Fratoianni (Leu): “Rimettere la scuola al centro al di là dell’emergenza. 80mila assunzioni non bastano” [INTERVISTA]
La scuola è al centro del dibattito politico in vista della riapertura delle scuole a settembre e non solo. Altro tema caldo è quello delle assunzioni. Su questo e molto altro interviene ad Orizzonte Scuola, Nicola Fratoianni, uno degli esponenti più noti di Liberi e Uguali.
Onorevole Fratoianni, la scuola è pronta per la ripartenza a settembre?
“Risulta difficile dire con certezza se la scuola è pronta. Del resto, di fronte al virus che come si vede anche dai dati di questi giorni e, in particolare da quello che sta succedendo nel mondo, non è affatto scomparso, nessuno mi pare davvero pronto ad affrontare la fase della cosiddetta convivenza con la pandemia. Detto questo la scuola ripartirà, in presenza e, il più possibile in sicurezza. Certo, la Scuola come molti altri ambiti della nostra vita, ha mostrato sotto i colpi dell’emergenza sia la sua forza che le sue fragilità. Per questo, credo, dovremo cogliere l’occasione che la crisi, paradossalmente ci offre. Rimettere al centro la Scuola al di la della logica dell’emergenza”.
Come giudica l’esperienza della didattica a distanza, dove si può migliorare?
“La didattica a distanza è stata una necessità. Occorre partire da qui per discutere seriamente di ciò che ha significato e delle conseguenze che ha prodotto. Nel pieno dell’emergenza la scuola italiana ha dovuto inventare da un giorno all’altro una soluzione per evitare la completa interruzione dei percorsi formativi. Di questo dobbiamo essere grati, innanzitutto alle insegnanti e agli insegnanti di questo Paese”.
Evidente come la DaD abbia aumentato le diseguaglianze…
“Sì, lo strumento della didattica a distanza ha ulteriormente evidenziato, e in qualche caso accentuato, le diseguaglianze che affliggono il nostro Paese, e inevitabilmente anche la scuola. Non penso solo ai problemi legati alla disponibilità di device adeguati o di adeguate connessioni, questione importante ma non decisiva e su cui, comunque, l’intervento del Ministero è stato tempestivo ed efficace. Il problema sta da un’altra parte. La Scuola è il luogo che consente di superare le diseguaglianze di partenza perché sottrae i ragazzi alla loro dimensione singolare, li porta fuori dal contesto familiare, che, con tutto il suo carico di difficoltà o di vantaggi, contribuisce a determinare gli squilibri di partenza. La didattica a distanza compie il percorso opposto, riccia l’alunno nella sua dimensione privata, limita inevitabilmente le occasioni di cooperazione, di socialità, un aspetto decisivo nella definizione della qualità dei percorsi formativi. Per questo penso che vada considerato un esperimento necessario, in quel contesto, ma nulla più di questo. L’innovazione è un terreno necessario di lavoro anche per la scuola. Ma non in questo modo”.
La ministra parla di 80mila assunzioni per il prossimo anno scolastico. Basteranno davvero per evitare il caos a settembre?
“Il numero indicato dalla Ministra indica un incremento importante, cresciuto ulteriormente durante la conversione dell’ultimo decreto scuola. La verità però è che si tratta di un incremento ancora insufficiente. Anche in questo caso non si tratta solo di affrontare l’emergenza nel miglior modo possibile. Si tratta di invertire la tendenza che per decenni ha caratterizzato la politica pubblica in materia di istruzione. Scuola università e ricerca sono state oggetto di un lungo e poderoso processo di definanziamento. Serve un piano straordinario e pluriennale di assunzioni in grado di rispondere tanto al problema storico del precariato quanto a quello della supplentite che ad ogni inizio di anno scolastico contribuisce a determinare situazioni caotiche e problematiche, sia per gli studenti che per i docenti. Risulta evidente che il tema delle assunzioni porta con se una revisione dei meccanismi che da anni regolano il rapporto perverso tra organico di diritto e organico di fatto come quelli che hanno caratterizzato le scelte sul dimensionamento scolastico”.
Come giudica la nomina del commissario Arcuri per la riapertura delle scuole? Si tratta di un “commissariamento” per Azzolina?
“Non saprei dire se si tratti, nella testa di chi lo ha immaginato, di un commissariamento. E devo confessare che non mi pare la questione principale. Quello che penso è che della Scuola rappresenti la più importante infrastruttura civile, sociale e culturale del Paese. Senza una Scuola che funziona non funziona la democrazia, la società, e alla fine, nemmeno l’economia. Per questo penso che se c’è un commissario per l’emergenza è sacrosanto che si occupi anche di aiutare la scuola a ripartire bene e in sicurezza. Certo oltre al Commissario servono molte più risorse di quelle, pur importanti che sono state stanziate fino ad adesso”.
Lei parla di riduzione del numero degli alunni per classe, ma con l’attuale situazione degli edifici scolastici questa soluzione come si combinerebbe?
“Penso che la riduzione del numero degli alunni per classe sia una necessità. Sia una necessità in questa condizione naturalmente. Il dibattito che si è sviluppato attorno alle indicazioni del comitato tecnico scientifico, dalle mascherine ai centimetri di distanza necessaria, dal plexiglas ai banchi rischia di essere un dibattito un po’ superficiale e, talvolta, un po’ irresponsabile. In questi mesi ho avuto l’impressione che alcune delle polemiche relative alla mancate ripresa delle lezioni avessero a che fare più con i problemi delle famiglie che con quelli degli studenti e dei docenti. La verità è che tutti si sono cullati sulla convinzioni che i più giovani fossero sostanzialmente immuni al contagio. Poi abbiamo scoperto che non è così ma soprattutto abbiamo visto che molti paesi che avevano ripreso le lezioni sono rapidamente tornati sui loro passi. Dunque il tema della riduzione dei numeri è intimamente legato alla sicurezza. Ma anche qui c’è una questione più profonda che va ben oltre la gestione dell’emergenza. Insegnare bene in una classe di 30 alunni non è possibile. non è possibile seguire in modo adeguato i ragazzi e le ragazze, le loro differenze, i loro bisogni. Si tratta di una questione antica che l’emergenza ci consentirebbe di affrontare finalmente e in modo deciso. Certo che c’è un problema di spazi. E nell’immediato questo problema, che esiste comunque, può essere affrontato sia con gli interventi edilizia leggera che, soprattutto, ricercando in raccordo con gli enti locali altri spazi nei quali lavorare. Ma anche in questo caso il punto sono le risorse. E il personale. Servono più docenti, più personale Ata. Si decida finalmente di rimetter la Scuola al centro. Cominciando dal vincolare una quota significativa dei futuri finanziamenti europei alla scuola”.