Formazione professionale? “Altro che serie B, merita una tripla A e vi spiego il perché”. INTERVISTA a Ciro Donnarumma, presidente IAL dell’Emilia Romagna

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A differenza degli studenti lombardi e di quelli di altre regioni gli studenti emiliano-romagnoli che finiscono la scuola media e che vogliono iscriversi a un ente di formazione professionale/leFP devono prima iscriversi a un istituto di istruzione di secondo grado e solo dopo il primo anno trascorso tra i banchi alle superiori, che spesso conduce a un fallimento di una bocciatura, possono iscriversi a un percorso di formazione professionale. E’ uno dei tanti motivi per i quali i percorsi di formazione professionale vengono visti come percorsi si serie B. “Altro che percorsi di serie B – commenta Ciro Donnarumma. Per me la formazione professionale merita una tripla A”.

Ciro Donnarumma è da tre anni alla guida dello IAL dell’Emilia Romagna, dopo una vita trascorsa nel sindacato CISL. Proprio la CISL negli anni ’50 sentì crescere l’esigenza di dotarsi di una struttura finalizzata alla formazione professionale dei lavoratori: nacque lo IAL (Innovazione Apprendimento Lavoro), impegnato in quasi tutte le regioni nella realizzazione di attività per la formazione e l’aggiornamento professionale, culturale e sociale dei giovani, dei lavoratori, dei disoccupati, dei cittadini in generale. Con il presidente Donnarumma facciamo oggi il punto della situazione dopo le novità che stanno via via emergendo a seguito dell’approvazione della legge sui percorsi scolastici 4+2, di cui ci siamo occupati più volte.

Grazie al modello 4+2, gli studenti dei percorsi quadriennali potranno accedere direttamente ai corsi degli ITS Academy. In alternativa, il percorso quadriennale conferisce un titolo di studio spendibile nel mondo del lavoro al pari di un diploma quinquennale e consente di iscriversi all’Università. Vengono istituiti i “campus”, reti che collegano l’offerta didattica degli Istituti tecnici e professionali, degli ITS Academy e dei centri di formazione professionale.

La qualità del percorso d’istruzione dei ragazzi è garantita con una maggiore interazione con il mondo del lavoro e la presenza di esperti provenienti dalle imprese per coprire competenze che non sono presenti tra i docenti. Sono potenziati lo studio delle materie STEM, delle lingue, la didattica laboratoriale e i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO). Gli istituti potranno riservare quote orarie da destinare ad attività legate al territorio. E’ importante anche capire quale ruolo avranno i vari centri accreditati per la formazione professionale nella rivoluzione che si sta profilando e che ha come riferimento principale la Lombardia, considerando che la situazione nei vari territori del Paese è molto variegata.

Intanto, secondo quanto si legge nella lettera che il Ministro dell’istruzione ha inviato alle famiglie, tra il 2024 e il 2028 le richieste di lavoratori diplomati tecnici e professionali saranno tra 182 e 207mila a fronte di 156mila giovani in uscita. Ciò determinerà una carenza nel mondo del lavoro tra 26mila e 51mila posti di lavoro vacanti all’anno. Una carenza che riguarderà molti profili, che vanno dalla finanza al marketing, dalla meccanica a meccatronica ed energia. Scenario ancora più importante relativamente ai percorsi di Istruzione e Formazione professionale triennali e quadriennali, gli IeFp. In questo caso mancheranno tra 66mila e 83mila giovani lavoratori a fronte di una richiesta che varierà tra 136mila e 153 mila. Il doppio rispetto a quanti si affacceranno al mondo del lavoro. Tra i settori in cui mancheranno lavoratori, in particolare ci sarà quello edile ed elettrico, nonché meccanico, di segreteria, agricolo”.

Presidente Ciro Donnarumma, come giudica la situazione appena descritta?

“Il calo demografico è un problema per tutti, ma non possiamo risolverlo da soli. L’intera società italiana, a partire dalle istituzioni, deve garantire le condizioni necessarie affinché i giovani possano realizzare i loro progetti di lavoro e vita, figli compresi. Noi per ora non abbiamo un calo di utenza, anzi. Anche in Emilia-Romagna, infatti, calano gli iscritti agli istituti professionali e aumentano quelli degli enti accreditati per la formazione professionale. In particolare i corsi Ial attirano perché su dieci ragazzi che li frequentano, otto trovano lavoro”

Come vede la riforma Valditara che punta alla valorizzazione della formazione e delle competenze dei nostri giovani?

“E’ molto importante valorizzare le attività di formazione professionale/leFP, e fondamentale per far fronte all’evoluzione costante del mercato del lavoro. Le competenze richieste sono sempre più specializzate, io classifico il settore della formazione professionale/leFp con una tripla A”.

A quali settori si riferisce?

“Penso in particolare ai settori nei quali opera IAL Emilia Romagna Impresa Sociale della ristorazione, dell’estetica, della meccanica e dell’informatica. Prendiamo la ristorazione: un cameriere non è solo chi porta i piatti, ma un vero e proprio ambasciatore dei prodotti locali, capace di raccontarne la storia e le caratteristiche. Questa evoluzione è necessaria in tutti i settori, dove le competenze specifiche fanno la differenza.”

Prima non era così?

“Prima era meno impellente”.

Lei non sembra molto entusiasta della riforma “4+2”. È così?

“Francamente quando il Ministro Giuseppe Valditara è partito con l’idea della riforma, per quello che vedo all’interno della formazione professionale/leFP, sottolineo la complessità di attuare una riforma che allunghi la durata degli studi, soprattutto considerando le aspettative dei nostri allievi di entrare presto nel mondo del lavoro. L’obbligo di proseguire gli studi per cinque anni dopo il primo ciclo potrebbe non essere in linea con le aspirazioni e i progetti di vita di molti ragazzi. Al momento IAL Emilia Romagna ha aderito alla sperimentazione ma rimango perplesso rispetto ad alcuni dei nostri profili”.

Voi fate frequentare spesso un quarto anno

“Abbiamo introdotto un quarto anno di formazione altamente specializzato, con un focus particolare su settori come la ristorazione, l’estetica e meccanica. Grazie a questo percorso, i nostri studenti acquisiscono competenze tecniche specifiche e trasversali, fondamentali per affrontare le sfide del mercato del lavoro. Inoltre l’esperienza all’estero, che offriamo in collaborazione con numerose realtà internazionali, rappresenta un valore aggiunto inestimabile, permettendo ai giovani di conoscere culture diverse e di sviluppare un approccio più internazionale al lavoro. Negli ultimi anni, abbiamo registrato un aumento del 20 per cento delle iscrizioni al quarto anno, a dimostrazione dell’interesse crescente dei giovani per una formazione più specializzata e orientata al futuro. Le aziende che assumono i nostri studenti apprezzano particolarmente le loro competenze tecniche, la loro capacità di adattamento e la loro predisposizione al lavoro in team. Siamo convinti che questo percorso formativo sia un investimento importante per il futuro dei nostri allievi e per lo sviluppo del nostro territorio. Inoltre il nostro programma di scambi culturali alla pari attraverso Eurhodip Associazione internazionale a sostegno dell’educazione e della formazione nel settore alberghiero e turistico, ha permesso a cento allievi dei quattro anni di vivere un’esperienza indimenticabile all’estero, con accordi di gemellaggio con scuole con la stessa tipologia formativa – Spagna, Portogallo, Cipro – migliorando le loro competenze linguistiche, interculturali e professionali”.

I riscontri con gli interessati come sono?

“Il feedback positivo dei ragazzi e dei loro genitori ci conferma l’importanza di queste iniziative per motivare i giovani e prepararli al mondo del lavoro. Grazie a un’attenta attività di orientamento, il 62 per cento dei nostri studenti ha scelto di proseguire la propria carriera lavorativa nel settore per cui si erano formati. Tuttavia, siamo consapevoli che c’è ancora margine di miglioramento e stiamo lavorando per aumentare ulteriormente questo dato. Collaboriamo strettamente con le imprese per offrire ai nostri studenti esperienze pratiche e certificazioni riconosciute a livello internazionale. In questo modo, siamo in grado di formare professionisti altamente qualificati e pronti ad affrontare le sfide del mercato del lavoro”.

E’ comunque innegabile il divario che intercorre tra la domanda e l’offerta di lavoro

“La riforma della formazione professionale/leFP richiede un impegno congiunto da parte dello Stato e delle Regioni. Tuttavia, manca ancora un coordinamento efficace tra i diversi livelli di governo, che si traduce in una frammentazione dell’offerta formativa e in una difficoltà nel soddisfare le esigenze specifiche di ciascun territorio. A mio parere è necessario istituire tavoli di confronto per definire obiettivi comuni e condividere le migliori pratiche. Inoltre, la creazione di un fondo nazionale per la formazione, gestito in modo condiviso, permetterebbe di finanziare progetti innovativi e di favorire la mobilità dei giovani. Solo attraverso una maggiore collaborazione e un’integrazione tra i diversi attori coinvolti potremo garantire una formazione professionale di qualità, in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro e di promuovere lo sviluppo economico del Paese”.

Che cosa in particolare non la convince di questa riforma?

“Non è che non mi convince, noi peraltro come IAL Emilia Romagna su richiesta di alcune scuole statali abbiamo aderito alla sperimentazione e nonostante questo, ad esempio, riscontriamo una certa resistenza da parte dei nostri allievi all’allungamento della durata degli studi, soprattutto nei settori dell’artigianato e dei servizi alla persona come ad esempio l’estetica e l’acconciatura.

Questo non toglie che è fondamentale valorizzare le esperienze positive di altre regioni, come la Lombardia, e promuovere una maggiore collaborazione tra le diverse realtà territoriali, per condividere conoscenze e buone pratiche”.

Su quali piani in Lombardia la situazione è diversa rispetto a quanto succede in Emilia Romagna?

“Intanto perché gli allievi della Lombardia partono dopo la terza media e vanno direttamente in un centro di formazione professionale/leFP. Inoltre le scuole della Lombardia che hanno aderito alla sperimentazione hanno la possibilità di ammettere l’esame da subito gli allievi dopo i quattro anni per fare gli altri due anni. In Emilia Romagna gli allievi arrivano nellaleFP dopo aver fatto un anno in una scuola statale, inoltre le sperimentazioni di alcune scuole statali attivate l’anno scorso non sono andate a buon fine. Se vogliamo veramente sperimentare la riforma Valditara e collegare la Formazione Professionale/leFP agli ITS è necessario a mio parere superare una visione frammentata della leFP e costruire percorsi formativi integrati, che colleghino i centri di formazione professionale agli ITS Istituti Tecnici Superiori e alle università”.

Come si fa?

“Per raggiungere questo obiettivo, a mio avviso è fondamentale intanto rafforzare l’orientamento. Occorre cioè offrire ai giovani un orientamento efficace che li aiuti a scegliere il percorso formativo più adatto alle loro attitudini e alle loro aspirazioni. Bisogna inoltre promuovere la flessibilità per rendere i percorsi formativi più flessibili, consentendo ai giovani di personalizzare il loro percorso e di acquisire le competenze necessarie per affrontare le sfide del mercato del lavoro. E ancora: occorre favorire la collaborazione tra i diversi attori in modo da promuovere la collaborazione tra scuole, imprese, enti di formazione e università per creare un sistema formativo più integrato e rispondente alle esigenze del territorio. E infine bisogna investire nella formazione continua per favorire l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, attraverso la promozione della formazione continua e la certificazione delle competenze”.

Si può fare?

“Al momento non vedo questa visione di insieme da parte di nessuno degli attori: vedo due mondi separati tra formazione professionale e ITS”.

E com’è la situazione degli ITS nella sua regione?

“L’eccessiva offerta formativa degli ITS in Emilia Romagna anche a fronte delle risorse messe a disposizione del PNRRrischia di disperdere le risorse umane e di creare confusione tra gli studenti.

È necessario adottare un approccio più strategico, basato su un’analisi accurata delle esigenze del mercato del lavoro e delle competenze richieste dalle imprese. Attraverso una pianificazione attenta e una specializzazione dei corsi, possiamo garantire una formazione di alta qualità e favorire l’inserimento lavorativo dei giovani”.

Torniamo al tema dell’iscrizione degli studenti che escono dalle medie. Conferma che per potersi iscrivere agli enti di formazione/leFP sia necessario prima trascorrere un anno alle superiori?

“Dopo le medie per iscriversi da noi lo studente o la studentessa devono avere frequentato un anno di istruzione di secondo grado oppure avere 15 anni”

Cambia qualcosa se lo studente sia stato promosso o bocciato alle superiori?

“No, partiamo da zero”.

Però ci sono state delle novità, ultimamente, in Emilia Romagna.

“Da alcuni anni in Emilia Romagna è possibile l’iscrizione per chi ha concluso il primo ciclo d’istruzione iscriversi direttamente in un centro di formazione professionale/leFP. A noi dello Ial è stata assegnata la provincia di Ferrara. A Modena, ad esempio a un altro ente, la Citta del Ragazzi, e così via. Io resto dell’idea che la formazione professionale vada valorizzata e il tema di non potere avere i ragazzi subito è una penalizzazione. Peraltro, non avendoli da subito, i ragazzi si iscrivono nelle scuole superiori e poi, per una serie di motivazioni, magari ci restano perché non se la sentono più di cambiare o perché stanno bene con gli amici. E non lo dico per noi IAL, perché comunque abbiamo tanti iscritti, ma riteniamo importante che i ragazzi abbiano la possibilità di scegliere”.

E’ un tema ideologico?

“E’ un tema politico e di opportunità”.

Lasciamo la riforma e torniamo alla realtà. Come sono i giovani che vengono da voi, in questo periodo storico?

“La crescente fragilità emotiva e psicologica dei giovani rappresenta una sfida importante per la nostra società. I convitti, e noi ne abbiamo due a Serramazzoni e Cesenatico, in particolare, sono luoghi in cui queste fragilità si manifestano in modo più evidente, a causa dell’allontanamento dalla famiglia e dalle proprie abitudini. Per questo motivo abbiamo potenziato l’assistenza educativa, formando gli educatori e i docenti con esperti della Università Cattolica di Milano (CEDISMA), il cui responsabile è il professor Luigi d’Alonzo, a riconoscere i segnali di disagio e a fornire un supporto adeguato ai ragazzi. Inoltre, abbiamo coinvolto attivamente le famiglie per offrire un percorso di sostegno completo. Attraverso un’azione coordinata e un monitoraggio costante dei risultati, questo per il miglioramento del benessere psicologico dei giovani e prevenire il disagio”.

A cosa è dovuta secondo lei tanta fragilità?

“Negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento della fragilità emotiva e psicologica negli adolescenti. Questa fragilità si manifesta in diversi modi: difficoltà a costruire relazioni significative, ansia sociale, difficoltà di concentrazione e apprendimento. Le cause di questa fragilità sono molteplici e complesse. Il costante utilizzo dei dispositivi digitali, che limita le interazioni sociali faccia a faccia, gioca un ruolo importante. Inoltre, i rapidi cambiamenti sociali e le pressioni a cui sono sottoposti i giovani contribuiscono a creare un senso di incertezza e di disagio. Per affrontare queste sfide, abbiamo deciso di potenziare l’assistenza educativa nei nostri convitti. Abbiamo assunto più educatori e abbiamo implementato nuove attività volte a favorire lo sviluppo delle competenze sociali e emotive dei nostri allievi. Ad esempio, abbiamo organizzato laboratori di gruppo, attività all’aperto e progetti educativi. Un’altra iniziativa di successo è stata l’introduzione di podcast tematici. Inizialmente, abbiamo notato carenze nelle conoscenze geografiche degli allievi: alla mia domanda su quante erano le regioni italiane mi rispondevano che sono 22. Attraverso i podcast, abbiamo stimolato la loro curiosità e li abbiamo coinvolti in un percorso di apprendimento attivo e divertente, alla fine del percorso si sono accorti che le regioni Italiane sono 20. L’anno prima c’erano dei ragazzi con una sorta di timidezza che li portava alla balbuzie e allora ci siamo inventati la radio con cui gli allievi facevano le interviste agli chef, e ai maitre, e quando siamo arrivati a giugno in occasione dei saggi scolastici di fine anno gli stessi non erano più balbuzienti. I risultati ottenuti sono stati molto incoraggianti. Gli allievi hanno mostrato un maggiore interesse per lo studio, hanno sviluppato competenze comunicative e hanno migliorato le loro relazioni interpersonali. Questo dimostra che con le giuste strategieè possibile aiutare i giovani a superare le loro fragilità e a raggiungere il loro pieno potenziale.”

E’ vero che gli studenti da voi imparano la matematica anche in cucina?

“Si certo, mi sono messo d’accordo con il docente di matematica e lo chef di cucina per cui studiano le frazioni mentre preparano le tagliatelle facendo le porzioni di farina e di uova. Il vero momento della matematica è in cucina perché se lo fai con una lezione frontale non ti seguono, serve anche la motivazione, come per le lingue straniere e per tutto il resto”.

Che cosa succede con le lingue?

“La prospettiva di un viaggio all’estero ha agito come un potente incentivo per l’apprendimento delle lingue, perché sanno di andare all’estero, questo li motiva e addirittura hanno fatto molta formazione di inglese, mentre erano in trasferta all’estero. Anche questa modalità è un modo per aiutarli. Come i podcast, le interviste e il teatro”.

Tante volte si pensa che gli adolescenti, specie quelli che non seguono i percorsi d’istruzione, siano più scontrosi di tanti altri coetanei. È davvero così?

“Guardi, lo scorso anno ho portato i nostri allievi e allieve che seguono il settore di estetista e acconciatura a fare la cura delle mani e le acconciature dei capelli agli anziani ospiti di alcune RSA a Modena, Bologna, Ferrara e Ravenna. Gli allievi fanno molta esercitazione con i capelli finti, le cosiddette testine e spesso chiedono di fare una esperienza su capelli veri. Ecco allora l’idea di coinvolgere gli anziani delle case protette che voleva essere un incontro tra generazioni: abbiamo infatti lavorato molto sull’aspetto educativo e si è rivelato come un vero appuntamento formativo.

I ragazzi non erano stati mai in una RSA e hanno pure pranzato con gli anziani. Uno studente, quando presentai il progetto disse: io i capelli ai vecchi non li faccio. E invece è stato poi il migliore. Questi ragazzi sembrano scontrosi ma davanti alle situazioni cambiano. E aiutarli in questi percorsi diventa oggi fondamentale”.

Alla fine questi ragazzi restano soddisfatti?

“Abbiamo promosso un questionario di gradimento e dalla rielaborazione abbiamo visto che i risultati sono positivi. Infine, come dicevo prima, su dieci ragazzi che frequentano i nostri corsi otto di loro trovano lavoro, gli altri due non lavorano perché vogliono fare altro e spesso se ne vanno all’estero, perché qui ci sono problemi di salario. E questo è un altro capitolo che andrebbe approfondito con le imprese che spesso si lamentano che non trovano mano d’opera qualificata e specializzata”.

Intanto approfondiamolo qui…

“Come dicevo prima, l’anno scorso Ial ha realizzato un’indagine sull’efficacia e gradimento dei suoi corsi. I risultati sono stati lusinghieri, nel senso che la ricerca di un lavoro coerente con la formazione non è quasi mai un problema. Ma il discorso cambia se si guarda alla qualità del lavoro. Pur essendo in maggioranza assunto con contratti a tempo determinato o indeterminato, il 69 per degli ex allievi Ial non è soddisfatto della propria situazione lavorativa. I motivi? Bassi salari in due casi su tre, ma anche scarsa autonomia (17 per cento), carichi di lavoro (9 per cento) e difficoltà a conciliare vita privata e lavoro (8 per cento). Questo deve far riflettere le imprese, che sempre più spesso lamentano di non trovare mano d’opera qualificata e specializzata”.

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