Galimberti: “Che la scuola vada male è funzionale al potere perché se la gente pensa i problemi si creano”

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Nel corso del Festival della Filosofia, Umberto Galimberti ha affrontato il tema della scuola con un approccio audace e provocatorio. Secondo il filosofo, la parola “problema” deriva dal greco “proballein”, che significa “gettare avanti un’ipotesi per risolvere una questione”.

L’etimologia suggerisce che la scuola dovrebbe essere un luogo di interrogazione e di ricerca di soluzioni, piuttosto che un ambiente in cui si evita il pensiero critico.

Galimberti ha sostenuto, provocatoriamente, che, per il bene della società, è necessario eliminare il greco e la filosofia, poiché, a suo avviso, il pensiero critico può generare problemi. Citando Nietzsche, ha avvertito che quando l’umanità si trasforma in un gregge, essa cerca un “animale capo” per guidarla. La riflessione mette in guardia contro il rischio di una società che si allontana dalla riflessione individuale e dalla capacità di pensare autonomamente.

Il filosofo ha sottolineato che la scuola, così com’è strutturata, può risultare funzionale al potere, poiché se le persone iniziano a pensare criticamente, si pongono domande e si creano problemi. In questo contesto, Galimberti ha esortato a prestare attenzione alla direzione in cui si sta muovendo l’istruzione, suggerendo che un’educazione che non stimola il pensiero critico rischia di diventare un mero strumento di controllo sociale.

Un altro concetto centrale nel discorso di Galimberti è il simbolo, inteso come unione di due metà. Il filosofo ha richiamato un’antica tradizione greca in cui, quando due amici o famiglie si separavano, rompevano un piatto o una scodella in due, portando ciascuno via una metà. Quando si ritrovavano, unendo le due metà, ricomponevano l’oggetto e, simbolicamente, la loro amicizia. La metafora evidenzia l’importanza della connessione e della ricomposizione delle relazioni umane.

Galimberti ha citato Aristofane, affermando che “nessuno di noi è un uomo, ma è il simbolo di un uomo, una metà dell’uomo”. Le sue parole invitano a riflettere sull’idea di un “uomo originario”, suggerendo che la nostra identità è intrinsecamente legata agli altri e alle relazioni che costruiamo. La scuola, quindi, dovrebbe essere un luogo in cui si promuove la connessione tra le persone, piuttosto che un ambiente che favorisce l’isolamento e la conformità.

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