“È incredibile cosa è capitato a quest’uomo!” Il fenomeno del Clickbait e la necessaria formazione dei nostri studenti
Clickbait (esche da clic) è una sorta di fake news annunciata. Stimola la curiosità attraverso l’iperbole e punta alla paura. I nostri ragazzi (generazione Z) necessitano di un’adeguata formazione che li renda digitalmente saggi (M. Prensky). Il ruolo della scuola anche in tempi di Covid-19
Clickbait una strategia che si basa sulla curiosità e la paura
Clikbait (esche da clic o acchiappa clic) è una sottospecie di fake news che caratterizza il titolo di apertura di un contributo, supportato anche dall’immagine o foto di apertura. E’ finalizzato a far aprire l’articolo, aumentare le visualizzazioni e i conseguenti guadagni, derivanti dalla pubblicità proposta nel sito o nel blog. Per conseguire l’obiettivo deve incuriosire il lettore, fornendo un contenuto vago e ambiguo. In questo modo è facilitato il clic per approfondire o integrare l’informazione che però conduce alla delusione , in quanto l’articolo racconta quasi sempre altro. Per avere una panoramica di questi articoli, è’ sufficiente collegarsi al sito bufale.net e aprire la pagina acchiappaclik. Qui si trovano molti esempi, ognuno dei quali conferma la mancanza di coerenza tra il titolo e il contenuto.
In questi titoli è’ ricorrente l’uso dell’iperbole, sottolineato quasi sempre dal punto esclamativo. Alcuni esempi presi da altri siti: “Non immaginerai mai cosa ha fatto questa donna!”, «Ecco il video che ha commosso il web!», «Incredibile! ecco cosa è stato scoperto!”, «È incredibile cosa è capitato a quest’uomo!”.
Altre volte il titolo è ad alto contenuto emotivo, facendo leva soprattutto sulla paura, sentimento che, grazie alla pandemia, sta colonizzando in modo significativo la nostra esistenza. Questo sentimento cresce con la percezione sempre più significativa della nostra precarietà esistenziale. Il nemico può essere invisibile come il Coronavirus o visibile come l’immigrato. In entrambi i casi è messo in discussione il nostro mondo. Può riguardare tutto il sistema costituito dalle dimensioni religiose, culturali sociali, economiche, o considerare solo la nostra sicurezza sociale ed economica ( la paura del diverso o dell’immigrato).
Il clickbait e il ruolo dei nativi digitali
Più volte ho scritto che la definizione di “nativi digitali” (M. Prensky) attribuita ai nostri ragazzi, non conferma una competenza nell’uso critico e ragionato dei diversi dispositivi. Il concetto rimanda a una condizione temporale. L’ultima conferma proviene dalla ricerca Istat “Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi” (6 aprile 2020) dove si legge che ” Nel 2019, tra gli adolescenti di 14-17 anni che hanno usato internet negli ultimi 3 mesi, due su 3 hanno competenze digitali basse o di base mentre meno di tre su 10 (pari a circa 700 mila ragazzi) si attestano su livelli alti.”
Ulteriore conferma proviene da una voluminoso lavoro di E. Guarnaccia, (Generazione Z) che certifica che i nativi digitali” non hanno mai aperto un personal computer per sostituirne le periferiche o potenziarne le prestazioni…non dispongono di concetti fondamentali che dovrebbero costituire la base minima di conoscenza della tecnologia: ad esempio non sanno distinguere fra le diverse tipologie di connessioni senza fili, non hanno chiaro il concetto dei giga o degli spazi di archiviazione…Prendendo in esame il quadro delle competenze digitali di Europass, ha scoperto come un numero molto ristretto di giovani possa rientrare nella descrizione dell’utente autonomo e, spesso, anche in quella dell’utente base… Come si può immaginare, la lacuna più grave riguarda la sicurezza, conseguenza di un’incauta e disinvolta pubblicazione di dati sensibili e informazioni personali sul web, dell’ignoranza dei protocolli di sicurezza e dei sistemi di protezione, all’uso di password spesso banali e ripetute “
Questo quadro sconfortante si arricchisce della riduzione dei loro tempi di attenzione ridotti a 8 secondi, dell’approccio superficiale alle informazioni che si traduce nel salvataggio del primo contenuto presente nella lista di ricerca e nella prevalenza delle emozioni e dei sentimenti ( le chiamerei piuttosto pulsioni) senza il supporto del corpo, che li porta ad assumere la liquidità come cifra della propria esistenza. Ne consegue la prevalenza della fretta sulla lentezza, dell’irriflessione sulla riflessione, della superficialità sull’approfondimento. Nel nostro caso si traduce nel gesto compulsivo di condividere frettolosamente il titolo clickbait con coetanei e amici oppure di limitarsi a un mi piace (I like), evitando in entrambi casi riflettere sul titolo.
La funzione della scuola sul pensiero riflessivo
In questo vuoto del ragazzo, sostanzialmente esistenziale si può inserire la scuola anche con la didattica a distanza. Indubbiamente questa condizione favorisce la proposizione di contributi con titolo clikbait presenti nel Web, favorendo una riflessione (il pensiero lento, ma profondo) all’interno di percorsi didattici basati sul “Dubita, non credere!” (Valentina Petrini).
In concreto è necessario focalizzare l’attenzione su alcuni elementi: autorevolezza dell’autore, del sito o blog, ricerca nel web di informazioni sull’autore, analisi del titolo per evidenziare gli aspetti iperbolici o eccessivamente emotivi che fanno leva sulla paura…
Solo in questo modo il nativo digitale può raggiungere il grado di saggezza virtuale, ipotizzata da M. Prensky che scrive al riguardo: “Nel futuro, grazie alla tecnologia, i cercatori di saggezza beneficeranno di un accesso istantaneo e prima inimmaginabile a discussioni planetarie, a tutta la storia, a tutto quanto è stato scritto, a enormi archivi di casi e di dati, a simulazioni di esperienze molto realistiche equivalenti ad anni o anche secoli di esperienza reale. Come e quanto essi faranno uso di tali risorse, come le filtreranno alla ricerca di ciò di cui avranno bisogno, e come la tecnologia li aiuterà, avranno un ruolo molto importante nel determinare la saggezza delle loro valutazioni e delle loro decisioni.”