“Faremo una manifestazione per difendere la scuola pubblica”. L’annuncio di De Luca
Una manifestazione sulle autonomie scolastiche “in difesa della scuola pubblica”. L’ha annunciata, in diretta Facebook, il governatore della Campania, Vincenzo De Luca.
“Si terrà nel giro di poche settimane – ha anticipato – in questi giorni stiamo incontrando associazioni ed esponenti del mondo della scuola”.
Sul fronte dell’emergenza Covid, per il presidente della Regione Campania, “cominciamo a vedere la luce in fondo al tunnel”, ovvero “non abbiamo picchi o elementi di preoccupazione, i casi di contagio non registrano elementi di particolare gravità, ora vediamo la variante diffusa in Cina se arriva in Europa ma ad oggi non ci sono picchi”.
Il dossier della Camera
Lo scorso settembre un dossier della Camera aveva ripreso la questione facendo il punto della situazione.
L’articolo 116, terzo comma della Costituzione – si legge sul documento della Camera – prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario (c.d. “regionalismo differenziato” o “regionalismo asimmetrico”, in quanto consente ad alcune Regioni di dotarsi di poteri diversi dalle altre), ferme restando le particolari forme di cui godono le Regioni a statuto speciale (art. 116, primo comma).
L’ambito delle materie nelle quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia concernono: tutte le materie che l’articolo 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente.
Un ulteriore limitato numero di materie riservate dallo stesso articolo 117 (secondo comma) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato: organizzazione della giustizia di pace; norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna: gli accordi preliminari
Bisogna però partire dall’inizio e tornare al 2017, quando il tema dell’autonomia regionalizzata ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, è sorto a seguito delle iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
Dopo aver sottoscritto tre accordi preliminari con il Governo a febbraio 2018, su richiesta delle tre regioni, il negoziato è proseguito ampliando il quadro delle materie da trasferire rispetto a quello originariamente previsto. Nel frattempo altre regioni hanno intrapreso il percorso per la richiesta di condizioni particolari di autonomia, che hanno dovuto però interrompere le iniziative a causa del covid.
Quattro settori coinvolti
Per alcune materie, tra cui l’Istruzione (non quella professionale), servirà la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni. Allo stato attuale ogni regione potrà chiedere che nella propria intesa le venga riconosciuta una più forte autonomia in materia (salvo le prerogative che sono in capo alle singole scuole).
Sono quattro le materie coinvolte: la scuola, la sanità, l’ambiente e le politiche del lavoro, materie sulle quali verrà aperta la trattativa. Alle Regioni virtuose sarà consentito di ottenere un aumento delle somme destinate alle prestazione. Si ipotizza di prevedere un monitoraggio ogni tre anni. Non verrà erogato un solo euro in più: tanto lo Stato spende, tanto lo Stato darà.
La bozza del disegno di legge “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione” risulta completa, in questa nuova formulazione, con alcune modifiche rispetto alla bozza elaborata dal ministro Maria Stella Gelmini nell’aprile 2022.
All’articolo 3 si parla anche di scuola. I livelli essenziali di prestazione sono applicati, infatti, anche in questo settore. Ad esempio, entro il 2027, ogni Comune dovrà mettere a disposizione il 33% dei posti negli asili nido per i bambini di fascia 0-3 anni e fissare i numeri di alunni e docenti per ogni scuola e classe.
Si legge: “Nelle materie di cui all’articolo 117, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, della Costituzione e nelle materie della tutela e sicurezza sul lavoro, dell’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale, e della tutela della salute, (…) il trasferimento delle competenze legislative o delle funzioni amministrative e delle risorse corrispondenti ha luogo a seguito della definizione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”
Con la proposta di regionalizzazione, dunque, si rischia un vero e proprio processo separatista per la scuola: programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e meccanismo di finanziamento differenziati. Migliaia di docenti transiterebbero, secondo quanto segnala il quotidiano, nei ruoli della Regione con effetti sulla contrattazione nazionale e possibili differenziazioni salariali territoriali.
La proposta di legge, si specifica, non significa che una Regione potrà modificare il programma didattico o svolgere attività di insegnamento, che rimane riservata allo Stato. Ciò su cui l’autonomia potrà incidere è l’organizzazione. L’obiettivo a cui mirano le Regioni è iniziare un anno scolastico con i docenti assegnati alle classi fin dal primo giorno. Non è in discussione l’autonomia delle scuole nel fissare i programmi, né i concorsi per le assunzioni. I livelli essenziali di prestazione saranno fissati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
Prima del trasferimento di competenze lo Stato dovrà approvare i livelli essenziali delle prestazioni, entro un anno secondo la bozza.