“Genitori più empatici, ma senza certezze da trasmettere”, Michele Serra dialoga con Edoardo Prati

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Michele Serra, nella prima puntata della rubrica “La periferia del tempo” su La Repubblica, dialoga con Edoardo Prati del rapporto genitori-figli nell’era moderna.

L’autore de “Gli sdraiati” riflette sulle proprie insicurezze pedagogiche, sottolineando come la perdita di “verità di ferro” da trasmettere ai figli generi un dubbio costante. “Si perde quel bastone del comando”, ammette Serra, auspicando però che questa fragilità si trasformi in una maggiore empatia. La sfida, secondo lo scrittore, sta nel trovare un equilibrio, evitando di imporre le proprie aspettative, ma al contempo offrendo una guida.

L’adolescenza, poi, è un territorio inesplorato e complesso. “Il figlio adolescente è uno sconosciuto, anche a se stesso”, afferma Serra. La trasformazione improvvisa destabilizza i genitori, che si trovano a convivere con “uno o due sconosciuti in casa”. Nonostante l’apparente atteggiamento lassista, ogni genitore, confessa Serra, nutre segretamente la speranza di riconoscere nei figli tracce di sé. “C’è un’ansia di trasmissione”, rivela, consapevole di incarnare, nel suo libro, un padre a tratti “rompiscatole” che “parla solo lui”.

Infine, Serra si sofferma sulla pressione sociale che grava sui giovani. “Bisogna essere molto di sinistra, nel senso più poetico del termine, per sperare che ognuno segua la propria strada”, dichiara. Rispetto al passato, la rigidità nel trasmettere un ruolo predefinito si è attenuata, ma la competitività resta feroce. Serra conclude con un aneddoto personale, ricordando la propria giovinezza incerta, culminata in un ingresso fortuito nel mondo del giornalismo. “Ci vuole anche culo”, chiosa, rivendicando il ruolo dell’imprevedibilità nel percorso di ognuno.

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