Galimberti: “Troppi docenti si limitano alla conoscenza della materia, senza essere empatici. Non basta sapere la Divina Commedia, bisogna saperla insegnare, affascinare gli studenti”

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Un’analisi lucida e senza sconti quella di Umberto Galimberti al Festival dell’Educazione di Milano nel 2023 e rilanciate negli ultimi giorni sui social. Il filosofo ha dipinto un quadro a tinte fosche della scuola italiana, un sistema malato che, a suo dire, sta creando cittadini impreparati ad affrontare le sfide del futuro.

Partendo dalla provocazione di Clifford Stoll, l’informatico che negli anni ’60 contribuì alla diffusione del computer, Galimberti ha denunciato il ruolo, inteso come “l’illicenziabilità di chi non è capace di fare il suo lavoro”. Una situazione che, secondo il filosofo, demotiva gli studenti e favorisce la mediocrità. “Hai il diritto per 40 anni di demotivare gli studenti finché vai in pensione”, ha affermato Galimberti, puntando il dito contro un sistema che premia l’immobilismo e non la competenza.

Il filosofo ha poi criticato la formazione dei docenti, limitata alla conoscenza della materia, ma priva di elementi fondamentali come l’empatia, la psicologia dell’età evolutiva e la psichiatria. “Non basta sapere la Divina Commedia – ha spiegato Galimberti – bisogna saperla insegnare, affascinare gli studenti”.

Un altro punto critico, secondo Galimberti, è la presenza degli insegnanti di sostegno, figure spesso prive delle competenze necessarie per affrontare le difficoltà degli studenti con disabilità. “Che messaggio dà un insegnante di sostegno? – si è chiesto il filosofo – Il messaggio è: tu da solo non ce la farai mai”.

Galimberti ha poi denunciato l’eccessiva medicalizzazione dell’infanzia, con diagnosi di dislessia, discalculia e autismo distribuite a pioggia. “Non è vero che sono tutti malati”, ha affermato, invitando a non cedere alla tentazione di etichettare i bambini.

Infine, il filosofo ha criticato la tendenza a privatizzare la scuola, un processo alimentato, a suo dire, dall’inefficienza e dalla sciatteria del sistema pubblico. “Siamo noi che creiamo il privato con la nostra approssimazione”, ha concluso Galimberti, lanciando un appello per un profondo rinnovamento della scuola, un’istituzione fondamentale per la formazione dei cittadini di domani. Un sistema che, per il filosofo, deve aprirsi alla multiculturalità e educare i giovani al rispetto delle differenze. “Noi italiani siamo razzisti – ha affermato senza mezzi termini – e lo siamo perché ci sentiamo biologicamente più deboli di chi arriva da altri paesi”.

Un’accusa forte, che invita a riflettere sul ruolo della scuola nella costruzione di una società più giusta e inclusiva.

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