Eccessiva medicalizzazione dei bambini. Lettera

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Inviata da Veronica Coraro – Ho deciso di scrivere come docente e come genitore per denunciare una grave situazione che purtroppo si sta diffondendo nelle scuole e nelle famiglie, ovvero l’eccessiva medicalizzazione dei bambini. Il numero degli alunni con certificazioni di disturbi specifici di apprendimento e di disabilità è molto alto, all’interno di una classe spesso ci sono 2 o 3 insegnanti di sostegno e numerosi educatori.

È evidente che qualcosa non quadra. Di frequente tutto comincia durante i primi anni scolastici, quando un bambino manifesta qualche difficoltà i docenti suggeriscono ai genitori di iniziare un iter di valutazione presso la neuropsichiatria infantile. Purtroppo questo percorso di valutazione si traduce sempre in un percorso diagnostico, ovvero la famiglia riceve inevitabilmente una diagnosi di un certo tipo che condizionerà la vita del proprio figlio. Già solo questo fa capire che qualcosa non funziona, com’è possibile che tutti i bambini valutati dalla neuropsichiatria infantile abbiano tutti dei disturbi permanenti? Gli ospedali e le strutture private sono talmente pieni di richieste che le liste d’attesa sono molto lunghe. Nell’esperienza di tante famiglie succede anche di ricevere diagnosi diverse a seconda dello specialista consultato. Per non parlare dello stress e della sofferenza che vivono i genitori quando si ritrovano a dover affrontare ed eventualmente accettare una diagnosi.

Tuttavia molto spesso i bambini hanno solo delle incertezze, delle difficoltà transitorie che possono superare e non dei disturbi di origine neurobiologica, eppure di fronte a queste difficoltà gli insegnanti corrono ai ripari cercando di ottenere il docente di sostegno in classe, pensando di fare la cosa giusta per lo studente. Probabilmente perché le risorse sono poche e i docenti da soli non riescono a gestire tutte le difficoltà degli studenti, probabilmente perché alcuni insegnanti da questo punto di vista sono fragili o non sufficientemente pronti ad affrontare la complessità delle classi, tuttavia in questo modo si innesca un fenomeno che incrementa ancora di più l’eccessiva medicalizzazione dei bambini già presente nei reparti di neuropsichiatria infantile. E chi ne paga le spese? Proprio i bambini che vengono enormemente danneggiati, che sono condannati a essere etichettati per tutta la vita, a seguire a scuola percorsi individualizzati e facilitati che non permettono loro di sviluppare a pieno le potenzialità che invece potrebbero sviluppare, tutto questo ha delle forti ripercussioni sul loro futuro e sull’intera società. La neuropsichiatria infantile dovrebbe fermarsi a riflettere su questa crescita esponenziale delle diagnosi, domandarsi cosa sta succedendo e prima di arrivare a certe “sentenze” dovrebbe valutare con estrema attenzione il bambino che ha di fronte, che è una persona, non è un robot. Infatti il percorso di sviluppo può cambiare da bambino a bambino, diamo a ciascuno di loro il tempo di evolvere e superare delle eventuali difficoltà, fornendo sì il giusto supporto, ma che non deve tradursi sempre in una certificazione! Purtroppo dietro a questo incremento delle diagnosi c’è anche un business economico, questa situazione è stata denunciata dal professor Michele Zappella, un neuropsichiatra di grandissima competenza che nel suo libro “Bambini con l’etichetta” spiega molto bene quello che sta succedendo. Anche il pedagogista Daniele Novara denuncia l’eccessiva medicalizzazione dei bambini nel suo libro “Non è colpa dei bambini”. Libri che consiglio di leggere a tutti, docenti, genitori e medici.

Io sono davvero molto preoccupata, mi chiedo dove porterà tutto questo? Ci ritroveremo in una società piena di giovani adulti certificati, il cui futuro sarà inevitabilmente condizionato dal disturbo che è stato loro diagnosticato, ma che molto spesso non c’è. Certo è che questa situazione non promuove l’inclusione di cui tanto si parla, anzi rischia di portare a una vera esclusione delle persone a scuola e nella società.

Mi auguro che questa lettera possa essere lo spunto per una profonda riflessione e che possa dare un contributo per rimetterci tutti sulla buona strada, per il bene dell’intera società.

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