Geografia, l’allarme di un docente: “Se scompare si rischiano generazioni di ignoranti. Ormai il mappamondo è un soprammobile”

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La geografia sta progressivamente scomparendo dal panorama educativo italiano, trasformandosi da disciplina fondamentale a “soprammobile d’antiquariato”.

Mauro Varotto, docente di geografia all’Università di Padova, tramite La Repubblica, lancia un preoccupante allarme nel suo recente saggio “Il primo libro di geografia”, definendo l’Italia come “un caso unico” di ignoranza geografica istituzionalizzata. “La geografia a scuola non è più una materia, con un proprio insegnante e un voto”, denuncia Varotto, evidenziando come l’attuale governo intenda “circoscrivere le scarne nozioni alla dimensione locale, massimo nazionale”, rendendo impossibile “capire la nostra forma di appartenenza al mondo”.

Le conseguenze dell’analfabetismo geografico

L’assenza di una solida formazione geografica produce effetti devastanti sulla consapevolezza civica. “Non sappiamo più cosa è vicino e cosa lontano. Pensiamo che il dove sia un punto, non un fascio di traiettorie nello spazio”, spiega Varotto. Questa carenza conoscitiva genera conseguenze pratiche “incalcolabili e quotidiane”, dall’incapacità di comprendere fenomeni climatici alla difficoltà di apprezzare le peculiarità dei prodotti locali. Ma le implicazioni più gravi riguardano la sfera socio-politica: “La sorgente dei sovranismi è l’ignoranza del fuori e dell’estraneo. L’inconsapevolezza geografica collettiva comporta le conseguenze politiche ed economiche che oggi subiamo”.

Un rischio per democrazia e ambiente

La perdita della dimensione geografica rappresenta una minaccia sia per l’ambiente che per la democrazia. “Se non conosci il profilo del contenitore della vita, collocandolo nello spazio universale, non puoi avere la consapevolezza che la vita è parte e dipende da quella sfera”, afferma il docente. Inoltre, “se salta la relazione tra spazio e tempo anche la democrazia smarrisce luogo e ragione della propria applicazione”. Varotto sottolinea come “in Europa oggi è l’interesse politico ad alimentare il razzismo: una conoscenza geografica completa avrebbe l’effetto di un antidoto”. La tecnologia, pur fornendo strumenti di orientamento, non può sostituire una vera comprensione geografica: “Il telefonino mi indica le coordinate di New York, ma non mi aiuta a capire la città e il suo rapporto con il resto del mondo. Il dove, senza il come e il perché, è fuorviante”.

La geografia marginalizzata nel sistema scolastico

Il sistema educativo penalizza fortemente l’insegnamento della geografia, relegandola a un ruolo secondario. Le ore dedicate a questa disciplina sono drasticamente ridotte, specialmente negli istituti tecnici e professionali, dove spesso viene insegnata da docenti non specializzati. I numeri parlano chiaro: nell’anno scolastico 2021/2022 si contavano meno di 1.500 insegnanti di geografia a fronte degli oltre 20.000 docenti di italiano o scienze.

“All’Università il 90% degli studenti si presenta con gravissime lacune nelle conoscenze geografiche di base“, ha dichiarato Morri in un’intervista a Orizzonte Scuola. Gli studenti risultano “quasi del tutto impreparati a leggere e riconoscere i fattori geografici come chiave di accesso all’apprendimento anche di altre forme di saperi”, dalla letteratura alla storia, dall’economia alla filosofia.

Anche nei licei la situazione non è migliore: la geografia è abbinata alla storia, con sole tre ore settimanali complessive, e spesso viene sacrificata a favore dell’insegnamento storico, nonostante il voto rimanga unico.

Le conseguenze dell’analfabetismo geografico

La mancanza di competenze geografiche ha ripercussioni significative sulla formazione degli studenti. In un mondo globalizzato, dove fenomeni come i cambiamenti climatici, i flussi migratori e le dinamiche geopolitiche richiedono una solida comprensione geografica, questa carenza formativa risulta particolarmente grave.

La scuola primaria rappresenta un’eccezione positiva, dove si svolge un buon lavoro di apprendimento delle competenze spaziali e temporali. Tuttavia, queste competenze non vengono adeguatamente sviluppate negli anni successivi, quando l’insegnamento si concentra principalmente su nozioni mnemoniche e descrittive, trascurando l’analisi critica e l’utilizzo di strumenti moderni.

Come evidenziato dal XV Rapporto della Società Geografica Italiana “Viaggio nella scuola d’Italia”, i più alti tassi di rischio e povertà educativa si registrano nel Mezzogiorno e nelle aree interne, proprio dove nel 1881 si registravano i valori più alti di analfabetismo, dimostrando come la scuola italiana negli ultimi anni non abbia funzionato come strumento di riequilibrio sociale.

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