Evoluzione ruolo dirigente scolastico. Lettera in risposta alla DS A. Gramazio
Qualche giorno fa ho avuto modo di leggere, sul vostro sito, la lettera di plauso al Gorverno e più specificatamente alla chiamata diretta prevista dalla Legge 107 a firma della DS Antonella Gramazio.
Qualche giorno fa ho avuto modo di leggere, sul vostro sito, la lettera di plauso al Gorverno e più specificatamente alla chiamata diretta prevista dalla Legge 107 a firma della DS Antonella Gramazio.
Non dico che sono rimasto sconcertato da tanto apprezzamento per la suddetta Legge, ma sicuramente un sentimento di perplessità ha pervaso la mia persona. E poi basta veramente un semplice colloquio – come afferma la DS – di pochi minuti a domande precise per comprendere la congruità degli obiettivi professionali che il docente pone alla base della propria azione didattica ? Credo che nemmeno Freud avesse tali capacità. E ancora tutti i DS hanno affrontato un percorso di studio sostenendo esami di psicologia o master sulla gestione delle risorse umane? “Ma mi faccia il piacere “ diceva Totò. Ciò premesso mi sembra opportuno fare alcune riflessioni su quanto scritto.
Innanzitutto vorrei ricordare alla DS che opera da qualche anno nella provincia di Milano che un mese fa circa ed esattamente il 10 giugno 2016, l’USR della Lombardia con propria nota convocava in data 28 e 29 giugno i DS in una riunione di servizio e contestualmente si chiedeva loro non solo la presenza, ma anche l’invio entro il 25 giugno di una delibera del competente organo collegiale per la imminente costituzione delle reti di ambito.
Solo dopo una lettera di protesta firmata da 131 DS della Lombardia – inviata al Ministro Giannini e al Direttore generale dellUSR Lombardia – è intervenuto il MIUR precisando che erano solo delle indicazioni operative, frutto di un gruppo di lavoro dipartimentale, e che non avevano nessun carattere perentorio.
Un primo concetto che mi vede pienamente d’accordo con i DS lombardi è quello espresso chiaramente nella lettera: “ In Lombardia siamo abituati da tempo a lavorare in rete. Facciamo reti di scopo da anni, per qualsiasi ragione e per molti argomenti diversi”.
Così come l’alternanza scuola-lavoro inventata e tanto reclamizzata dal duo Renzi/Giannini, ma già in attuazione in Lombardia dal 2003.
In secondo luogo vorrei ricordare alla DS che un nutrito gruppo di suoi colleghi lamenta lo stato di solitudine in cui versa. In più occasioni si è sentito il grido di aiuto: “ Non lasciateci soli”. E’ un grido che sintetizza una netta percezione, se non una comprovata certezza.
Non si può negare che la Legge 107 abbia caricato i DS di troppe responsabilità, ma certamente a tutto ciò si deve aggiungere “ l’esaltazione del potere” tante volte espresso da alcuni dirigenti. Verrebbe da dire state pure nella vostra solitudine e mettete in pratica il motto della Folgore: “ Impara a soffrire senza lamenti”.
Dirigere la scuola un tempo significava soprattutto preoccuparsi dell’adempimento della norma; oggi significa soprattutto assumersi responsabilità e decisioni in prima persona.
Oggi emerge che le conoscenze e le competenze che un dirigente deve avere investono più aree e dimensioni, non ultima quella che fa riferimento alle capacità di leaderschip ed una competenza relazionale non indifferente.
Diciamolo subito noi dello SNALS non siamo per il preside manager tout-court, ma ciò non significa che non si debba riconoscere che la direzione di una scuola autonoma non abbia bisogno di una figura che sappia assumersi responsabilità e sappia prendere decisioni.
Si è verificato un cambiamento di ruolo e di sostanza che implica anche un cambiamento di cultura e di atteggiamenti e non solo di comportamenti.
Dalla cultura degli adempimenti alla cultura del progetto recitava un vecchio opuscolo informativo ministeriale sui corsi di formazione dei capi di istituto.
In altre parole emerge l’esigenza di una figura nuova di DS che muove da situazioni più complesse che vanno dalle situazioni del territorio alle esigenze formative dei suoi abitanti, all’incertezza verso il valore stesso della formazione scolastica, al cambiamento del mondo del lavoro e delle professioni che non sempre è facilmente leggibile.
La rivisitazione, se vogliamo, della figura del DS viene da molto lontano ed è per questa ragione che per molte delle nostre scuole l’autonomia più che una risorsa è vissuta come un mero adempimento e per certi versi confusa e contraddittoria stante anche il fatto che le norme istitutive non sono sempre il massimo della chiarezza.
Il problema viene, quindi, da lontano ed è questa la ragione che ci aiuta a comprendere come e perché la natura stessa del cambiamento che deve verificarsi nella professionalità dirigenziale non sempre è stata colta nella sua pienezza.
Il fatto è che nel momento stesso in cui si parlava di riformare la scuola, una pioggia di norme e di responsabilità calate dall’alto si abbatteva sui capi di istituto, tanto formalmente confuse, quanto sostanzialmente improduttive.
In questo insieme di cose, caratterizzato più da un clima di incertezza che da chiarezza progettuale, si sono intrecciati fattori oggettivi, la difficoltà reale della creazione di un nuovo modello di scuola e di un nuovo personale dirigente.
E’ altresì noto che dalle nuove disposizioni di legge non emerge la figura di un dirigente scolastico a tutto tondo definito nel suo ruolo e nei suoi compiti, come molti capi di istituto avrebbero preferito.
In effetti gli spazi dell’effettivo “comando” sono molto ridotti a fronte degli spazi in cui si indicano funzioni di coordinamento, sollecitazione, partecipazione, predisposizione e così via.
Molti dirigenti lamentano che da un lato sono ritenuti responsabili dei risultati, dall’altro non dispongono di strumenti idonei per progettarli, realizzarli, valutarli. E non hanno nemmeno tutti i torti!
Il problema è un altro: che in ogni organizzazione democraticamente ordinata, la gestione è collettiva, collegiale, per cui si devono incontrare e contemperare esigenze, pareri e volontà diverse; tutti sono chiamati ad una condivisione ragionata e partecipe della gestione delle attività.
La democrazia ha un prezzo e, se tutti hanno diritto di parola ed iniziativa, questo è un principio che vale per tutti indipendentemente dal ruolo che ciascuno ricopre quando si tratta di assumere decisioni. E’ comprensibile quanto sia difficile armonizzare e coniugare competenze quando si vuole equilibrare in un contesto democratico la responsabilità personale e la decisionalità collegiale.
Sicuramente il DS non si trova di fronte ad un compito facile.
Da tutto ciò emerge la figura di un DS molto diversa da quella del capo di istituto, con più poteri definiti e scritti per norma, ma con una miriade di responsabilità non scritte ma evinte dalla situazione stessa in cui si trova ad operare. Oggi gli strumenti operativi del DS non sono tanto nelle definizioni delle norme quanto nella sua capacità personale di dirigere le persone con cui ha a che fare e questo indipendentemente dai ruoli che a ciascuno sono conferiti per norma.
Insomma l’orizzontalità dei rapporti interpersonali fattore importantissimo per quanto concerne il lavoro nelle organizzazioni, provoca un impoverimento della norma e un arricchimento delle capacità personali di ciascuno nel commisurarsi con le operazioni da effettuare,
L’aumento dei poteri attribuiti ai DS non trova riscontro con l’aumento delle loro responsabilità, il che comporta conseguenze di vario genere tra cui anche la possibile perdita del posto.
Ciò rientra nella logica del nuovo impianto. In quanto venuta meno la copertura politica di un tempo, i risultati dell’azione amministrativa nel bene e nel male sono il frutto dell’attività del DS, il quale viene premiato, soprattutto economicamente, se opera bene e viene penalizzato se opera male e non raggiunge i risultati preventivati.
Segretario provinciale Snals Milano
Giuseppe Antinolfi