Docenti preparati e compagni fanno da tutor. Ferdinando, 11 anni, con autismo grave, e il suo percorso scolastico “eccezionale”
“La nostra esperienza nei primi due anni di scuola dell’infanzia non è stata per niente positiva, eravamo in fase di accertamento diagnostico. C’era un autismo molto evidente e grave. Mio figlio ha una disabilità gravissima, ha un livello di autismo 3, quindi tantissime ossessioni, rigidità, fin da piccolissimo. Soprattutto non è verbale, il che complica le cose. Nonostante ciò, l’ultimo anno di scuola dell’infanzia, tra varie cose Ferdinando ha frequentato poco, ha avuto un insegnante di sostegno formata adeguatamente per seguire bambini con autismo e un assistente all’autonomia formata nel metodo ABA.
Quest’ultimo anno è stato un ponte per la primaria, che ha consentito vista la continuità data dall’assistente, di iniziare un percorso eccezionale, dato dalla grande professionalità dell’insegnante di sostegno e degli insegnanti curriculari – racconta al nostro giornale Linda Siragusa, la mamma di Ferdinando Cangemi, 11 anni, bambino con un autismo grave, da Caccamo, nel palermitano. Hanno fatto sì che, fin dal primo giorno di scuola, in classe ci fossero dei momenti che i compagni potessero dedicare a Ferdinando. Nei cinque anni hanno organizzato dei turni per i bambini, in modo che ciascuno diventasse il tutor del compagno autistico. L’insegnante e l’assistente all’autonomia davano loro indicazioni su come interagire. Nei primi due anni della primaria Ferdinando utilizzava ancora i segni per comunicare i suoi bisogni primari: tutti i suoi compagni li hanno imparati.
Prima che l’insegnante rispondesse, i bambini erano pronti ad assecondare i bisogni di Ferdinando. Hanno anche fatto in modo di non essere troppo presenti e far sì che Ferdinando diventasse autonomo. Questi bambini hanno creato quello che spesso si dice sia impossibile da attuare con un bambino autistico: l’inclusione. Un’inclusione che gli insegnanti hanno portato come modello in altre classi parallele. A Caccamo, dove viviamo, un piccolo paese in provincia di Palermo, il numero dei bambini autistici nelle scuole è molto alto, con le classi parallele, purtroppo si faceva il paragone.
Durante il lockdown, Ferdinando era alla primaria, abbiamo fatto i primi quattro mesi di scuola, la didattica a distanza non è stata semplice, era difficile per gli altri bambini, figuriamoci per noi, ma anche lì la scuola ha permesso, anche se da remoto, la presenza dell’assistente che ha creato delle attività di gioco con gli altri compagni. Per Ferdinando è stato un percorso bello.
A settembre avremo il passaggio alle medie, cercheremo di portare lì, il modello vissuto negli anni precedenti, in questo nuovo percorso scolastico; la scuola fa parte dello stesso istituto, quindi non penso ci saranno difficoltà.”
In queste settimane si è trattato del DL Scuola, che include delle misure sul sostegno. Cosa ne pensa della possibilità per le famiglie di decidere sulla continuità del docente per il proprio figlio?
“Dipende da come le famiglie vivono l’autismo. Sono un genitore e non dovrei dire certe cose, però la scuola a volte diventa un parcheggio. Ci sono genitori che hanno difficoltà in primis ad accettare la condizione del proprio figlio, poi nella gestione, quindi tenere il proprio figlio in un tempo prolungato a scuola, anche con il rientro pomeridiano, rappresenta per loro, un’opportunità. Io sono per la libertà di scelta, ma anche per la libertà di scelta terapeutica, sempre guardando al bisogno primario del bambino e non a quello che i genitori vorrebbero. Non sempre confermare questa figura può essere positivo.
Penso che bisogna garantire anche i diritti dei lavoratori, noi genitori guardiamo soltanto il nostro punto di vista, ma un insegnante di ruolo che lavora in maniera eccellente per tanti anni, non essere chiamato a settembre per essere sostituito da una persona che non è neanche formata, che è inserita nelle graduatorie senza titolo, non è bello. Ci vuole equilibrio, bisogna mettere sulla bilancia entrambe le cose, sia il percorso scolastico che i diritti dei lavoratori. Può capitare di trovare dei docenti con tantissimi titoli e formazione, che non abbia però empatia nè carisma necessari per interagire con questi bambini.
Il decreto dovrebbe andare a intervenire sulla formazione. Il TFA ti dà un’idea generale sulla disabilità, facendo un’analisi di quanti sono i ragazzi con disabilità intellettiva o con autismo nelle scuole, che sono in percentuale molto più alta rispetto ad altre disabilità, ci si rende conto che la formazione del TFA non sempre è sufficiente. Chi ha voglia e desiderio di andare a lavorare bene con questi bambini o ragazzi, poi va a farsi degli altri corsi di formazione che consentono di avere una formazione su altri aspetti che il TFA non dà. A mio avviso bisognerebbe andare a lavorare su questi aspetti, su una formazione più adeguata rispetto a quella che è poi la realtà delle scuole italiane.”
Una formazione sulle singole disabilità è necessaria, ma è al tempo stesso difficile da attuare. Non crede?
“Secondo me non è difficile. In Sicilia, ad esempio, tramite l’Asacom abbiamo delle cose positive ma anche negative perché non c’è un regolamento unico: è il singolo comune che ha un regolamento proprio, che gestisce i requisiti per poter essere inseriti in questo albo degli operatori. Le cooperative che si accreditano, gli operatori devono avere determinati requisiti. Si vanno a richiedere in base alle disabilità, determinate competenze. Non ha senso avere aver fatto tantissimi corsi in quell’ambito se poi in una scuola dove ci sono 15 bambini con disabilità, 12 sono autistici e gli altri 3 hanno una disabilità motoria o di altro tipo e quindi non me ne faccio niente. Se non ho idea di come andare a lavorare con questi bambini non ha senso, ecco perché poi entra in gioco la libertà di scelta dei genitori, io da quell’albo vado ad attingere quelle persone che hanno quella formazione specifica e lo stesso si potrebbe fare sulla scuola. Il TFA dovrebbe prevedere tra i vari moduli del percorso formativo qualcosa di più specifico, magari andandosi a ricollegare alle linee guida dell’Istituto della Sanità, che sta dando delle indicazioni specifiche anche dal punto di vista riabilitativo. Attualmente la terapia cognitivo-comportamentale è quella che sembra dare più riscontro e quindi fare in modo che ci sia all’interno del TFA un modulo specifico che ti da l’Abc, è già tanto. Essere pienamente formati sulla terapia comportamentale non è semplice, si richiede una formazione particolare, quantomeno dare l’Abc secondo me è necessario e non è difficile da attuare.”
Sul percorso universitario e l’inserimento lavorativo, cosa ci dice?
“L’inserimento lavorativo o il percorso universitario sono due aspetti complicati, è necessario andare a lavorare tanto su questi aspetti. Per lavorare questi ragazzi hanno bisogno costantemente di un tutor, come se fosse un insegnante di sostegno. Il problema è capire su chi ricade la competenza di questo tutor: è una persona che deve essere retribuita. Si vede la serenità e la gioia di questi ragazzi, che lavorano, ne conosco diversi, nel momento in cui si sentono, tra virgolette, ‘importanti’. Non si ritrovano da soli a casa sul divano a giocare col tablet, col pc, che poi è quello che fa l’80% di questi ragazzi finita la scuola.”
Per i più piccoli è ancora facile incontrarsi fuori dal contesto scolastico perché ci sono il catechismo, le attività sportive, altre opportunità; per i grandi è un po’ diverso, riuscire a socializzare in un mondo dove esistono soltanto i social, rende il tutto molto complicato, i nostri ragazzi sono un po’ un fastidio per i loro coetanei. Io sono molto diretta in queste cose, mi rendo conto che diversi ragazzi oggi hanno spesso difficoltà a relazionarsi, figuriamoci un ragazzo autistico, è molto complicato. Per i ragazzi più grandi ci sono i campus estivi dove fanno tante attività, stanno insieme ad altri ragazzi con disabilità, ma non c’è inclusione. Chi è questo ragazzo a vent’anni che decide di fare un mese di campus insieme a dei ragazzi con disabilità? Non è semplice trovarli.”
Come si vive la disabilità in un piccolo centro della Sicilia?
“A Caccamo, dove viviamo, conoscendoci tutti è più facile inserirsi e avere delle opportunità, ci sono esempi di altri ragazzi con disabilità intellettiva che vivono anche da soli o in strutture che sono presenti qui nel nostro paese e che tranquillamente sono in giro, tutti li conoscono e quasi se ne prendono cura. Nel fare crescere mio figlio qui, ho guardato agli aspetti positivi e negativi e il vivere in un piccolo contesto dove già tutti lo conoscono potrebbe aiutarlo di più anche dopo. Dal punto di vista sociale è meglio la piccola realtà, lui a scuola lo conoscono tutti. Il 3 dicembre, nella giornata internazionale della disabilità, nonostante non fosse la giornata specifica dell’autismo, Ferdinando girava per tutte le classi insieme ai compagni che a turno lo accompagnavano, spiegando a tutte le classi della scuola l’importanza di quella giornata e del prendersi cura del loro compagno diverso. In questi cinque anni, i suoi compagni sono cresciuti insieme a lui.
Ogni anno i suoi compagni hanno scritto un piccolo tema, delle frasi, e ho visto in questi anni, perché abbiamo conservato tutto, il pensiero che negli anni hanno avuto di Ferdinando, come hanno imparato a conoscerlo, conoscono tutto di lui. Conserveremo gelosamente questi pensieri, è come se avessero scritto un libro sul loro compagno, che andava crescendo di anno in anno, è stato molto bello.”
Come lo descrivono Ferdinando?
“Coccolone, lui ha una montagna di capelli ricci, buono, affettuoso, divertente. A lui piace molto ballare, spesso durante l’ora di ricreazione mettevano la musica, facevano dei giochi, ballavano tutti insieme, qualcuno di loro ha detto che in uno di questi temi hanno scritto che “non troveranno mai un miglior amico come lui”, perché sanno che Ferdinando se li abbracciava lo faceva con tutto il cuore, non era un abbraccio di circostanza, di quelle amicizie che nel tempo poi passano, invece l’abbraccio di Ferdinando è un abbraccio vero, è un voler bene che durerà sempre, lui è buono, lo hanno sempre descritto così.”