Egocentrismo infantile ed effetto Pigmalione: l’importanza di evitare la “profezia auto-avverante”

I bambini sarebbero egocentrici per natura, secondo alcuni studiosi tra cui Jean Piaget. Fu lui, infatti, il primo a teorizzare l’egocentrismo infantile, ovvero quella fase dello sviluppo cognitivo in cui il bambino non riuscirebbe a differenziare il proprio punto di vista da quello dell’altro.
In questa fase, sempre secondo Piaget, egli produrrebbe un linguaggio egocentrico: ripetitivo e imitativo (ecolalia), monologico e autoreferenziale.
Tutto questo, prima di passare alla comunicazione vera e propria, che lo farebbe mettere in relazione al mondo circostante, all’”altro, e dunque “guardare al di là del proprio naso”.
Il bambino è egocentrico?
Inoltre, Piaget afferma anche che il bambino avrebbe innatamente, nell’infanzia, un tipo di egocentrismo sia cognitivo che sociale: è questo il punto su cui, oggi, gli studiosi si sono divisi, in parte mettendo in discussione le tesi di Piaget.
Infatti, secondo alcuni psicologi, prima dei 7 anni i bambini non sarebbero ancora in possesso di un’interazione sociale vera e propria, e dunque il loro non sarebbe un egocentrismo sociale, ma semplicemente una mancanza di comunicazione: comunicazione che si sviluppa dopo questa età e grazie alla quale i bambini riflettono tra loro, superando tale presunto “egocentrismo”.
L’esperienza comunicativa identitaria
La comunicazione, in ogni caso, rappresenta dunque lo spartiacque della crescita del bambino, sia sociale che cognitiva; ed è compito del docente aiutare i propri discenti ad avvicinarsi a all’esperienza comunicativa, in classe.
Essa è importante, in effetti, perché il bambino possa rendersi conto di chi è e di cosa vuole, dunque perché sviluppi un’identità.
Tuttavia, è importante ricordare che la comunicazione con un bambino è molto delicata, perché potrebbe portare alla costruzione di false (o supposte) identità che potrebbero sviluppare effetti indesiderati.
Tra questi, il cosiddetto “effetto Pigmalione”, noto anche come “profezia auto-avverante” o “effetto Rosenthal”. Si tratta di una forma di suggestione psicologica per cui le persone (nel caso della scuola, i discenti) tendono a conformarsi all’immagine che altri hanno di loro (nell’ambito della scuola, i docenti).
Il mito di Pigmalione
Pigmalione era il nome di una figura della mitologia greca: nell’omonimo mito narrato da Ovidio, egli era uno scultore di Cipro che aveva modellato una statua femminile di cui si era perdutamente innamorato.
Così pregò Afrodite di concedergli in sposa la scultura creata con le sue stessi mani, rendendola una creatura umana: la dea acconsentì. Egli vide la statua lentamente animarsi, respirare e aprire gli occhi, così la sposò. Ebbero anche una figlia, che diede successivamente il suo nome alla città di Cipro (famosa per un tempio dedicato ad Afrodite).
Per analogia, oggi si definisce “Pigmalione” chiunque assuma il ruolo di maestro nei confronti di una persona incolta, plasmandone la personalità, sviluppandone i talenti e affinandone i modi.
L’esperimento di Rosenthal
Robert Rosenthal, professore di psicologia ad Harvard, negli anni Sessanta effettuò un semplice test in una classe, per provare quell’ “effetto Pigmalione”: insieme al suo collega Jacobson parlò con gli insegnanti della classe, informandoli dei risultati di un test svolto dai loro alunni, (l’Harvard Test of Inflected Acquisition).
Si trattava di un test del tutto inesistente, e i dati forniti ai docenti erano totalmente casuali. Fu misurato il quoziente intellettivo dei ragazzi in quel momento e dopo un anno, per capire se e quanto l’aspettativa degli insegnanti avesse influenzato le performance scolastiche dei bambini.
E, in effetti, i bimbi che, dai docenti erano reputati (senza fondamento) maggiormente capaci degli altri, e da cui quindi i maestri si aspettavano uno sviluppo intellettuale maggiore, avevano un rendimento più alto.
Con questo esperimento, Rosenthal volle testare l’ipotesi che in una classe le aspettative del docente sono molto influenti. Ciò che si realizza in tal senso è dunque una profezia che si auto-avvera, secondo cui la predizione di una persona, per esempio sul comportamento di un’altra, si realizzerà.
Evitare il pregiudizio
Facendo un ragionamento a ritroso, dall’esperimento di Rosenthal si nota come un insieme di bambini (quelli ritenuti, senza fondamento, meno capaci) possa essere suggestionato negativamente dall’idea che un docente ha di loro.
È per questo che l’insegnante deve fare un lavoro su sè stesso di obiettività e di livellamento delle proprie aspettative, e richiedere a tutti gli alunni lo stesso sforzo in classe e a casa: questo perché, se un insegnante pensa che un bambino sia meno capace degli altri tenderà a trattarlo – anche inconsciamente – in maniera diversa dagli altri.
Il risultato sarà che il bambino farà suo questo giudizio latente, e si comporterà come se non potesse migliorare la sua performance più di un certo livello, rimanendo così su bassi livelli di performance, in una sorta di circolo vizioso o, appunto, profezia auto-avverante.