994 per ricordare la sottoscrizione delle Raccomandazioni del 1966 sullo status di insegnante, la base per i diritti e le responsabilità dei docenti. Con Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, una riflessione sulla figura dell’insegnante oggi e sulle problematiche legate al mondo dell’insegnamento.
La giornata mondiale del docente: l’occasione giusta per riflettere sul ruolo degli insegnanti, certamente sempre più centrale in questi mesi di pandemia, ma anche sui problemi ormai storici del personale docente
Il 75% degli insegnanti è donna, con percentuali che superano il 90% alla scuola primaria. Ciò significa pensare ai problemi che possono avere le nostre donne insegnanti soprattutto legati alla mobilità.
Prima fotografia della nostra scuola: ci sono tantissimi precari, ancora oggi uno su cinque è precario. Abbiamo un milione di insegnanti per far funzionare la scuola, e inoltre, una volta che l’insegnante è precario c’è un altro problema ancora più grave: 3 su 4 insegnanti sono donne e con i paletti della mobilità non si può coniugare la vita affettiva e familiare con il lavoro.
E poi sicuramente la mancata valorizzazione stipendiale degli insegnanti. Gli stipendi dei nostri docenti a fine carriera sono la metà di quelli di Paesi come la Germania, sono sotto la media europea. Anche per quel che riguarda la pensione: l’accesso avviene con una media di 5-6 anni dopo l’accesso negli altri Paesi europei. Gli stipendi attuali non valorizzano la professione, sono spesso più bassi di un operaio specializzato e per i precari sono consumati per lavorare fuori, servono quindi solo per la sussistenza. Siamo sui 7-8 punti sotto l’inflazione, lontani dall’aumento costo della vita in Italia, oltre che dalla media Ue. Eppure la pandemia ha fatto emergere il ruolo dell’insegnante: una figura fondamentale per rilanciare il Paese.
Vogliamo degli stipendi ancorati a livello dell’inflazione, vogliamo recuperare i 7 punti di inflazione.
Di quanto dovrebbero aumentare gli stipendi per poter fare questo?
300-350 euro, oltre i 100 euro previsti nelle linee guida, per poterli allineare all’inflazione degli ultimi 13 anni.
Sugli stipendi avrete l’occasione di discutere nel prossimo tavolo sul rinnovo contrattuale. Sarà a breve?
Il ministro ha emanato delle linee guida per l’atto di indirizzo, aspettiamo la convocazione Aran. Noi come Anief abbiamo già pronta la nostra piattaforma, che prevede l’utilizzo di quelle risorse che il governo ha promesso nel Patto per la scuola di maggio siglato con le confederazioni, firmato dal ministro Bianchi su delega del premier Draghi. Nel Patto si è detto di mettere delle risorse aggiuntive per la scuola e valorizzare la professionalità del mondo della scuola.
Cosa chiedete per gli insegnanti?
Abbiamo chiare tre cose. Deve essere innanzitutto riconosciuta un’indennità di rischio biologico legata alla pandemia. Le vaccinazioni e le certificazioni verdi non hanno allontanato il rischio contagio, lo si vede dalle classi in quarantena. I rischi della didattica in presenza non sono stati annullati dalla vaccinazione né dall’obbligo del possesso del Green pass. Questo significa che quando si insegna nelle nostre scuole si può prendere il Covid. Il personale docente, come il personale medico, deve avere diritto a una specifica indennità di rischio Covid.
Di quanto si tratterebbe?
Della percentuale se ne discuterà. Diciamo almeno 10 euro al giorno e quindi 300 euro al mese.
Perché definite il protocollo di sicurezza, che non avete sottoscritto ad agosto, illegittimo?
E’ illegittimo nella parte in cui non prevede i tamponi a carico dello Stato. I tamponi sono dispositivi di sicurezza e come tali devono essere a carico del datore di lavoro, come infatti lo sono le mascherine.
Tornando sul rinnovo del contratto, cosa chiedete ancora?
Chiediamo un’indennità di incarico: tutto il personale a tempo determinato, dopo tre anni di supplenza, deve avere un’indennità che deve essere inserita nel contratto, senza dover ricorrere al tribunale.
Bisogna eliminare tutte le differenze nel trattamento economico e giuridico tra precari e personale di ruolo.
Come dicevo prima, poi, visto che la maggior parte della scuola è donna, devono essere tolti tutti i vincoli: l’attuale vincolo dei tre anni e il vincolo riguardante le assegnazioni provvisorie (in Europa si parla tanto di favorire la mobilità transfrontaliera). E comunque deve essere garantita un’indennità di sede che favorisca quegli insegnanti che vanno a lavorare lontano dalla propria residenza. Nel privato si chiama indennità di trasferta. Dobbiamo premiare chi lavora in zone diverse dal proprio domicilio e chi lavora in contesti più difficili, dove oggettivamente è più difficile insegnare.
Per concludere: deve essere riconosciuto il burnout per il personale docente, condizione che permetterebbe di usufruire delle finestre per andare in pensione a 63 anni senza penalizzazioni. Sarebbe opportuno a 59-60 anni come avviene per le forze dell’arma.
La piattaforma di cui ha parlato la state condividendo?
La piattaforma serve per portare le proposte per rinnovare il contratto. I principi li stiamo discutendo in più di 2000 assemblee sindacali programmate nei mesi di ottobre, novembre e dicembre per arricchirli con le idee che vengono dai colleghi. Abbiamo aperto questo ciclo di assemblee a Palermo il primo ottobre con più di mille colleghi che hanno partecipato.