Garante Infanzia, circa due milioni di ragazzi non studiano né lavorano

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Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza – Segnalate alla responsabile del Dipartimento per le politiche giovanili esigenze di intervento a favore dei care leavers e di prevenzione contro il fenomeno dei Neet, i giovani che non studiano né lavorano

“Assumere nel recovery plan il punto di vista dei giovani”. È formulando questo invito al Governo che oggi pomeriggio l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti ha incontrato Fabiana Dadone, Ministro per le politiche giovanili. “È importante che nel momento in cui si impostano le scelte e gli investimenti per le prossime generazioni al fine di superare la crisi provocata dalla pandemia non si assuma una visione adultocentrica, ma semmai si tenga conto dei bisogni dei minorenni e di chi si affaccia alla maggiore età” aggiunge, a margine dell’incontro, la Garante nazionale.

Garlatti e Dadone hanno individuato tra le priorità sulle quali collaborare quella della lotta alle dipendenze, cercando di intervenire sui fattori di rischio. Tra i temi sottoposti all’attenzione di Dadone anche quello dei care leavers, i ragazzi che vivono fuori dalla famiglia di origine e che al compimento del diciottesimo anno di età uscendo dal percorso di protezione hanno bisogno di strumenti per avviarsi a una vita autonoma. Sono stati evidenziati problemi come l’esonero dalle tasse per chi vuol proseguire gli studi, quello degli alloggi universitari agevolati, l’inclusione lavorativa anche nel servizio civile nazionale e l’accesso semplificato alle tutele del welfare.

Inoltre Garlatti ha evidenziato a Dadone l’esigenza di affrontare il problema dei Neet, i ragazzi che non studiano e non hanno un’occupazione e che in Italia – secondo i dati Istat del 2019 – sono circa due milioni, il 22% della popolazione nella fascia di età 15-29 anni. È la quota più elevata dell’Unione europea, con un’incidenza più che doppia in Meridione rispetto al Nord. A questo proposito l’Autorità garante ha auspicato che siano previste azioni nel recovery plan per prevenire e contrastare tale fenomeno, agendo sul sistema di formazione professionale e orientamento al lavoro e favorendo la creazione di una governance nazionale al posto di quella regionale, che rischia di accentuare le disparità.

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