Educazione sessuale e consenso informato, Petri: “Se l’educazione è una materia, va demandata senza se e senza ma”

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Con la fine dell’anno scolastico alle porte, il Ministero dell’Istruzione e del Merito torna a occuparsi di un tema spinoso: l’educazione sessuale nelle scuole.

Negli ultimi anni, la materia è stata affidata a progetti frammentari e privi di coordinamento, mai pienamente integrati nei programmi ufficiali. Ora, la proposta prevede che i corsi siano facoltativi, con le famiglie chiamate a esprimere il consenso informato sui contenuti. Una scelta che, secondo  Valentina Petri su La Stampa, rischia di ridurre l’educazione sessuale a un’attività extracurricolare, come “chitarra o clarinetto”, anziché trattarla come una competenza essenziale.

Il contrasto tra facoltatività e obbligatorietà nelle scelte ministeriali

Il Ministero sembra seguire una linea di compromesso, ma perché alcune discipline sono obbligatorie mentre altre, fondamentali per la crescita degli studenti, rimangono soggette al vincolo familiare? L’Europa, del resto, considera l’educazione sessuale obbligatoria nella maggior parte dei Paesi, mentre in Italia continua a essere un tabù.

I rischi di un’educazione affidata al digitale e alle famiglie

Senza un approccio strutturato a scuola, l’educazione sessuale e affettiva rischia di essere affidata a fonti non controllate, come internet, dove i giovani cercano risposte senza filtri. Petri critica l’idea che le famiglie possano sostituirsi alla scuola: “Se l’educazione è una materia, va demandata senza se e senza ma a quella obsoleta istituzione di cui sarebbe opportuno tornare a fidarsi”. La domanda è chiara: perché matematica o storia non sono opzionali, mentre un tema cruciale come la sessualità sì? Una scelta che, secondo l’autrice, riflette la paura di prendere posizioni nette, lasciando i giovani senza strumenti adeguati.

In caso di diniego la scuola deve organizzare attività alternativa

Il provvedimento, introduce l’obbligo del consenso informato da parte dei genitori per ogni attività didattica che affronti il tema della sessualità. Secondo quanto illustrato dal Ministro, ogni iniziativa o lezione su questi argomenti dovrà ottenere il consenso scritto delle famiglie almeno sette giorni prima dello svolgimento. In caso di diniego, la scuola sarà tenuta a proporre agli studenti un’attività formativa alternativa.

La proposta prevede anche maggiori restrizioni per l’ingresso nelle scuole di esperti esterni, associazioni o enti del terzo settore. In questi casi, sarà necessario ottenere l’approvazione del collegio docenti e il via libera del consiglio di istituto, oltre alla definizione preventiva di criteri per la selezione dei soggetti coinvolti.

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