Essere docente di sostegno al tempo del covid-19. Lettera

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Inviato da Maria Tripoli – Solitudine, per quanto mi riguarda, essendo docente di sostegno, rabbia iniziale e il coraggio di andare avanti, approntando dapprima ogni mezzo a disposizione come chat, email, infine con l’attivazione delle piattaforme Gsuite con video lezione giornaliere, per restare in contatto con tutti e soprattutto con gli ULTIMI.

Nel chiuso delle nostre stanze soli davanti un PC per i più fortunati, con la lotta dei giga che non bastano e delle connessioni internet.

Ore ed ore a preparare lezioni,mappe concettuali, riassunti, schemi, per quanto mi riguarda, essendo docente di sostegno e quindi, una, dimenticata da tutti o quasi i docenti curriculari. Quando è iniziata l’emergenza ho chiesto di non trascurarmi, perché non avevo 10 lauree e non sono tuttologa. Tutto o quasi inutile strepito di allarme. Inascoltata dalla maggioranza, che ha continuato a segnare compiti in un urlo di onnipotenza da “prima della classe”. Fortunatamente non i tutti i prof sono stati così e molti sono stati morigerati nell’ascoltare le difficoltà dei ragazzi tra mancanza di mezzi tecnologici e la difficoltà di utilizzare le piattaforme messe a disposizione dell’istituto. Io credo che il “pensare” per molti è diventato complicato, presi sicuramente da una emergenza sanitaria che in breve è diventata una pandemia. Le prime settimane per me sono state traumatiche, il mio pensiero era bloccato, presa come non mai a cercare di non perdere tutto il lavoro fatto nei tre anni con la mia alunna, di fatto diventata solo mia.

Stavo al PC sino a sera, in un vortice esacerbato da follia conclamata. Poi ho cominciato ad urlare la mia rabbia, persino al Dipartimento del Sostegno ho esternato i miei problemi che erano di tutti (o perlomeno di coloro che lavorano con onestà intellettuale). Lì, ho capito la mia solitudine, che era di ogni docente di sostegno. Tutte le leggi, circolari, più o meno chiare sul sostegno azzerate da un virus maledetto che sta aumentando le barriere dell’isolamento degli ULTIMI diventati gli INVISIBILI. Il terrore di nuove classi differenziali online è purtroppo una delle certezze della DAD, per quanto mi riguarda.

I cambiamenti inevitabili dell’emergenza hanno rivoluzionato il modus operandi di ognuno di noi con la relativa risposta da parte dei nostri alunni, che in una prima fase si son trovati disorientati, costernati ed hanno trovato nella video lezione un modo per poter dialogare, con i docenti, oltre i loro famigliari. Ritrovare un minimo di normalità nelle facce stravolte dei docenti per lo meno all’inizio, è stata una delle migliori risposte della DAD. Adesso che la DAD è obbligatoria hanno capito che devono studiare seriamente e devono essere anche interrogati a distanza. Vedremo in itinere le implicazioni finali del nuovo modo di operare online. L’aspetto più limitante è comunque la spontaneità, l’emozione del controllo degli sguardi, l’empatia a cui ogni docente è abituato da sempre, l’incrocio di sguardi che valgono più di mille parole. La freddezza di un mezzo tecnologico non può sostituire la giornata di un docente in mezzo ai ragazzi.

Tutto è calcolato ed ogni lezione non si può improvvisare. Buona parte dei docenti non erano preparati ed io per prima ho trovato molte difficoltà per registrarmi ed operare sulla piattaforma. Ancora adesso molte cose non mi sono chiare. Ma anche i nostri nativi digitali, abituati da sempre ad operare con i vari smartphone, hanno trovato difficoltà nell’operare nella piattaforma Gsuite, soprattutto nella compilazione dei compiti. Il problema maggiore inoltre è la difficoltà di avere un PC funzionante per sé e la limitatezza dei giga e delle connessioni.

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