“Docenti, siamo in emergenza genitoriale: le famiglie hanno fallito, non conoscono i propri figli. Immischiatevi, scendiamo in campo”. INTERVISTA a Giovanna Corrao

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Si dice “molto delusa da come vanno le cose nella popolazione giovanile che ci circonda”, ma soprattutto lancia un appello che è anche un pesantissimo j’accuse verso i genitori. “Siete dei falliti, siamo dei falliti, mi ci metto pure io”. La diretta monologo della professoressa Giovanna Corrao di Palermo è un pugno nello stomaco.

I fatti che hanno sconvolto la sua città e con essa l’Italia intera hanno lasciato il segno. Lo stupro vigliacco di una ragazza da parte di sette suoi giovani concittadini ha spinto Giovanna Corrao – insegnante ma anche autrice di progetti teatrali importanti per la loro funzione didattica a scuola e fuori dalla scuola, nei quartieri vulnerabili come lo Zen 2 – a lanciare un accorato appello ai genitori, non lesinando accuse pesanti contro l’inerzia diffusa in tema di educazione dei propri figli. “Capisco che siete stanchi e che avete impegni e preoccupazioni”, ammette. Ma poi inveisce: “Non te l’ha ordinato il medico di mettere al mondo dei figli”.

Un altro appello lo manda ai colleghi insegnanti: “il 13 settembre si avvicina e dobbiamo essere carichi a pallettoni, cioè dobbiamo avere energie da spendere e da dare e non a fondo perduto perché tutte le energie che si spendono per educare il prossimo non sono mai a fondo perduto”. Ma poi torna ai genitori: “Mi corre l’obbligo – spiega nella diretta che invitiamo a rivedere e a risentire per intero e an che a rilanciarla quale strumento utile di riflessione collettiva e quasi di catarsi di fronte a quel che di tanto grave e inaudito è accaduto nei giorni scorsi – di dirvi la verità in faccia perché se non ve la dico io, la verità in faccia, voi non ve la dite, perché siete talmente disabituati alla verità e talmente assuefatti all’ipocrisia che la verità non la vuoi sentire neanche quando te la dice la tua coscienza allo specchio, perché ogni mattina quando ti guardi allo specchio tu te la dici la verità. E’ che te la dici con gli occhi ma non te la dici con la bocca aperta e con le parole. Allora adesso le parole le trovo io: siete un branco di falliti, siamo… mi ci metto pure io. Siamo un branco di falliti, una mandria, non un gruppo sociale perché siamo un gruppo per il quale l’educazione civica, l’educazione alla cittadinanza ormai è diventato un concetto astratto perché nel concreto i vostri figli, i nostri figli, violentano e stuprano le ragazzine. Ecco. E quindi qualche cosa è andato male negli ultimi trenta, quarant’anni per quanto riguarda il nostro progetto genitoriale. Ed è inutile che dite NO, che non riguarda tuo figlio, poiché riguarda pure tuo figlio. Primo perché tuo figlio non lo conosci, è inutile che ti stai offendendo – non lo dico per offenderti, lo dico per aprirti gli occhi perché ormai la violenza… sta anche nel fatto che ci sono molti ragazzi che sono convinti di fare delle bravate, delle ragazzate, di avere la giovinezza nelle proprie mani e quindi in quanto sono giovani possono fare quello che vogliono e allora, siccome siamo in emergenza sociale, l’emergenza sociale non riguarda soltanto il caro benzina o il reddito di cittadinanza che è stato soppresso, l’emergenza sociale riguarda principalmente l’emergenza educativa e quindi siete e siamo un branco di falliti perché se succedono questi episodi, siamo tutti dei falliti. Tu non funzioni come padre, non funzioni come madre, non funzioni come struttura sociale, non funzioni come professore, non funzioni come maestro, non funzionate neanche come nonni…”.

La professoressa Giovanna Corrao insegna Italiano, Storia ed Educazione alla cittadinanza in una secondaria di secondo grado l’istituto “Enrico Medi” di Palermo, quartiere Borgo Nuovo. Una scuola che accoglie millecento alunni impegnati nei vari indirizzi: Servizi culturali e dello spettacolo, Progettazione e produzione per il Made in Italy (design e sartoria), Assistenza sociale, Settore industriale, Manutenzione e assistenza tecnica, Accademia TIEP della Toyota, Settore benessere, acconciatori, estetisti, e operatori sociosanitari. Pur cosciente di una generalizzazione necessaria e ammettendo che esistono tante famiglie pregevoli, accusa i genitori di lasciare soli i figli e di non conoscerli nonché di non essere conosciuti da loro: “Lasciate i vostri figli davanti ai cellulari – tuona – non sapete neanche cos’è un family link, non sapete neanche essere l’intelligence dei vostri figli”. Contesta poi la loro insensata opposizione di una necessaria privacy di cui bambini e adolescenti avrebbero diritto: “Ma quale privacy? – s’inalbera lei – il bambino e l’adolescente la privacy non ce l’hanno. Siamo noi i responsabili dei nostri figli, a casa quando siamo genitori, e a scuola quando siamo collaboratori scolastici, professori e dirigenti scolastici. Siamo noi i tutori dei nostri ragazzi”.

La docente invita i genitori a riflettere sulla reale probabilità che, mentre loro si fanno i selfie o vanno dal parrucchiere, nello stesso tempo non sanno nulla in merito a che cosa facciano i loro figli i quali spesso si comportano male perché comportandosi bene rischiano di passare per sfigati e dunque anche loro si comportano da bulli “perché altrimenti significa che non contano nulla”. Allora “apriteli gli occhi, invece di pensare solo al parrucchiere, massaggi, palestre, selfie, viaggi. Non ve l’ha prescritto il medico di fare figli, state bene anche senza figli visto e considerato che poi non ve ne sapete occupare”. Come fanno dei minorenni a tornare a casa alle 4 del mattino, chiede ai genitori, i quali secondo lei “non si rendono conto che poi tutto questo mal’andazzo lo pagheranno in termini di natura penale e di risarcimento” senza contare che “questi traumi che le vittime subiscono non si cancellano con un colpo di asciugamano bagnata”. E ancora: “Guardateli in faccia i figli, se sono tristi, se sono arrabbiati, se sono nervosi, se portano un brutto vado a casa, parlate tra di voi, parlate con gli insegnanti, parlate con gli amici di famiglia, e soprattutto, quando un figlio o una figlia escono, domandatevi: ma dove stai andando, ma chi c’è in questa comitiva?”

Professoressa, il suo monologo in diretta è diventata virale ed è stato un gran pugno nello stomaco per le famiglie italiane. E’ stata però criticata da qualche insegnante. Come mai?

“Niente di che. Qualcuno avrà evidentemente immaginato che il mio intervento servisse per acchiappare dei like. Insomma, chiacchiere da ombrellone”. 

E invece?

“E invece sono felice che tantissime persone e tantissime famiglie abbiano compreso il mio messaggio, che doveva avere un codice linguistico accessibile alle grandi maggioranze. Non possiamo pretendere che ci ascolti solo un’élite”. 

Diciamo che ha un po’ generalizzato, prendendo di mira tutti i genitori, lei stessa compresa, definendoli dei falliti.

“Ho generalizzato perché l’emergenza è collettiva, la comunità educante è collettiva. È chiaro che ci sono famiglie pregevoli, dove l’educazione attecchisce, e mi pare ovvio che sia così. Però tutti noi siamo chiamati a non girarci dall’altra parte, anzi dobbiamo aiutare chi è meno fortunato”. 

C’è un problema genitoriale così grave?

“I genitori spesso non conoscono l’alterità dei figli, che assumono atteggiamenti da bulli per sembrare grandi, per non apparire sfigati. Quindi anziché mostrare senso di reciprocità mostrano senso di prevaricazione”. 

Ma non è sempre stato così? Cos’è cambiato nel tempo?

“Rispetto a tanti anni fa è cambiato il modo di accedere alle informazioni. C’è una tale mole di informazioni che fagocitano i ragazzi che non hanno, per l’età, la capacità di discernere, perché sono piccoli. Però loro non lo vogliono neppure detto – che sono piccoli – perché disdegnano la propria giovane età”.

Disdegnano la propria giovane età e sono al contempo vittime di un’emergenza educativa

“C’è una grande povertà in tema di educazione alle emozioni, di educazione sentimentale. Questa è una cosa tristissima. Lo noto in classe e lo osservo in generale. Ma io dico: non ti rendi conto di quel che stai facendo, quando stai facendo del male a qualcuno, davvero non comprendi che ti devi fermare? Io non ci credo che un essere umano non si renda conto quando una cosa è malvagia e quando no. Come quando trascina un cane per strada per ucciderlo: ma cosa stai facendo?” 

C’è intanto una povera ragazza stuprata, che non guarirà facilmente, forse non guarirà più.

“Come possiamo accettare che un essere umano stia soffrendo in una maniera tanto ignobile? Viene da sé che poi una persona si faccia delle domande: da dove provieni? Nessuno ti ha insegnato che certe cose non si fanno? È pur vero che anche nelle migliori famiglie può succedere. Molti sostengono che se un figlio cresce bene è fortuna”.

E’ fortuna?

“Non è vero, non è fortuna. Altrimenti tutta la pedagogia dovrebbe andare al macero. Se noi confidiamo nel caso, allora la pedagogia dovremmo sotterrarla. Ma non è così. Non l’ha ordinato il medico di mettere al mondo dei figli. Sarebbe grave se una persona non si rendesse conto che mettendo al mondo un figlio si assumerebbe un onere. Un figlio è una risorsa. Invece vediamo quello che succede in giro”.

Lei ha figli?

“Ho una figlia di 14 anni e mi preoccupo molto, non voglio ossessionarla, ma di certo devo starle vicina”. 

Lei è un’insegnante che ama i propri alunni e il proprio lavoro. I ragazzi coinvolti nella triste vicenda avranno conosciuto la scuola. Cosa non ha funzionato?

“Non so che tipo di scuola abbiano fatto questi ragazzi, però se veramente la gente studia impara l’importanza della parola. Gli studi umanistici significano amore, rispetto reciproco, senso della dignità reciproca, slancio altruistico. In classe lavoro molto sulla figura di Prometeo. Tutto il nostro lavoro è finalizzato a che il ragazzo e la ragazza siano inseriti non come numeri ma come una parte importante della comunità educante, e questo lavoro devi saperlo fare. E’ un compito che appartiene alla scuola ma compete anche ai catechisti, agli amici, ai nonni, agli assistenti sociali, altrimenti ci si riempie la bocca e finisce lì. La comunità educante non dev’essere una stanza vuota, dev’essere una stanza piena. Piena di elementi ed esperti attivi. Anche un genitore lo può essere ma lo deve voler fare. Anche il docente lo deve voler fare. Io dico: fidatevi dei docenti, fidatevi di noi, siamo alleati, non siamo nemici delle famiglie”.

Lei dice: immischiatevi

“Sì. Immischiatevi, scendete in campo. Chiedete ai figli: perché sei triste? Se tuo figlio è triste e chino sul cellulare vuol dire che ha un disagio e tu non lo sai. Ma io capisco le difficoltà di tante famiglie. Sono alle prese con problemi di lavoro e con le scadenze, è difficile vivere tra tante difficoltà. Ma non te lo ha prescritto il medico di fare dei figli. Alcuni genitori non sanno neppure che cosa siano i dispositivi da usare per controllare i figli mentre navigano in rete, ci sono situazioni spinose, il ragazzo è immaturo e se si conoscessero questi dispositivi tante di quelle situazioni si potrebbero evitare. Noi docenti li osserviamo molto i ragazzi ,perché ci fa dovere. Il professore non è in classe per rimproverare ma per correggere, verrà il momento in cui non ti correggerò più perché sarai in grado di camminare con le tue gambe”

Nel suo intervento ha invitato i ragazzi e le ragazze che avessero dei problemi, dei quali non dovessero riuscire a parlare con i propri genitori, di chiamarla, di telefonarle anche di notte…”

“Qualcuno mi ha detto che le comunicazioni devono avvenire per via istituzionale. Ma io non mi giro dall’altra parte. Certo, mi deve guidare il buon senso e anche il senso della misura. È chiaro che ci sono degli elementi che devono guidare il nostro comportamento”.

E il 13 settembre carichi a pallettoni…

“Era una frase goliardica per dire: cari colleghi, dobbiamo arrivare a scuola belli svegli. Un monito nei confronti della classe lavorativa che oggi necessita di tanto impegno e di tanta pazienza. Era un augurio. La comunità educante deve rimboccarsi le maniche perché queste cose non si ripetano. C’è una disumanizzazione della sessualità, sembra che i ragazzi siano un prodotto di consumo e non se ne rendono conto. I nostri ragazzi e le nostre ragazze sono belli e intelligenti, purtroppo tante volte il comportamento fa difetto”. 

Lei è protagonista di progetti teatrali nella scuola e fuori dalla scuola. Il suo stesso intervento è animato da un’efficace presenza scenica teatrale che le ha consentito di bucare lo schermo. E’ utile i teatro a scuola? E’ utile ai nostri studenti?

“Assolutamente sì. Vengono fuori delle potenzialità che lo studente non conosce, che non sa di possedere, e così assume consapevolezza e trova gioia ed entusiasmo verso la vita”.

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