Galimberti: “Non bisogna ipervalutare i bambini, da grandi non sapranno come rialzarsi”
“Certo che gli smartphone devono essere eliminati dalla scuola, ma non ci riusciranno, perché sarebbe una cosa imposta. E le cose imposte non riescono mai”. Il filosofo Umberto Galimberti, a margine della sua lezione magistrale al Festival della Filosofia di Modena dedicato alla parola psiche e che si sviluppa anche nelle piazze di Carpi e di Sassuolo, torna sui temi della scuola. Secondo lui, il divieto non funzionerà come succede a tutto ciò che s’ispira al proibizionismo. Resta il fatto, ha proseguito, in una battuta ai microfoni dell’Agenzia Dire, che “non si vede perché uno studente o una studentessa debba stare al telefono mentre l’insegnante sta spiegando”.
Un’opinione, quest’ultima che non fa però il paio con quella esplicitata invece dallo psicoterapeuta e professore universitario Matteo Lancini che abbiamo raccolto questa volta nell’altrettanto affollata piazza di Carpi”. Nel corso della sua lezione magistrale su alcuni temi legati all’adolescenza, in linea con il titolo del suo ultimo libro intitolato “Sii te stesso a modo mio. Essere adolescenti nell’epoca della fragilità adulta” – sarà pubblicato a breve un nostro servizio sull’evento – aveva detto sabato pomeriggio che “quando i miei studenti accendono il computer mentre faccio lezione non fanno niente di male, magari stanno consultando le mappe che gli insegnanti mandano loro qualche giorno prima. Se succedesse a scuola chissà che cosa succederebbe. Sono peggio di me, questi ragazzi? No questi ragazzi sono meravigliosi”. Il tema dell’uso delle tecnologie a scuola e delle proibizioni ministeriali però è complesso e molto dibattuto in questi giorni. Se da un lato smartphone e altri dispositivi elettronici sono una risorsa sul piano della didattica resta il fatto che milioni di studenti, specie nella scuola secondaria di secondo grado, ne sono dipendenti e ne fanno un uso smodato lasciandosi distrarre durante le lezioni.
Galimberti traccia il suo intervento lungo il cardine della psiche, delle origini della follia e del senso di razionalità. Parla della fluidità sessuale dei ragazzi e delle ragazze di oggi, ritenuta da lui del tutto naturale come era naturale al tempo dei greci. Il filosofo sottolinea come molte cose che riguardano la persona, la comunità, la felicità, la passione, l’importanza della relazione non siano compresi perché la gente non conosce la filosofia: capite perché hanno tolto il greco e la filosofia dalle scuole? Così i ragazzi non pensano. Che la scuola vada male è funzionale al potere perché se la gente pensa non va bene”.
Secondo Galimberti l’egoismo, l’individualismo e il narcisismo che caratterizzano quest’epoca, e che non risparmiano i più giovani, dipendono da una cultura che si basa sul primato dell’anima individuale a discapito della comunità. “Aristotele – spiega lui – diceva che se uno entra in una comunità e pensa di fare a meno degli altri o è bestia o è Dio, non è un uomo Quindi la società viene prima dell’uomo. E questa è la ragione per cui per esempio i greci hanno inventato la politica, cioè la gestione della polis, della comunità, cosa che non hanno inventato gli altri popoli. Hanno inventato la democrazia, i greci, il potere del popolo. Queste cose sono state inventate lì perché viene prima la società e poi l’individuo”. Anzi, insiste il filosofo, “l’individuo esiste solo se viene riconosciuto dalla società”. Nella cultura cristiana, invece, secondo lui “la società viene dopo, prima bisogna salvare l’anima di ognuno, l’interesse della comunità viene dopo ma1500 anni dopo, Rousseau dice che il cristiano non è un buon cittadino. Poi oggi ci si lamenta che il mondo è pieno di egoisti, di individualisti, di narcisisti? Ma questi sono tutti cascami della cultura dell’anima, del primato dell’individuo rispetto alla società. Se io stupro una ragazza riceverò una disapprovazione immediata e senza riserve. Se non pago le tasse riceverò la stessa disapprovazione? No: perché le tasse sono della società. E se inquino?” No, ugualmente no. “Quindi è molto difficile che l’Occidente recuperi se stesso perché l’Occidente ha una concezione del sociale che viene dopo l’individuale: prima vengono i fatti miei, prima viene la salvezza individuale”. Poi si predica l’amore, osserva Galimberti, “ma oramai l’amore è comandamento, quindi vuol dire che non sei portato ad amare, dev’essere un ordine l’amare. Ma il due viene prima dell’uno. Due non è uno più uno l’uno nasce dal due. Una donna gravida è due: ci sono due corpi, poi quando il bambino nasce diventa uno dal due Questo concetto i greci lo avevano così radicato che nella loro coniugazione dei verbi c’era il singolare e il plurale ma c’era anche il duale. La relazione viene prima dell’individualità non è che siamo individui che entrano in relazione, è la relazione che genera la nostra individualità, questo è da capire profondamente”.
Relazione tra uomini e donne, tra maschi e femmine, tra insegnanti e alunni, tra genitori e figli. Relazioni che richiamano il tema dell’identità. Identità degli adulti. Identità dei bambini e degli adolescenti. Identità sempre più in crisi. “Attenzione, con i bambini bisogna parlare”, ammonisce Galimberti. Il bambino torna a casa con i disegni e li fa vedere alla mamma ma la mamma oberata di lavoro dice te li guardo domani, “ma domani significa mai e così l’identità del bambino riceve una bella ferita perché il bambino capisce che quello che fa non conta niente, quindi io bambino non significo niente”.
Con i bambini, prosegue il filosofo, “occorre parlare con molta attenzione perché loro traducono immediatamente il messaggio che ricevono in autosvalutazione, così come non bisogna neanche lodare eccessivamente i bambini perché loro traducono questo in una ipervalutazione e poi quando cadono non sanno come rialzarsi”. Analoga situazione avviene con gli adulti? Certamente. “Anche voi adulti – segnala il filosofo alla piazza gremita – quando andate a lavorare se avete un aumento in carriera avrete un incremento di identità e se vi fanno il mobbing avrete un decremento di identità, una demotivazione, una depressione a talvolta anche un gesto estremo. L’identità ve la danno gli altri L’identità è un dono sociale. Lo danno i riconoscimenti e i disconoscimenti. I greci questo lo sapevano, come al solito. Mentre gli ebrei si accontentavano di sentire la parola di Dio i greci dovevano cercarla, la verità, non avevano un dio che dettava la verità”. Proprio in questo momento suonano le campane del Duomo di Sassuolo e lui si ferma e ironizza: “Non capisco – ironizza e fa sorridere la piazza – perché ogni volta che vengo a parlare qui e cito il Cristianesimo, suonano le campane”