E se il Governo avesse preso un abbaglio sulla scuola? Lettera

Inviato da Lucrezia Cataldi – Vorrei partire da una semplice considerazione (la mia formazione giuridica me lo impone).
Due sono le norme costituzionali che più volte, nel corrente anno, sono state richiamate, ribadite e a volte urlate, art. 32 Diritto alla Salute e artt. 33-34 Diritto all’Istruzione.
Orbene, posto che è all’ordine del giorno, la gravità della situazione che stiamo vivendo, che l’Italia dal mese di febbraio c.a. è nel bel mezzo di una pandemia con conseguenze catastrofiche dal punto di vista della salute fisica e mentale dei cittadini, nonchè economiche e sociali, con oltre un milione di soggetti coinvolti, con migliaia e migliaia di morti da nord a sud, con particolare soccombenza della memoria storica del paese, e non solo, visto che le vittime di Covid sono state innumerevoli anche tra persone tra i 40 e i 60 anni!
E ancora, che tutto quanto stiamo vivendo ha stravolto notevolmente l’ordine delle cose, la sua rilevanza nella vita sociale, e calpestato completamente i rapporti umani e familiari, si basti pensare ai morti abbandonati a sé stessi, senza poter ricevere un ultimo saluto dai propri cari, e seppelliti e/o cremati senza neppure un fiore o una benedizione!
Ma tutto ciò, evidentemente non è stato e non è sufficiente, a far capire a chi di competenza che il diritto all’istruzione e quindi a frequentare la scuola diventa secondario a quello alla vita, alla salute mentale, alla dignità e alla famiglia!
È vero la scuola è aperta a tutti, e il diritto all’istruzione è garantito dalla nostra costituzione, ma prima della scuola c’è altro!!!
In situazioni cosi eccezionali e straordinari le priorità mutano e solo adeguandoci alle situazioni contingenti si riesce a salvaguardare ciò che più conta.
Seppure il Governo italiano, nella persona del Ministro dell’Istruzione, nei mesi estivi si sia adoperato per mettere in sicurezza le scuole e garantire agli studenti e ai docenti di ricominciare a settembre nel rispetto delle regole, i fatti e i numeri ad oggi provano che non è bastato! Se anche, nelle aule, gli studenti si sono impegnati con l’ausilio dei docenti e di tutto il personale della scuola al rispetto delle regole, non è stato sufficiente, perché a scuola si va con mezzi pubblici, perché nelle ore di punta, migliaia di persone contestualmente si recano a lavoro e che poi le stesse persone la sera tornano nelle famiglie, con figli, nipoti, genitori e nonni! Senza contare che la stragrande maggioranza dei bambini, quelli che hanno continuato a frequentare la scuola, vivono il virus in maniera asintomatica, trasmettendo così il contagio nelle famiglie senza che nessuno se ne renda conto.
Mi chiedo, quindi, se non sarebbe stato più prudente, in previsione di una seconda ondata del virus, attendere e ponderare, e propendere per decisioni più caute onde evitare successive restrizioni più gravi, con conseguenze catastrofiche sia dal punto di vista delle strutture ospedaliere sature, sia dal punto di vista economico per la chiusura di tante attività commerciali!
Qualcuno potrebbe dire: perché non chiudere altre attività anziché la scuola? Certo le discoteche e i locali notturni in primis, anzi non dovevano proprio essere aperte durante l’estate, ma i ristoranti e i bar quelli no, avrebbero potuto continuare a lavorare nel rispetto delle norme anti-covid dopo essere stati obbligati ai vari adeguamenti!!!
Io credo che stiamo vivendo una situazione simile ad uno stato di guerra, per cui tutto diventa straordinario e in quanto straordinarie le attività didattiche avrebbero dovuto essere sospese completamente così come sono state impedite tante altre situazioni più naturali, come gli incontri in famiglia e tra amici.
A tal ultimo proposito voglio soffermarmi sul DPCM del 3 novembre, relativamente alle disposizioni circa la DID estesa dal 75% al 100% nelle scuole superiori di secondo grado, nonché sulla nota ministeriale esplicativa del 5 novembre, proprio con riferimento alla previsione di garantire la didattica in presenza in alcuni casi.
Si legge nella nota di cui sopra: In materia di inclusione scolastica per tutti i contesti ove si svolga attività in DDI, il citato DPCM, nel richiamare il principio fondamentale della garanzia della frequenza in presenza per gli alunni con disabilità, segna nettamente la necessità che tali attività in presenza realizzino un’inclusione scolastica “effettiva” e non solo formale, volta a “mantenere una relazione educativa che realizzi effettiva inclusione scolastica”. I dirigenti scolastici, unitamente ai docenti delle classi interessate e ai docenti di sostegno, in raccordo con le famiglie, favoriranno la frequenza dell’alunno con disabilità, in coerenza col PEI, nell’ambito del coinvolgimento anche, ove possibile, di un gruppo di allievi della classe di riferimento, che potrà variare nella composizione o rimanere immutato, in modo che sia costantemente assicurata quella relazione interpersonale fondamentale per lo sviluppo di un’inclusione effettiva e proficua, nell’interesse degli studenti e delle studentesse.
Nel richiamare il principio guida del “diritto allo studio garantito a tutti gli alunni della scuola italiana”, la nota interviene su una questione, in questi giorni più volte affrontata, ovvero come garantire condizioni di reale inclusione in questa situazione particolarmente critica e altamente complessa, nel momento in cui si passa dalle attività in presenza a quelle a distanza? In realtà, il Ministero aveva già fornito delle indicazioni nel Piano scuola del 2020-2021, prevedendo, a fronte di una eventuale sospensione delle attività didattiche, la frequenza in presenza, purché in condizioni di reale inclusione, sia degli alunni con disabilità che degli alunni e studenti figli di personale sanitario o di categorie di lavoratori, le cui prestazioni sono essenziali per la popolazione (dm 39/2020); principio ripreso nel dm 89/2020”.
Ci si chiede, quindi, se di fatto ciò accada o se invece nella maggior parte dei casi ci si ritrovi docenti (curricolari e di sostegno e, a volte anche l’educatore) in aule vuote con un solo studente in presenza e tutto il resto della classe a distanza e collegato online.
Ne deduco, pertanto, osservando la realtà, che la ratio della disposizione in questione, il più delle volte, venga disattesa e quel diritto di inclusione tanto agognato non venga garantito!