Fine anno didattico: il bimbetto dove lo metto

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Inviato da Valentina Conti – Con l’avvicinarsi della chiusura delle scuole torna il cruccio dei genitori: dove lasciare i propri figli per due mesi mentre loro lavorano.

E se la soluzione “low cost” dei nonni sta diventando sempre meno praticabile (spesso si trovano ancora in età lavorativa, dunque impossibilitati a fare da “baby sitter”), non rimane – scansando soluzioni di ripiego – che scegliere un centro estivo.

Ma i costi non sono accessibili per buona parte dei nuclei familiari. Secondo i dati elaborati per Il Tempo di un’indagine targata Adoc, associazione difesa e orientamento consumatori, una famiglia romana deve spendere in media 175 euro a settimana per mandare il proprio figlio in un centro estivo privato per tutto il giorno (159 in provincia).

Per mezza giornata, pasto escluso quindi, il prezzo scende a 111 euro a settimana a bambino (89 in provincia). Se si opta per un tempo pieno mensile, la spesa media è pari a 662 euro a bambino (dato che insegue, superandolo, il trend nazionale di 650 euro), se mezza giornata si spende meno della metà, 315 euro.

Il risparmio è più significativo se si decide di mandare i figli presso un centro comunale, dove il costo (comunque variabile in base all’Isee della famiglia e al Comune di riferimento) medio settimanale è pari a 58 euro (45 in provincia). L’offerta di spazi comunali è, però, spesso limitata e si trasforma, di fatto, in una soluzione difficilmente percorribile.

“Secondo una nostra stima – evidenzia il presidente dell’Adoc, Roberto Tascini – solo il 25% delle famiglie italiane potrà permettersi di mandare, almeno per una settimana, i propri figli in un centro estivo, quasi sempre privato, in quanto le soluzioni comunali continuano a scarseggiare di posti a disposizione. E il “caso romano” ricalca l’andamento concretizzandosi per nulla in una scelta a buon mercato”. “Nonostante l’offerta sia cresciuta sia in termini quantitativi che qualitativi – osserva Tascini – i centri estivi si confermano una soluzione a portata di ben poche famiglie”. Soluzioni praticabili all’orizzonte? Secondo l’Adoc una: valutare la possibilità di rendere detraibili, alla pari delle spese per l’istruzione scolastica, i costi sostenuti per tali attività.

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