Educazione sessuale a scuola: perché l’Italia è ancora indietro rispetto all’Europa? Galiano: “Di solito si traduce in poche ore con psicologi, che passano inosservate agli studenti”

L’educazione sessuale e alle relazioni nelle scuole italiane rimane un tema irrisolto, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne raccomandi l’introduzione già tra i 3 e i 5 anni.
In cinquant’anni, nessuna delle sedici proposte di legge presentate è mai stata approvata. Eppure, secondo i dati dell’indagine “La scuola degli affetti” realizzata da Coop e Nomisma, quasi 8 genitori su 10 ritengono fondamentale che la scuola promuova programmi strutturati, affidati a figure specializzate. Enrico Galiano, insegnante e scrittore, sottolinea come l’autonomia scolastica permetta solo iniziative sporadiche, spesso inefficaci: “Di solito si traducono in poche ore con psicologi, che passano inosservate agli studenti”.
La necessità di un approccio strutturato e qualificato
L’indagine, parte della campagna “Close the Gap”, rivela che solo 4 italiani su 10 sono soddisfatti dell’educazione ricevuta, soprattutto per quanto riguarda le relazioni di coppia e la prevenzione della violenza di genere. Elisabetta Camussi, docente di Psicologia Sociale all’Università Milano Bicocca, evidenzia l’importanza di un accompagnamento continuo per evitare che certi gesti siano banalizzati come «raptus isolati». Il 23% dei genitori ammette difficoltà nel parlare di questi temi con i figli, preferendo delegare alla scuola. Tuttavia, quando manca un percorso formativo, il ruolo educativo ricade principalmente sulla madre, seguita dal partner e dagli amici, mentre il padre è solo al quarto posto.
Verso un modello europeo: obbligatorietà e formazione precoce
La maggioranza degli italiani (70%) chiede che l’educazione alle relazioni diventi obbligatoria, mentre il 40% delle donne e il 49% degli uomini la vorrebbero introdotta già alle scuole primarie. Intanto, il Ministro Giuseppe Valditara ha inserito nelle Linee guida per l’educazione civica l’obiettivo di promuovere il rispetto di genere, coinvolgendo anche enti e associazioni. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, ribadisce, contattato da Adnkronos, che la scuola può fare rete con il territorio, ma serve un impegno collettivo per combattere violenza e discriminazioni.