Fassina (PD): riforma Renzi è del PDL. No compromessi, modifiche ad assunzioni e cancellazione poteri dirigenti o faccio altro soggetto politico

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Esponente di spicco della minoranza del Pd in rotta con la linea politica del Premier, Stefano Fassina non è disposto a compromessi, su assunzioni dei precari (anche quelli di terza fascia previo concorso di abilitazione ad hoc) e cancellazione dell’articolo sui poteri ai dirigenti, “altrimenti mi dimetto e fondo un nuovo soggetto politico”.

Ecco il resoconto del nostro incontro di venerdì mattina alla Camera dei Deputati.

Fassina, quanto si sta giocando il Pd sulla riforma della scuola?

Esponente di spicco della minoranza del Pd in rotta con la linea politica del Premier, Stefano Fassina non è disposto a compromessi, su assunzioni dei precari (anche quelli di terza fascia previo concorso di abilitazione ad hoc) e cancellazione dell’articolo sui poteri ai dirigenti, “altrimenti mi dimetto e fondo un nuovo soggetto politico”.

Ecco il resoconto del nostro incontro di venerdì mattina alla Camera dei Deputati.

Fassina, quanto si sta giocando il Pd sulla riforma della scuola?

“Si sta giocando una parte molto rilevante del suo profilo culturale e politico e degli interessi che dovrebbe rappresentare. La scuola è un passaggio fondamentale per la ridefinizione dell’identità e della funzione del Partito Democratico”.

Quali errori macroscopici sono stati commessi?

“Qualcuno ha pensato che il mondo della scuola potesse accettare lo stravolgimento del suo modello di funzionamento in cambio di un po’ di soldi per la formazione e di qualche decina di migliaia di posti di lavoro stabili in più.  È stato un grande errore che non ha tenuto conto della dignità delle persone che lavorano nella scuola, le quali mettono al primo posto la funzione costituzionale dell’istruzione pubblica”.

L'impressione, leggendo i risultati delle elezioni regionali, è che i pezzi che andate perdendo strada facendo li raccolga il Movimento 5 Stelle.

“Solo in parte, il destinatario principale del nostro elettorato che ha scelto di non votare Pd il 31 maggio è l’astensionismo. In Toscana siamo scesi al minimo storico, ha votato meno di un elettore su due, un segnale chiaro come lo è l’emorragia di consensi in Umbria e in Liguria”.

Si è detto che l’assenza dei deputati di Forza Italia al momento della votazione della riforma alla Camera non era casuale. C'è un accordo tra PD e FI sulla riforma della scuola o è dietrologia?

“Credo che quanto è accaduto alla Camera si possa spiegare senza dietrologia. La parte fondamentale del Ddl sulla scuola, quella che per l’appunto è oggetto di contestazione, è ripresa dalla Proposta di legge Aprea. C’è una naturale convergenza perché l’impianto è lo stesso. Come nel Jobs Act il Pd di Renzi ha ripreso la piattaforma di Sacconi del Pdl – basta andare a leggere i programmi elettorali – la stessa cosa è avvenuta per la scuola”.

Su quali temi il Pd avrebbe dovuto distanziarsi così da rispettare maggiormente l’identità dei suoi elettori?

“Innanzitutto sulla parte che riguarda la chiamata e la rimozione dei docenti da parte dei presidi. Siamo tutti assolutamente convinti della scuola dell’autonomia, ma questo non vuol dire passare a un modello in cui c’è un uomo che comanda e tutti gli altri che eseguono. Più che mai in un quadro di autonomia la scuola richiede il coinvolgimento e il protagonismo di tutte le sue componenti, in primo luogo degli insegnanti. Si è richiamata spesso in queste settimane la scuola azienda, ma il dramma è che l’azienda a cui fa riferimento il ddl di Renzi è quella fordista, un modello superato anche nelle stesse realtà aziendali. Oggi le aziende più innovative hanno elevati livelli di performance perché coinvolgono attivamente il loro personale”.

Proprio sulla questione dei poteri dei dirigenti, i sindacati chiedono che la "graduazione" come criterio per assunzione e mobilità non venga toccata. Secondo lei è un compromesso accettabile?

“L’unica strada per riaprire un dialogo tra Governo, Parlamento e mondo della scuola è eliminare l’articolo che disciplina la chiamata e la revoca degli insegnanti. Va dato un segnale chiaro ai 600mila insegnanti che hanno scioperato. Le parti del Ddl che riguardano le assunzioni possono essere portate in Aula anche la settimana prossima, ma gli articoli sulla governance devono essere discussi con chi rappresenta davvero il mondo della scuola”.

Sempre nello specifico del provvedimento, sarebbe all'ipotesi una quota di posti riservati al prossimo concorso fino al 40% per i precari con 36 mesi di servizio. Verrebbe incontro alle vostre richieste per affrontare in modo più ampio il problema del precariato?

“A me pare che una soluzione del genere non basti. Sosteniamo quanto abbiamo proposto nei nostri emendamenti alla Camera e adesso al Senato, ossia un piano di assunzioni pluriennale, connesso con i pensionamenti e senza oneri aggiuntivi  per la finanza pubblica, che riguardi coloro che hanno l’abilitazione e periodi di insegnamento alle spalle ma, previo corso di abilitazione selettivo ad hoc, anche gli insegnanti in terza fascia con almeno tre anni di insegnamento. Va riconosciuta l’eccezionalità del periodo che ci troviamo alle spalle, non è colpa di chi ha lavorato se dal 1999 ad oggi non ci sono stati concorsi, eccetto la parentesi del 2012 con Profumo. Dopo questa fase transitoria si potrà ripartire con concorsi regolari”.

L’altro grande tema che il Ddl in qualche modo cerca di affrontare è la valutazione degli insegnanti, da chi e con quali criteri debba essere fatta. Lei che cosa ne pensa?

“La soluzione fornita dalla Camera è assolutamente insufficiente, contiene elementi di improvvisazione e di demagogia. La valutazione è un tassello fondamentale e deve riguardare tutti, dai dirigenti ai docenti, ma bisogna trovare strade adeguate, anche col coinvolgimento di soggetti esterni. L’oggetto della valutazione, poi, non deve essere necessariamente il singolo, ma il lavoro in team, la concorrenza tra singoli insegnanti è un modello regressivo. Mi lasci dire che andrebbe presa in considerazione in maniera finalmente seria una vera e propria carriera degli insegnanti”.

Di carriera degli insegnanti le associazioni professionali e anche alcuni sindacati parlano da anni. Il problema è che costerebbe molto, mentre la ‘mancetta’ data a fine anno dai presidi è una soluzione più economica.

“Il punto è proprio questo, per una scuola di qualità occorrono risorse, bisogna investire. La scuola è luogo essenziale per la ricostruzione morale di questo paese”.

Che cosa pensa del silenzio degli intellettuali su questa riforma? Perché non sono scesi nelle piazze a protestare con gli insegnanti?

“In parte credo dipenda anche dalla scarsa permeabilità dei media a punti di vista diversi da quello del Governo. I grandi mezzi di informazione hanno scelto di raccontare la mobilitazione della scuola come una mobilitazione corporativa, mentre essa ha guardato alla rilevanza costituzionale della scuola pubblica. Una parte del nostro mondo intellettuale ha senz’altro seguito il conformismo di questi anni, ma c’è anche una fascia più giovane che sui siti, sulle testate minori dimostra di avere colto il vero spirito del movimento nella scuola e sta provando a sostenerne le ragioni”.

Dopo il direttivo come minoranza avete lanciato l'idea di un referendum tra i tesserati, la richiesta è stata accolta?

“La consultazione degli iscritti Pd, insieme all’On.le D’Attorre l’abbiamo proposta lo scorso lunedì sera in Direzione Nazionale Pd. Per ora non è stata avviata. Stiamo insistendo”.

Come vede il suo futuro all'interno del PD?

“Confermo che, senza radicali correzioni, in particolare sui dirigenti scolastici e sulle assunzioni degli insegnanti precari, lascio il Pd e mi impegno, insieme al altri, a costruire un soggetto politico che possa rappresentare il lavoro, la scuola pubblica per un’alternativa di governo”.

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