Docenti motivati a insegnare dalla passione e non dagli stipendi (bassi)
Che cosa motiva veramente un insegnante, così che i suoi alunni ne percepiscano l’entusiasmo per il lavoro che fa?
A porsi questa domanda è stato il sito Il Sussidiario. Un articolo scritto da Cinzia Billa cerca di tracciare un filo conduttore fra le interpretazioni che vengono associate ad alcuni dati statistici e che a ben guardare sono invece in contraddizione.
In questo caso il dato preso in considerazione è quello dello stipendio degli insegnanti. Ora, è oggettivamente vero che la busta paga dei docenti italiani è più leggera di quella dei loro colleghi di altri paesi, ma come fa notare l’autrice dell’articolo, lo scarso entusiasmo registrato dagli studenti quindicenni nell’indagine Ocse-Pisa non può essere legato alla retribuzione bassa e al precariato come ipotizzato da un quotidiano.
Non è comprensibile infatti come mai i docenti tedeschi che guadagnano il doppio risultino addirittura meno motivati rispetto agli italiani; altrettanto inspiegabile (sotto il profilo economico salariale) che quelli più motivati siano – sempre agli occhi degli studenti – i docenti del Kosovo e dell’Albania.
L’articolo del Sussidiario non intende smentire o smontare la correttezza di quanto riportato dal quotidiano, ma vuole andare oltre. Ed è per questo che cerca di fare un’altra analisi per capire ancora meglio che cosa motivi veramente un insegnante “così che i suoi alunni ne percepiscano l’entusiasmo per il lavoro che fa“.
Anche il gap generazionale più corto fra docenti e alunni non pare essere la chiave di lettura corretta fino in fondo nella maggiore motivazione di chi sale in cattedra. L’unica risposta che l’articolo di Cinzia Billa riesce a individuare come maggiormente “logica” consiste nel piacere dell’insegnamento che il docente riesce a trasmettere al discente; quando cioè riscopre continuamente assieme ai suoi alunni la materia che insegna.
Billa scrive testualmente: “Quando un insegnante appare motivato ai suoi studenti? Quando ha il gusto di riscoprire la propria materia con loro fino al punto di sfidarli dentro un lavoro di studio e scoperta, per una stima verso di loro e il loro destino. Appare motivato l’insegnante che non molla lo studente, che le studia tutte, che al suono della campana non scappa, che a ricreazione alza gli occhi dal registro per chiedere a un giovane come sta, che lo rimprovera e l’attimo dopo si riparte. Che non gli mette 7 o 4 senza dirgli perché. Appare motivato l’insegnante che non ha la preoccupazione di apparire motivato, ma che è “preso” da qualcosa (la materia) e da qualcuno (l’alunno, il suo bene), anche a costo di essere talvolta poco empatico“.