Esame di Stato. APEF: Tanto vale abolirlo
A.P.E.F. – Dal 1997 il vecchio esame di maturità, che ha cambiato nome in esame di Stato, ha subito vari rimaneggiamenti ma se l’intento dichiarato era il recupero di serietà delle prove, la storia ci dice che l’obiettivo è stato un flop.
A.P.E.F. – Dal 1997 il vecchio esame di maturità, che ha cambiato nome in esame di Stato, ha subito vari rimaneggiamenti ma se l’intento dichiarato era il recupero di serietà delle prove, la storia ci dice che l’obiettivo è stato un flop.
Questa la cronistoria:
Anni ’98 – 2001: commissione mista e abolizione dello scrutinio di ammissione, ministro Berlinguer, la percentuale dei promossi sale al 96%.
Anni 2001-2006: commissione interna, ministro Moratti, la percentuale sale ancora al 97% fino ad arrivare a punte del 99% nei licei.
Anni 2006 – a tutt’oggi: commissione mista, con reintroduzione dello scrutinio di ammissione – ministro Fioroni, la percentuale sale ancora.
Il risultato di queste fasi alterne ma ricorrenti, è che nel’ultimo decennio il numero dei promossi è salito progressivamente fino ad attestarsi all’attuale 99%, con impercettibili variazioni nel corso degli anni.
Se ora si vuole nuovamente, come ha affermato il ministro Giannini, far fare al pendolo – esame di stato un altro giro (l’ennesimo) in senso inverso, cioè ripristinare la commissione tutta interna, suggeriamo di risparmiare del tutto su questa voce di spesa e abolirlo completamente.
Infatti, forse a qualcuno è sfuggito che dal 2010 è stato introdotto l’obbligo della sufficienza in tutte le materie per sostenere l’Esame. Che senso ha quindi che lo “stesso” consiglio dei docenti della classe ri-valuti i “suoi” studenti una settimana dopo che già li ha valutati in maniera sufficiente?
Allora, se non si vuole abolire l’esame, si prenda almeno in considerazione di riconsiderarne l’abolizione del valore legale. Anche in considerazione del fatto che oggi questo titolo di studio non assicura la certificazione delle competenze richieste dal mondo del lavoro, come pure rilevato dall’ultimo Rapporto OCSE.
Inoltre, se il governo vuol essere coerente con quello spirito di ricostruzione della meritocrazia che percorre il suo documento programmatico sulla scuola, sarebbe il caso che si finisse di progettare interventi sull’istruzione solo con l‘ottica del risparmio e senza tenere in alcun conto la “qualità” e forse il buon senso.