Dietrofront quarantene, Anp: di colpi di scena, di tuffi carpiati con doppio avvitamento la nostra scuola non ne ha bisogno

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“Attualmente i docenti vaccinati in Italia sono circa il 95%, e del 5% dei non vaccinati, almeno il 3% è rappresentato da coloro che non possono farlo, quindi i no vax saranno in definitiva circa il 2%”.

Così Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), oggi in Friuli, rispondendo a una domanda sull’obbligo vaccinale per il personale della scuola.

Poi aggiunge: “L’obbligo vaccinale dal 15 dicembre, dunque, non inciderà sul personale, salvo in alcune regioni, come il Friuli Venezia-Giulia, ad esempio, dove i non vaccinati si trovano in percentuali maggiori”.

Per quanto riguarda ciò che è successo nelle ultime ore “credo si sia preso atto, da parte dei due ministeri, che le Asl non ce la facevano e quindi si è fornita una giustificazione plausibile, quella dell’aumento del contagio, e si é scelto di tornare al protocollo precedente. Se non che questo non è andato bene alla Presidenza del Consiglio visto che uno dei cavalli di battaglia del Presidente Draghi è quello del ritorno in presenza delle lezioni e dunque ha deciso di mettere la struttura commissariale al servizio delle Asl”.

“Non voglio drammatizzare il fatto che le regole siano cambiate nell’arco di 24 ore – ha aggiunto – ma sembra strano che due ministeri abbiano preso una decisione del genere senza sapere della disponibilità di supporto della struttura commissariale. Forse ci vorrebbe maggiore comunicazione”.

E sul dietrofront sulle quarantene da parte del governo, l’Anp scrive in una nota:

Che l’incomunicabilità nella società moderna sia oggetto di ampio dibattito è cosa nota. Adesso abbiamo chiara evidenza del fatto che essa alberghi anche all’interno della macchina governativa, peraltro in un momento storico così delicato.

In un lasso di tempo brevissimo le scuole sono state destinatarie di due note relative alla gestione dei contagi in ambiente scolastico, entrambe a firma congiunta del Ministero dell’istruzione e di quello della salute ma opposte nei loro contenuti. I due documenti hanno fornito indicazioni operative contrarie: il primo ha giustificato la sospensione del protocollo del 3 novembre 2021 con l’aumento del tasso di incidenza dei casi di contagio (da 50 a 125 ogni 100.000 abitanti), il secondo ha giustificato la sospensione della sospensione con l’intervento del Commissario Figliuolo.

Per quanto sia ovvio che le soluzioni vadano approntate in base all’evoluzione del contesto emergenziale e delle risorse a disposizione per fronteggiarlo, la chiave di lettura di quanto accaduto sta altrove.

La scuola, secondo la narrazione corrente, è – e deve continuare ad essere – in presenza. Tuttavia, dinanzi alla recente crescita dei contagi, le operazioni di testing e di contact tracing non sono state effettuate secondo la tempistica che il protocollo impone. Le ASL, in gran parte, non hanno retto; le scuole, invece, hanno tenuto duro grazie ai dirigenti e ai loro collaboratori che, di fatto, sono diventate le vere prime linee di questo fronte.

Nell’esigenza di favorire le attività scolastiche in presenza e di fronte all’evidente caduta, tutt’altro che senza rumore, delle ASL, la soluzione per la gestione dei contagi, balenata nel giro di pochissime ore in un’improvvisa reviviscenza della comunicabilità, è stata trovata nel provvidenziale supporto della struttura commissariale che ha, a sua volta, di fatto, commissariato le stesse ASL.

Tanto premesso, alle scuole, ai suoi lavoratori, agli studenti e alle famiglie interessa una sola cosa: che il problema del contact tracing cui assistiamo da diverse “ondate” sia definitivamente risolto senza riversare sui dirigenti scolastici e sui loro staff oneri e competenze altrui, sugli studenti e sui loro genitori gli effetti della lentezza dell’apparato sanitario territoriale.

Di colpi di scena, di ricerca della spannung, di tuffi carpiati con doppio avvitamento la nostra scuola e il nostro Paese, di questi tempi, non hanno davvero bisogno.

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