Educazione sessuale a scuola, parla Sasso (Lega): “Priorità alle famiglie, in classe si va per imparare italiano e storia, non per assistere a lezioni di sessualità tenute da drag queen”. INTERVISTA

Il deputato della Lega, Rossano Sasso, ai microfoni di Orizzonte Scuola, ribadisce con forza la necessità del consenso preventivo delle famiglie per le attività scolastiche legate all’educazione sessuale.
Sasso chiarisce la sua posizione rispetto ad alcune iniziative europee, definendole senza mezzi termini “nefandezze” e “porcherie”, e sottolinea che il ruolo educativo primario spetta ai genitori, come sancito dall’articolo 30 della Costituzione. Il deputato leghista evidenzia che il governo sta intervenendo sia sul piano legislativo che culturale per contrastare quella che definisce “ideologia gender”, citando la recente approvazione della risoluzione a sua firma e del ddl Valditara. “Nessuno può sostituirsi alle mamme e ai papà“, afferma Sasso, che promette tutela assoluta della libertà educativa delle famiglie.
Sul tema delle attività alternative per gli studenti che non parteciperanno alle lezioni di educazione sessuale, Sasso rassicura che non ci saranno penalizzazioni. “A scuola si va per imparare italiano, matematica, storia, non per assistere a lezioni di sessualità tenute da drag queen”, dichiara il deputato, sottolineando che la scelta delle attività alternative sarà affidata all’autonomia scolastica e alla professionalità dei docenti. Sasso auspica un dibattito parlamentare sereno e condiviso sul disegno di legge, ribadendo che non partecipare a certe lezioni non rappresenta una perdita formativa per gli studenti, ma piuttosto una tutela contro possibili derive ideologiche.
Onorevole Sasso, il governo ha introdotto l’obbligo di acquisire il consenso preventivo dei genitori per le attività scolastiche legate all’educazione sessuale. Lei ha espresso contrarietà rispetto a certe iniziative europee, definendole “indottrinamento” e ha sottolineato più volte l’importanza del ruolo delle famiglie nell’educazione dei figli. Quali ulteriori strumenti o iniziative propone per rafforzare concretamente il dialogo e la collaborazione tra scuola e genitori, soprattutto su temi sensibili come quelli legati alla sessualità?
“Se si riferisce alle linee guida dell’organizzazione mondiale della sanità in materia di educazione sessuale, che nella fascia 0-5 anni prevedono di parlare a bimbi piccoli di masturbazione e genitali, o se si riferisce alle progetto dell’Unione Europea intitolato “dragtivism plus”, in cui si incentiva l’arte delle drag queen e si fa uno stage nei locali gay spagnoli, ci tengo a precisare di non averle definite “indottrinamento”, ma “nefandezze” e “porcherie”, l’ho detto in un intervento alla Camera e lo rivendico. È in atto da anni una serie di tentativi di indottrinamento da parte di docenti ideologizzati e di esperti esterni che appartengono all’area più radicale della comunità lgbt, che sfruttano le aule scolastiche come palco per veicolare la propria visione, la propria ideologia, ma stiamo intervenendo sia sotto il profilo legislativo che culturale per arginare l’ideologia gender nelle scuole. Dopo la risoluzione Sasso approvata a Settembre scorso e dopo l’approvazione del ddl Valditara di qualche giorno fa, ritengo che questo Governo abbia dato un segnale forte alle famiglie: l’educazione dei figli su certi temi spetta prioritariamente a loro e nessuno può pensare di sostituirsi alle mamme ed ai papà. Tuteleremo la libertà di scelta educativa delle famiglie nel rispetto dell’art.30 della Costituzione che stabilisce che è dovere e diritto dei genitori educare i figli. Le famiglie devono poter avere fiducia nella scuola e non ritrovarsi nello zainetto dei propri figli fiabe arcobaleno con coniglietti gay o opuscoli di associazioni trans in cui si spiega il “gioco del rispetto” (…)”
Nel caso in cui i genitori non firmino il consenso, gli studenti dovranno svolgere attività formative alternative. Quali garanzie propone affinché queste attività alternative siano realmente formative e non rappresentino una penalizzazione per gli studenti che non partecipano alle lezioni sulla sessualità?
“A scuola si va per imparare ed apprendere materie come italiano, matematica, storia ecc. non per argomenti legati alla sessualità, soprattutto se parliamo di bimbi di 6 anni. I nostri ragazzi non sanno scrivere in corsivo, fanno errori grammaticali gravi, hanno difficoltà nel ragionamento logico, penso dovremmo concentrarci su questo e non sulla lectio magistralis di qualche drag queen, come è successo in alcune scuole. Sulle attività alternative da eventualmente predisporre, rispetterei l’autonomia scolastica e lascerei decidere alle scuole e al nostro personale docente. Si tratta di un ddl e quindi soggetto alle modifiche parlamentari, auspico un sereno e condiviso dibattito. Non ritengo penalizzante per uno studente non partecipare ad una ipotetica lezione di educazione sessuale, per come la intendono e vorrebbero attuare i miei colleghi di sinistra”.
Il disegno di legge prevede che le scuole possano coinvolgere esclusivamente esperti con requisiti scientifici o accademici per trattare temi delicati come l’educazione sessuale. Secondo lei, questi criteri sono sufficienti per garantire la neutralità e la qualità degli interventi, o ritiene necessario introdurre ulteriori requisiti per evitare possibili derive ideologiche?
“A me basta il consenso informato preventivo e obbligatorio delle famiglie. Negli ultimi anni ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori nelle scuole e il più delle volte le famiglie erano all’oscuro di tali iniziative, spacciate per progetti curricolari ed extracurricolari, quindi avvenute anche con l’utilizzo di risorse pubbliche. Di sicuro non saranno contenti quegli attivisti “esperti” esterni che lucravano grazie a scuole “accondiscendenti”. Da ora in avanti sarà più difficile, se non impossibile, attuare iniziative tese a confondere i nostri figli, a promuovere la confusione sessuale e la decostruzione delle identità, a superare il binarismo sessuale … in prima elementare. Da genitore ancor prima che da politico sono stufo dei tentativi di ipersessualizzare anche la scuola con l’annessa offerta formativa, come se tutto il resto della società non veicolasse già temi come la fluidità di genere, la percezione del proprio genere e via dicendo. La scuola sia scuola e non palestra ideologica”.
Per quanto riguarda i più piccoli, il disegno di legge limita l’educazione sessuale ai temi previsti dai programmi nazionali, come biologia e riproduzione. Ritiene che queste limitazioni siano sufficienti a tutelare i bambini più piccoli o pensa che siano necessarie ulteriori garanzie per evitare quello che lei definisce “propaganda gender”?
“Ritengo che siano sufficienti le indicazioni appena fornite. Confido nella diligenza e professionalità di tutti, ma se a qualcuno dovesse saltare in mente di continuare a propalare a bimbi di 7 anni l’ideologia gender e agendo alle spalle delle famiglie, allora ci troveremmo dinanzi alla violazione di norme e codice deontologico, con le conseguenze del caso.L’autonomia dell’insegnamento è sacrosanta, ma la scuola non è una zona franca dove tutti possono fare tutto, compreso quel docente che mostrò in classe le slide di un gay pride al quale aveva partecipato, con annesse foto volgari, al fine di “educare alle differenze”.
Alcuni esperti temono che ciò possa creare disparità tra studenti, penalizzando chi proviene da famiglie meno aperte o informate. Come risponde a queste preoccupazioni e quali misure suggerisce per evitare che si creino differenze formative tra gli alunni?
“Lo ribadisco, non vedo delle opportunità formative nell’ideologia gender, quindi io non vedo perdite della “chance favorevole” o lacune sotto il profilo educativo per quell’alunno di 7 anni che, tanto per citare un esempio recente, dovesse perdersi la lezione in cui un’attivista trans spiega che si nasce nel corpo sbagliato e ci si può percepire un giorno uomo e un giorno donna. Per me la scuola non è ascensore sociale quando tenta di sostituirsi alle famiglie nell’ambito dell’educazione e su certi temi “sensibili”. Nel libro che ho pubblicato di recente “Il gender esiste – giù le mani dai nostri figli”, documento le farneticazioni di alcuni attivisti arcobaleno con cui profetizzano la massiccia presenza nelle scuole poiché “le mamme ed i papà a loro dire sarebbero “incapaci di educare”. Per loro anche molti docenti sarebbero incapaci di farlo, ed è facile capire il perché: non sono attivisti ideologizzati e fanatici. Più che di differenze formative io parlerei del rischio di indottrinamento, del rischio di confondere le idee e offrire una visione distorsiva che non dovrebbe entrare a scuola”.
Altri esperti sottolineano la necessità di formare adeguatamente gli insegnanti e di dotare ogni scuola di un’equipe antropo-psico-pedagogica per intercettare il disagio giovanile. Ritiene che questa proposta possa essere compatibile con la posizione della Lega e, in caso affermativo, quali iniziative concrete intende sostenere per migliorare la preparazione dei docenti su temi così complessi e delicati?
“Ritengo che i nostri insegnanti abbiano già adeguate competenze di tipo pedagogico. Sul supporto psicologico a scuola non ho nulla in contrario, il disagio giovanile post-covid è un fenomeno complesso e deve essere necessariamente affrontato. La Lega condivide la sacrosanta lotta alle discriminazioni, all’omofobia, al bullismo. La Lega non ci sta quando queste lotte vengono utilizzate come cavallo di troia per promuovere ideologia gender e “teorie queer”.L’ideologia gender non è una mia invenzione, sono anni che è codificata da studiosi e analisti e perfino il compianto Santo Padre Francesco l’aveva definita come un’ideologia del male, perché cancella le differenze tra uomo e donna e quindi cancella l’umanità. E a proposito di teoria queer, siamo arrivati al punto che l’agenda arcobaleno l’ha elevata sotto il profilo accademico. All’università di Sassari infatti c’è un esame denominato proprio “teorie queer”e per superare tale esame si deve studiare su alcuni libri tra cui uno molto ma molto discutibile: Elementi di critica omosessuale di Mario Mieli, in cui si sdogana apertamente il sesso degli adulti con i bambini. Qualcuno ha invocato la libertà della ricerca, io l’ho definita difesa della pedofilia. Sbaglia chi pensa che il pericolo gender si annidi solo tra i più piccoli, le università sono da anni sotto attacco delle frange più estreme della comunità lgbt, ed è nelle università che si formano i professionisti di domani, avvocati, giudici, insegnanti…”