Festa della Repubblica, i valori della patria, i diritti: scarica UdA quinta primaria e una circolare da inoltrare a studenti e docenti

La Festa della Repubblica Italiana è una giornata celebrativa nazionale istituita per ricordare la nascita della Repubblica Italiana. Si festeggia ogni anno il 2 giugno, data del referendum istituzionale del 1946 con la celebrazione principale che avviene a Roma. La Festa della Repubblica Italiana è uno dei simboli patri italiani. Il cerimoniale della manifestazione organizzata a Roma comprende la deposizione di una corona d’alloro in omaggio al Milite Ignoto all’Altare della Patria da parte del Presidente della Repubblica Italiana e una parata militare lungo via dei Fori Imperiali.
Perché il 2 giugno?
Il 2 giugno del 1946 si tenne un referendum istituzionale con il quale gli italiani vennero chiamati alle urne per decidere quale forma di stato – monarchia o repubblica – dare al Paese. Il referendum fu indetto al termine della Seconda guerra mondiale, qualche anno dopo la caduta del fascismo, il regime dittatoriale che era stato sostenuto dalla famiglia reale italiana per più di 20 anni. I sostenitori della repubblica scelsero il simbolo dell’Italia turrita, personificazione nazionale dell’Italia, da utilizzare nella campagna elettorale e sulla scheda del referendum sulla forma istituzionale dello Stato, in contrapposizione allo stemma sabaudo che rappresentava invece la monarchia.
Le polemiche e poi… la Repubblica Italiana
Ciò scatenò varie polemiche, visto che l’iconografia della personificazione allegorica dell’Italia aveva, e ha tuttora, un significato universale e unificante che avrebbe dovuto essere comune a tutti gli italiani e non solo a una parte di loro: questa fu l’ultima apparizione in ambito istituzionale dell’Italia turrita.
Questo referendum istituzionale fu la prima votazione a suffragio universale indetta in Italia. Il risultato della consultazione popolare, 12 717 923 voti per la repubblica e 10 719 284 per la monarchia (con una percentuale, rispettivamente, di 54,3% e 45,7%), venne comunicato il 10 giugno 1946, quando la Corte di cassazione dichiarò, dopo 85 anni di regno, la nascita della Repubblica Italiana venendo sanzionato definitivamente il 18 giugno.
Il Re lasciò l’Italia con forte senso di responsabilità
Il re d’Italia Umberto II di Savoia, per evitare che gli scontri tra monarchici e repubblicani, manifestatisi già con fatti di sangue in varie città italiane, si potessero estendere in tutto il paese, il 13 giugno, decise di lasciare l’Italia e andare in esilio in Portogallo.
Dal 1º gennaio 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica, fu proibito ai discendenti maschi di Umberto II di Savoia l’ingresso in Italia; la disposizione fu abrogata nel 2002. Il 2 giugno si celebra la nascita della nazione moderna in maniera simile al 14 luglio francese (anniversario della presa della Bastiglia) e al 4 luglio statunitense (anniversario della dichiarazione d’indipendenza dalla Gran Bretagna).
Non è l’unica celebrazione patriottica
Il 17 marzo si festeggia invece l’unità d’Italia e la nascita dello stato italiano in onore al 17 marzo 1861, data della proclamazione del Regno d’Italia.
Prima della nascita della repubblica, la giornata celebrativa nazionale del Regno d’Italia era la festa dello Statuto Albertino, che si teneva nella prima domenica di giugno. La prima celebrazione della Festa della Repubblica Italiana avvenne il 2 giugno 1947, mentre nel 1948 si ebbe la prima parata in via dei Fori Imperiali a Roma, il 2 giugno fu definitivamente dichiarato festa nazionale nel 1949.
La Legge n. 260 del 27 maggio 1949
Fu con l’entrata in vigore della Legge n. 260 del 27 maggio 1949 che la data del 2 giugno fu riconosciuta ufficialmente festività nazionale. Nel 1977 venne soppressa a causa dell’elevato numero delle festività infrasettimanali e della loro negativa incidenza sulla produttività sia delle aziende che degli uffici pubblici e le celebrazioni furono spostate alla prima domenica di giugno. La festività venne ripristinata nel 2001 con la legge 20 novembre 2000 n. 336. Tale ricorrenza rappresenta una parte fondamentale della nostra memoria storica, testimonia il coraggio di tutti coloro che difesero la Patria e diedero un determinante contributo per far nascere un’Italia libera, democratica, basata su fondamentali valori di dignità, di giustizia e di solidarietà.
Il cerimoniale
Nell’occasione il cerimoniale comprese la passata in rassegna delle forze armate in onore della repubblica da parte del Presidente della Repubblica Italiana; la manifestazione avvenne in piazza Venezia, di fronte al Vittoriano. Dopo la deposizione della corona d’alloro al Milite Ignoto da parte del presidente della Repubblica Italiana Luigi Einaudi, gli stendardi delle forze armate abbandonarono la formazione, percorsero la scalinata del monumento e resero omaggio al presidente con un inchino.
I valori: la nazione e la patria
Parlare di Repubblica, di Patria e di Nazione è, nonostante si sia a fine anno, assolutamente imprescindibile e importante. Come si legge sul sito www.150anni.it la parola nazione (dal latino natio) non era certo nuova, ma fu soltanto al principio dell’Ottocento che si affermò nella cultura europea per definire una grande comunità omogenea che stava alla base della legittimità delle istituzioni; a cominciare naturalmente dallo Stato, che doveva comprendere tutti coloro che appartenevano ad una stessa comunità nazionale.
Una tale comunità – si affermava – poteva essere definita come tale sulla base di elementi oggettivi (etnico-linguistici, culturali, storici) e soggettivi (la consapevolezza di un destino comune, la volontà di vivere assieme), diversamente miscelati nei diversi contesti storico-geografici. In ogni caso, per i movimenti che combattevano al fine di conquistare l’indipendenza della propria nazione, ma anche per gli esponenti politici liberali e democratici di Inghilterra o Francia, l’esistenza di un’Europa di liberi Stati nazionali corrispondeva a un ordine delle cose nello stesso tempo necessario e naturale. Scriveva ad esempio Cavour nel 1846 che «nessun popolo può raggiungere un alto livello di intelligenza e di moralità senza che sia fortemente sviluppato il sentimento della propria nazionalità».
«Nazione» e «nazionalità», ma come valore e non come motivo d’odio e sovranismo
«Nazione» e «nazionalità» erano termini sostanzialmente equivalenti; come lo era, rispetto a «nazione», il termine «patria», caratterizzato però da una più marcata accentuazione affettiva: riferendosi alla propria nazione come «patria» si sottolineava il senso di attaccamento ad essa, la disponibilità – se necessario – a combattere fino al martirio per difenderla dai nemici o (nel caso di nazioni non indipendenti come l’Italia o la Polonia) per dare ad essa un’esistenza politica come Stato (nazionale). Oggi, parlare di Nazione è propedeutico al risveglio di una coscienza civica e non già ad una esasperante e deprecabile rotta verso l’inutile sovranismo.
Il risveglio dell’Italia ma in prospettiva Europa
Grazie all’affermarsi delle passioni nazionali, è l’intera politica europea che assume nel corso del XIX secolo un nuovo carattere: come scrisse lo storico Federico Chabod, «la politica, che nel Settecento era apparsa come un’arte, tutta calcolo, ponderazione, equilibrio, sapienza, tutta razionalità e niente passione, diviene con l’Ottocento assai più tumultuosa, torbida, passionale; acquista l’impeto, starei per dire il fuoco, delle grandi passioni; diviene passione trascinante e fanatizzante com’erano state, un tempo, le passioni religiose […]». Oggi, però, serve trasferire quell’entusiasmo all’Italia dei valori, dei diritti, dell’integrazione e della solidarietà; ma anche all’Italia in Europa e nel mondo.
L’«amore sacro della patria»
L’«amore sacro della patria» (come suona un verso della Marsigliese) dà una connotazione fortemente emotiva all’idea di nazione, fino al punto di fondare appunto una sorta di nuova religione, la religione della patria, che ha la sua fede, i suoi martiri, i suoi dogmi (in primo luogo l’assoluta necessità di ottenere o conservare l’indipendenza nazionale).
La nazione ma non i nazionalismi esasperati
La nazione – affermò Mazzini – non esisteva nel passato ma «spetta[va] al futuro», era cioè il prodotto dell’azione rivoluzionaria. Questa concezione della nazione doveva avere un impatto rilevantissimo in una situazione come quella italiana, in cui il sentimento di appartenenza nazionale era affidato prevalentemente alla tradizione storico-letteraria: alimentò infatti l’idea che la nazione, più che in un corpus di elementi passivamente ricevuti (come la lingua, la tradizione comune ecc.), consistesse nell’intenzione di farne parte, ciò che anzitutto implicava la disponibilità a combattere per darle esistenza effettiva. Ma Mazzini pensava alla “Giovane Italia” e anche alla “Giovane Europa”.
UdA e Circolare
Percorsi che, anche noi, nelle classi dovremmo instillare. Come ha fatto l’Istituto Comprensivo Statale Istituto Boville Ernica, Scuola Secondaria di Primo Grado ad Indirizzo Musicale di Boville Ernica (FR), diretto con competenza dal dirigente scolastico Prof. Giacomo La Montagna, nella sua splendida e assai adeguata Unità di Apprendimento.
Di pregio, anche, l’elaborazione della Circolare dell’Istituto Comprensivo Renato Guttuso di Carini, diretto dal dirigente scolastico professoressa Valeria La Paglia, per ricordare il valore della “Festa”.
31.05.2021 – ALLEGATO CIRCOLARE – FESTA DELLA REPUBBLICA
Unità di apprendimento Classi-quinte