Docenti, troppe incombenze burocratiche e stipendi bassi: la scuola deve cambiare direzione. Lettera

Inviato da Danilo Falsoni – Sempre più frequenti gli interventi di docenti che lamentano il sovraccarico di incombenze fatto gravare sulla scuola, che sembra essere rimasta l’unica agenzia educativa nell’implosione della famiglia tradizionale, con l”evaporazione” graduale ma costante dei ruoli paterni e materni.
Ma alla scuola non possono essere imputate responsabilità di altri: se si vorrà salvare una generazione che rischia di essere perduta – anche per le terrificanti scelte fatte durante la pandemia – e anche quelle future, è necessario che la politica scolastica cambi orientamento: anche quello del ministro Valditara non va, secondo noi, nella giusta direzione, essendo volto a creare una scuola puramente aziendalistica di addestramento contingente al lavoro, trascurando una formazione più ampia sia a livello professionale, in un contesto in cui mestieri e professioni si evolvono continuamente, sia a livello più generale di formazione culturale.
La scuola oggi ha bisogno di una svolta in quattro direzioni:
1. Tornare a fornire “conoscenze” disciplinari criticamente fondate, assimilate e valutate (senza valutazione non c’è apprendimento effettivo), così che possano trasformarsi in più ampie “competenze” di fronte alle contingenze nel mondo lavorativo.
2. Allontanare i genitori – ormai ridotti a improvvidi sindacalisti dei propri figli anche quando commettono nefandezze – dalla scuola nei suoi ruoli decisionali.
3. Decidersi a pagare adeguatamente i docenti, in cambio di una loro costante formazione soprattutto “disciplinare”, e non solo didattico pedagogica: per gli aspetti più strettamente psicologici le scuole dovrebbero comunque fornirsi di psicologi e di un team medico di assistenza.
4. Come sostengono eminenti sociologi e neuropsichiatri – finora sempre inascoltati – non limitarsi a inseguire l’aggiornamento della strumentazione tecnologica, vista come panacea di ogni problema, ma implementare le discipline umanistiche per fornire ai discenti una formazione intellettuale più ampia e completa, che li metta in grado di affrontare anche situazioni lavorative diverse e più complesse, e al contempo una formazione culturale ed etica.
Fuori da queste scelte non vi è che la china dello scadimento qualitativo dell’istruzione, nell’illusoria convinzione che aggiungere discipline trasversali, corsi di educazione sessuale, affettiva, alimentare e chi più ne ha più ne metta, possa contribuire a quella riflessione e maturazione sentimentale e morale che solo discipline umanistiche, adeguatamente insegnate, possono sollecitare nei giovani.