Esonero contributivo per madri lavoratrici, discriminazione o tutela selettiva? La Corte costituzionale giudica i criteri di accesso al beneficio

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Non tutte le madri sono uguali davanti alla legge. Almeno secondo la Legge di Bilancio 2024, che ha tracciato confini netti tra chi può accedere all’esonero contributivo e chi ne resta escluso.

Mercoledì 11 giugno la Corte costituzionale dovrà decidere se questi confini rispettano i principi di uguaglianza e non discriminazione sanciti dalla Carta fondamentale, in una battaglia legale che potrebbe ridisegnare i diritti delle lavoratrici madri in Italia.

La misura sotto esame e i suoi limiti

La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto un esonero contributivo per le lavoratrici madri di tre o più figli, esteso sperimentalmente anche a quelle con due figli, ma solo per il rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Una misura che, secondo i suoi sostenitori, mira a sostenere la natalità e l’occupazione femminile, ma che ha sollevato interrogativi sulla sua costituzionalità.

Il beneficio, valido per il triennio 2024-2026, esclude infatti categorie significative di lavoratrici: quelle con contratto a tempo determinato e quelle impegnate nel lavoro domestico. Una distinzione che il Tribunale di Milano ha ritenuto meritevole di approfondimento costituzionale, rimettendo la questione alla Consulta dopo un ricorso promosso da associazioni specializzate nella tutela dei diritti.

Le ragioni del dubbio di costituzionalità

Il nodo della controversia risiede nel principio di uguaglianza e nella possibile violazione dell’articolo 3 della Costituzione. Le lavoratrici escluse dal beneficio si trovano infatti nella stessa condizione di bisogno di quelle incluse: sono madri, lavorano e contribuiscono al sistema previdenziale, ma vengono penalizzate dalla tipologia contrattuale o dal settore di impiego.

Il Tribunale di Milano ha evidenziato come questa distinzione possa configurare una discriminazione indiretta, che colpisce in particolare le fasce più vulnerabili del mercato del lavoro femminile. Le lavoratrici domestiche e quelle con contratti precari rappresentano infatti una quota significativa dell’occupazione femminile, spesso caratterizzata da maggiore instabilità economica e sociale.

L’udienza e le prospettive future

Domani a Palazzo della Consulta si confronteranno le diverse posizioni: da un lato le associazioni ricorrenti, che sostengono l’illegittimità costituzionale delle esclusioni, dall’altro l’INPS e lo Stato, chiamati a difendere la ratio della norma.

La decisione della Corte costituzionale, con la giudice relatrice Emanuela Navarretta, potrebbe avere conseguenze significative non solo per le beneficiarie dirette, ma per l’intero sistema di welfare familiare italiano.

Se la Consulta dovesse accogliere i rilievi di costituzionalità, il legislatore potrebbe essere chiamato a rivedere i criteri di accesso al beneficio, estendendolo a tutte le categorie di lavoratrici madri o, in alternativa, a ripensare l’intera architettura della misura per garantire maggiore equità e inclusività.

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