Festa del Lavoro: trasmettiamo alle giovani generazioni il significato vero della ricorrenza
In occasione dell’imminente celebrazione della festa del lavoro, il Coordinamento nazionale dei docenti della disciplina dei diritti umani, invita tutte le scuole di ogni ordine e grado a trasmettere alle giovani generazioni il vero significato della ricorrenza.
In occasione dell’imminente celebrazione della festa del lavoro, il Coordinamento nazionale dei docenti della disciplina dei diritti umani, invita tutte le scuole di ogni ordine e grado a trasmettere alle giovani generazioni il vero significato della ricorrenza.
La festa del lavoro affonda le sue radici nella seconda metà dell’ottocento quando, a seguito della cosiddetta rivoluzione industriale, i contadini in cerca di fortuna lasciarono le campagne e si riversarono in massa nelle grandi città. I lavoratori impegnati nelle fabbriche, assai spesso, non trovarono condizioni migliori rispetto a quelle che avevano lasciato. La vita degli operai era durissima: non avevano diritti, la loro giornata di lavoro poteva durare fino a 18 ore e mancavano le più comuni norme di sicurezza.
Il primo maggio 1886, nella città statunitense di Chicago, i sindacati organizzarono un corteo operaio per chiedere la riduzione della giornata lavorativa a otto ore. La protesta durò alcuni giorni. Il 4 maggio, durante presidio di lavoratori riuniti a Haymarket Square, esplose un ordigno che uccise un poliziotto. A quel punto scoppiò la guerriglia che provocò in tutto ben 11 morti. Tre anni dopo, durante il congresso della Seconda Internazionale venne ricordato quell’episodio come simbolo delle rivendicazioni operaie in tutto il mondo. Oggi quella data è festa nazionale in molti paesi, mentre non lo è negli Stati Uniti, dove si svolsero i fatti che iniziarono la tradizionale ricorrenza.
In Italia la festa del lavoro era stata abolita nel 1923, durante il fascismo. Il regime l’aveva sostituita con il Natale di Roma che cadeva ogni anno il 23 aprile, in onore della leggendaria fondazione dell’Urbe fissata nel 753 a.C. Venne reintrodotta nel 1947 quando divenne definitivamente la festa nazionale del lavoro e dei lavoratori.
Oggi la festa del primo maggio offre numerosi spunti di approfondimento: dall’esplicito riferimento al lavoro nell’articolo uno della nostra Costituzione, alle condizioni di semi schiavitù in cui versano ancora milioni di lavoratori nel mondo, fino alla sostenibilità economica e sociale del welfare e dei diritti acquisiti nel mondo occidentale.
In particolare la Costituzione italiana riprende il tema del lavoro all’articolo 4, ancora tra i principi fondamentali. In questo articolo viene riconosciuto il diritto-dovere di ciascun cittadino a “svolgere una attività o una funzione che concorre al progresso materiale e spirituale della società”. Inoltre agli articoli 35, 36 e 37 il lavoro viene tutelato in tutte le sue forme e vengono elencati una serie di diritti che vanno dalla retribuzione sufficiente per garantire un’esistenza libera e dignitosa, al riposo settimanale, alle ferie retribuite, fino alla durata massima della giornata lavorativa. Una particolare attenzione viene riservata alle donne lavoratrici. Esse hanno diritto alla stessa retribuzione dei lavoratori e la garanzia di poter usufruire di speciali congedi in caso di gravidanza o di malattia dei figli durante i primi anni di vita.
Nel corso degli anni l’applicazione di questi diritti costituzionali ha trovato non poche difficoltà e resistenze. Nel nostro paese, una tappa fondamentale sulla tutela dei lavoratori e della libertà sindacale è stata l’approvazione nel 1970 dello “Statuto dei Lavoratori” L. 20 maggio 1970, n. 300. L’invito alle scuole è dunque quello di leggere gli articoli costituzionali sopracitati. In seguito aprire un dibattito su come promuovere le condizioni per rendere effettivi i diritti garantiti negli stessi. L’universalità dei diritti legati al lavoro, alla realizzazione di sé stessi all’interno della società, il diritto al benessere proprio e della propria famiglia, trovano piena corrispondenza negli articoli 23, 24 e 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Quest’ultima rimane un punto di riferimento ineludibile per l’affermazione di tutti i diritti dell’uomo.
Angelo Ragusa
Responsabile area cultura Coordinamento Nazionale Docenti per i Diritti Umani