Ed. civica, serve prima ai genitori e poi agli alunni. Lettera

Inviato da Mario Bocola – Prosegue iter parlamentare che introdurrà in tutti i gradi dell’istruzione (dall’infanzia alla superiore) l’insegnamento obbligatorio dell’Educazione Civica, che dovrebbe avere un apporto positivo sul rispetto delle regole e sulle norme di comportamento da tenere a scuola da parte degli alunni.
Tuttavia, considerati gli episodi di violenza tra gli alunni e le minacce e attacchi, anche fisici, nei riguardi dei docenti compiuti da genitori ostili a rispettare le norme della buona e civile educazione, a non essere invadenti, ad accettare la valutazione formulata dagli insegnanti, a punire il proprio figlio (e non il docente) per la nota disciplinare subìta, sarebbe il caso di porre maggiore attenzione a livello educativo più verso i genitori che verso gli alunni.
È il caso, dunque, che le lezioni di educazione civica vengano impartite prima ai genitori e poi agli alunni onde poter avere risvolti ampiamente positivi in campo educativo e comportamentale. Abbiamo, infatti, contezza che vi sono genitori che avallano comportamenti negativi dei propri figli, che non li correggono affatto oppure fanno finta di non vedere le “marachelle” girando lo sguardo altrove.
Una buona scuola di educazione sarebbe fruttifera per entrambi, genitori e figli e porterebbe risvolti positivi soprattutto a scuola. Spesso gli insegnanti nei primi mesi di lezione sono quasi “costretti” a far capire agli alunni come si ci comporta in classe in quanto arrivano alle scuole superiori che non sono addirittura scolarizzati e non conoscono ancora le regole impartite dai regolamenti d’istituto.
Infatti, mentre fino agli anni 80 un insegnante che rimproverava un alunno e riceveva una nota disciplinare, se a casa riferiva ai genitori questi lo rimproveravano intimandogli di non farlo più (davanti al docente!), oggi, invece si verifica l’esatto contrario. Un alunno se torna a casa e riferisce ai genitori che ha ricevuto una nota disciplinare, questi ultimi addossano tutta la colpa al povero insegnante reo quasi di un delitto di lesa maestà per avere rimproverato il proprio figlio. E cosa fanno? Corrono subito a scuola (spesso accompagnati) dall’avvocato per far valere i loro sacrosanti diritti e effettuare una dura reprimenda al docente, alzando a volte anche le mani addosso e dimenticando del tutto che l’insegnante nell’esercizio delle sue funzioni quando è in classe rappresenta lo Stato ed è considerato un pubblico ufficiale.
Spesso questo ruolo del docente, perseguibile penalmente, viene ignorato dalle famiglie che vantano soltanto diritti e pretese sui propri figli, che a scuola devono andarci per compiere un dovere sacrosanto: studiare.