Giannelli (ANP): dare a scuole facoltà di assumere, concorsi non selezionano. Sì a formazione continua docenti [INTERVISTA]

“Dobbiamo decidere che docenti e che scuola vogliamo per il nostro Paese. Se vogliamo docenti con determinati requisiti, allora dobbiamo selezionarli con cura e seguirli nel tempo con la formazione continua. Se questo invece non ci interessa, allora vorrà dire che va bene anche l’estrazione a sorte”.
Il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, è caustico. Atttende come tutti l’emanazione di un dpcm per conoscere i dettagli del nuovo sistema di reclutamento e di formazione dei docenti con il quale saranno tradotti in pratica le linee guida contenute nel decreto legge emanato il 1 maggio scorso e che sta mandando in fibrillazione i docenti e i loro sindacati.
E tuttavia il decreto in questione presenta dei contenuti che secondo il presidente dell’Anp, sono “elementi di indubbio interesse”.
Tra le novità più positive”, aveva spiegato in un comunicato, “segnalo l’introduzione di un percorso universitario e accademico di formazione iniziale e abilitazione che dovrà accertare la capacità dei docenti di ‘progettare percorsi didattici flessibili e adeguati alle capacità e ai talenti degli studenti da promuovere nel contesto scolastico, al fine di favorire l’apprendimento critico e consapevole e l’acquisizione delle competenze da parte degli studenti”. Altro elemento che Giannelli valuta positivamente è “che la formazione del personale docente dovrà essere continua e obbligatoria, svolta al di fuori dell’orario di insegnamento, in prosecuzione di quella iniziale, secondo un sistema integrato che vuole portare nella scuola nuove metodologie didattiche, competenze linguistiche e digitali”.
Presidente Antonello Giannelli, c’è duqnue del buono allora in questo decreto, che sta facendo discutere il mondo della scuola?
“Noto alcuni elementi positivi, altre questioni vanno invece riviste. E poi attediamo l’emanazione del dpcm per conoscere i dettagli. Quanto agli elementi positivi, il principale è quello dell’attenzione rivolta al reclutamento di docenti che siano in grado di motivare gli studenti. La motivazione degli studenti è la vera chiave di volta del sistema scolastico, poiché noi per ora non li motiviamo. E’ dunque necessario cambiare l’approccio didattico. Ed è positivo che nel decreto si faccia accenno a questa questione. Quanto alla formazione ritengo positivo anche l’allineamento del sistema della scuola secondaria a quello della formazione primaria. Dopo di che ogni altro giudizio va sospeso fino all’emanazione del dpcm”.
Non è d’accordo invece con la gestione centralizzata dei concorsi
“Si continua a voler gestire i concorsi centralmente, a livello regionale o interregionale, secondo un modello che si è sempre dimostrato fallimentare anziché attribuirne la competenza alle istituzioni scolastiche. Da tempo chiediamo un cambiamento del reclutamento in tal senso ma, da questo punto di vita, non vediamo novità. Quello dei concorsi è un aspetto criticabile. Insisto: il sistema di gestire centralmente i concorsi si è dimostrato fallimentare perché non si riesce a gestire i numeri. Ogni anno vanno in pensione circa 30.000 docenti, poi però non si riesce a gestire un concorso per 30.000 nuovi assunti, o almeno non si riesce a garantire che ogni anno ci sia un concorso per 30.000 assunzioni e infatti abbiamo un precariato che cresce, siamo arrivati ad avere oltre 200 mila supplenti. D’altronde abbiamo visto che con i concorsi si valutano le conoscenze nozionistiche specifiche delle materie ma mai ci si preoccupa di selezionare dei professionisti che abbiano la giusta motivazione. Si tratta di selezionare persone che siano in grado di motivare gli studenti e invece le selezioniamo su quello che hanno imparato.”
Qual è l’alternativa?
“L’alternativa è attribuire le facoltà assunzionali alle scuole. Questo non vuol dire che i concorsi non vadano bene ma servono concorsi diversi da come sono stati finora. Non si può continuare così perché è una via fallimentare. I concorsi si ruducono a delle selezioni a scelta multipla. Dobbiamo decidere che docenti vogliamo: se vogliamo docenti con determinati requisiti allora dobbiamo selezionarli con cura e seguirli con la formazione continua. Se questo invece non ci interessa, beh, allora vorrà dire che va bene anche l’estrazione a sorte. Io credo invece che la qualità dell’istruzione debba interessare a tutti. L’istruzione è uno degli aspetti fondamentali del Paese. Io spero che il dpcm terrà presente le esigenze della scuola però voglio essere chiaro: la percentuale di Pil dedicata alla scuola dall’ultimo Def è insufficiente. La percentuale di spesa scolastica nei paesi europei è del 5 per cento rispetto al Pil, con punte dell’8 e del 9 per cento nei paesi del Nord Europa. Se la politica crede in quello che dice, e cioè nel fatto che la scuola sia importante per il rilancio del Paese, allora deve incrementare l’investimento. Perché non si tratta una spesa, è un investimento”.
La scuola come sta uscendo dalla pandemia?
“Con un senso di fiducia verso il futuro. Ci sono decisioni contingenti che sono criticabili, in relazione alla gestione dei docenti non vaccinati che devono entrare nelle classi dopo il 30 aprile. Diciamo che certe decisioni avrebbero meritato una tempistica diversa per garantire una gestione più chiara delle esigenze. Tuttavia ne stiamo uscendo, vediamo finalmente la luce in fondo al tunnel. Vorremmo però una scuola più considerata dalla politica ma così non è. Dopo aver sentito la politica affermare che la scuola è fondamentale, allora penso che la percentuale di spesa rispetto al Pil che il Def ha riservato alla scuola è deludente”.
Le eventuali maggiori risorse a che cosa potrebbero servirebbero, secondo lei?
“Agli edifici scolastici, soprattutto, perché i finanziament all’edilizia scolastica del Pnrr non bastano. Inoltre va riqualificato il personale, sia il personale docente, sia il personale Ata. Ci sono tanti dipendenti Ata che non sanno fare il proprio lavoro, accanto a quelli che lo sanno fare bene e che sono stati coinvolti in nuove incombenze. Il fatto, ad esempio, che i collaboratori scolastici possano andare a lavorare nelle segreterie e poi non sappiano fare i Pon, i conti, le posizioni previdenziali, o le ricostruzioni di carriera… questo non va bene. Ripeto: non ho nulla contro il fatto che un collaboratore scolastico possa andare a fare l’assistente amministrativo. Però deve dimostrare che lo sappia fare. E naturalmente penso all’adeguamento delle retribuzioni di tutto il personale. Per chi si impegna, lo stipendio attuale è scandalosamente insufficiente. Ci sono impegni differenziati e ognuno deve ricevere una retribuzione che tenga conto del diverso impegno messo a disposizione della scuola. Non pretendo che tutti i docenti stiano tutto il giorno a scuola ma se c’è qualcuno che lo fa dovrebbe essere retribuito, poiché per ora lo fa per spirito missionario. Quindi più stipendio accessorio e naturalmente un incremento di retribuzione generale per tutti”.
Torniamo al decreto: si va delineando un nuovo sistema di formazione continua dei docenti, che sta facendo preoccupare gl iinteressati e infuriare i sindacati.
“Ho sempre dato per scontato che la formazione sia importante e che si debba svolgere fuori dall’orario di lavoro, come peraltro è previsto da contratto collettivo nazionale di lavoro della scuola. E ricordo che la formazione e l’aggiornamento non rientrano nelle 40 più 40 ore”.