Galimberti: “I ragazzi non distinguono la gravità dei loro comportamenti. Un conto è parlar male di un docente, un altro è prenderlo a calci. Per loro non c’è differenza”

Il filosofo Umberto Galimberti ha sollevato questioni critiche riguardo la violenza tra i giovani e il fenomeno del femminicidio in Italia.
Intervenendo a L’Aria Che Tira, trasmissione di La7, Galimberti ha esaminato le dinamiche di violenza giovanile alla luce di tragici eventi di cronaca, come il caso del femminicidio di Giulia Cecchettin.
Galimberti, con la sua prospettiva, ha evidenziato una crescente preoccupazione riguardo l’incapacità dei giovani di discernere la gravità dei loro comportamenti. Il filosofo ha sottolineato come, nella mentalità di molti adolescenti, non vi sia una marcata differenza tra azioni di natura verbale, come criticare un professore, e atti di violenza fisica estrema, come l’aggressione.
Il caso di Giulia Cecchettin diventa un punto di riferimento cruciale in questa discussione. Il suo femminicidio rappresenta non solo una tragedia individuale, ma anche un campanello d’allarme sullo stato della violenza di genere in Italia e sull’urgente necessità di affrontare questo problema a livello nazionale.
Galimberti ha messo in luce come la violenza, in particolare quella perpetrata dai più giovani, non sia un fenomeno isolato, ma il risultato di un contesto sociale e culturale più ampio. La mancanza di una chiara comprensione della gravità delle azioni violente e la banalizzazione di tali comportamenti sono sintomatiche di un disagio più profondo che affligge la società.
In questo scenario, il filosofo ha sollecitato un impegno collettivo per una maggiore consapevolezza e un’azione concreta. È fondamentale investire nell’educazione e nella formazione dei giovani, fornendo loro gli strumenti per comprendere e valutare l’impatto delle loro azioni, sia a livello personale che sociale.