“Finché la barca va”, riflessioni pedagogiche su una generazione di genitori e il rischio del naufragio educativo. Lettera

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Inviato da Simone Billeci – C’è qualcosa di poetico e insieme paradossale nel pensare ai genitori di oggi come a una generazione cresciuta al ritmo di “Finché la barca va, lasciala andare”.

Una frase che racchiude una filosofia di vita ottimista, spensierata, quasi fatalista, in cui il futuro non è una preoccupazione, ma un destino che si costruisce da sé. Oggi, però, quella stessa generazione si trova davanti a figli che arrancano, che sembrano aver perso il timone, e si chiede: “Perché la loro barca non va?”.

Paolo Crepet, nell’intervista ripresa da Orizzonte Scuola, lancia un appello tanto semplice quanto urgente: i genitori devono imparare a cogliere i campanelli d’allarme nei loro figli, anche quelli meno evidenti, come l’assenza di un progetto per il futuro. Ma è proprio qui che emerge il nodo pedagogico: molti genitori, abituati a un’idea di vita fluida e apparentemente priva di ostacoli, faticano a riconoscere la necessità di intervenire.

La filosofia del “lasciar andare”

Negli anni ‘60 e ‘70, l’idea del futuro era intrisa di fiducia e possibilità. Le opportunità lavorative sembravano infinite, la stabilità economica era alla portata di molti, e il concetto di “piano” per il futuro poteva essere messo da parte per dare spazio a un approccio più spontaneo. Perché preoccuparsi troppo, quando tutto sembrava già scritto nel migliore dei modi?

Questa mentalità, per certi versi rassicurante, si è tradotta per molti genitori in un atteggiamento educativo che potremmo definire “acquiescente”. La vita scorre, e i figli troveranno la loro strada, così come l’hanno trovata loro. Peccato che il mondo nel frattempo sia cambiato profondamente.

Oggi, il contesto è segnato da precarietà lavorativa, instabilità sociale e crisi climatica. I giovani non navigano più in un mare tranquillo, ma in acque turbolente, dove ogni scelta è carica di ansia e responsabilità. Lasciare andare la barca, in questo scenario, non significa altro che abbandonarla al naufragio.

Il campanello d’allarme: l’assenza di un progetto

Crepet sottolinea un punto fondamentale: uno dei segnali più preoccupanti nei giovani di oggi è la mancanza di un progetto per il futuro. Non si tratta di aspettarsi che un adolescente abbia già le idee chiare su quale carriera seguire o che sappia risolvere i grandi dilemmi della vita, ma di vedere in loro almeno una scintilla, un interesse, una direzione.

Quando invece questa mancanza si traduce in apatia o in un disinteresse generale, il rischio è di trovarsi di fronte a una generazione che non si sente in grado di affrontare il domani. E qui il ruolo dei genitori diventa cruciale: ignorare questi segnali o sminuirli con frasi come “Anche io alla tua età non sapevo cosa fare” significa perdere l’occasione di intervenire e sostenere i propri figli in un momento di fragilità.

Genitori di ieri, figli di oggi: un dialogo necessario

C’è una distanza generazionale che non può essere ignorata. I genitori cresciuti con Orietta Berti hanno vissuto in un mondo dove l’idea di “progetto” non era necessariamente legata a una pressione sociale o esistenziale. I figli di oggi, invece, si trovano immersi in un contesto che li giudica continuamente, che richiede loro di avere obiettivi chiari, competenze specifiche e una visione a lungo termine.

La responsabilità dei genitori, allora, non è solo quella di fornire risorse materiali, ma anche di creare un contesto emotivo in cui i figli possano esplorare, sbagliare e crescere. Ciò richiede un cambiamento di prospettiva: non basta più “lasciare andare” la barca; bisogna aiutare i giovani a trovare una bussola e a imparare a governare le onde.

L’importanza dell’educazione progettuale

Un’educazione progettuale non significa imporre ai figli una direzione, ma aiutarli a costruire una visione di sé e del proprio futuro. Questo può essere fatto attraverso:

1. Ascolto attivo: i genitori devono imparare ad ascoltare senza giudicare, creando uno spazio in cui i figli si sentano liberi di esprimere dubbi, paure e desideri.

2. Stimolazione della curiosità: i giovani hanno bisogno di esplorare e sperimentare per scoprire cosa li appassiona davvero. I genitori possono incentivare questa ricerca attraverso esperienze diverse, dal volontariato alle attività creative.

3. Sostegno nelle difficoltà: è fondamentale insegnare ai figli che il fallimento non è una sconfitta, ma una tappa del percorso. Accettare e normalizzare gli errori aiuta a costruire resilienza.

4. Esempio positivo: i genitori stessi devono dimostrare la capacità di affrontare le sfide con determinazione e apertura mentale.

Un cambio di rotta necessario

La metafora della barca, tanto cara alla generazione dei genitori di oggi, può essere riscritta in chiave educativa. Non si tratta più di “lasciare andare”, ma di assumere un ruolo attivo nel fornire gli strumenti per navigare. I figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di adulti consapevoli, pronti a guidarli con equilibrio e comprensione.

Perché, in fondo, il compito educativo non è quello di tracciare la rotta al posto loro, ma di insegnare a leggere le stelle.

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