Docenti in età pensionabile, mantenerli in servizio comporta per la scuola accusa di danno erariale. Sentenza

Una interessante sentenza della Corte dei Conti sezione d’Appello, la numero 296 del 2017 affronta un caso che riguarda il trattenimento in servizio di un docente che ha superato il periodo di comporto esponendo alcuni principi di diritto importanti che attengono alla sfera scolastica.
In fatto
Il Collegio è stato chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità del Dirigente scolastico per il danno causato alle finanze pubbliche in conseguenza dell’avvenuto superamento, da parte di una docente, del termine massimo di comporto, con illegittimo trattenimento in servizio.
La ricorrente eccepiva tra i vari punti di non aver avuto conoscenza “della complessa e travagliata carriera scolastica” della docente in questione in quanto il fascicolo personale della docente non era pervenuto dalla scuola di provenienza benché inutilmente richiesto e sollecitato più volte, precisando altresì di aver adibito l’insegnante a mansioni di bibliotecaria poiché la stessa era già stata dispensata dalla docenza.
Col altro motivo l’appellante lamentava l’errata applicazione degli art. 69 e 70 del DPR 3/57 che nel prevedere il periodo massimo di comporto, non sanciva però alcun obbligo del datore di lavoro di risolvere il rapporto di lavoro alla scadenza del termine. L’assenza di un obbligo di tal fatta avrebbe privato di antigiuridicità la condotta omissiva ascritta al dirigente scolastico e, quindi, la sua responsabilità sarebbe venuta meno.
Il non accorgersi del mancato superamento del periodo di comporto espone a danno erariale
L’appellante ha lamentato tra i vari punti l’errata applicazione degli artt. 69 e 70 del DPR n. 3/57 che, nel prevedere il periodo massimo di comporto, non sanciscono però alcun obbligo del datore di lavoro di risolvere il rapporto di lavoro alla scadenza del termine. L’assenza di un obbligo di tal fatta avrebbe privato di antigiuridicità la condotta omissiva ascritta al dirigente scolastico e, quindi, la sua responsabilità sarebbe venuta meno.
Ha Osservato il Collegio che il predetto motivo d’appello è stato disatteso dal giudice di prime cure con motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici. Ed invero, “ai fini della configurazione della responsabilità amministrativa del convenuto non assume, infatti, rilevanza l’assenza di specifico obbligo di risoluzione del contratto al superamento del termine massimo di comporto, quanto invece che al momento in cui tale superamento si é concretizzato, il colpevole atteggiamento inerte ha impedito anche l’esercizio di questa valutazione con la conseguenza che la docente avrebbe dovuto e o potuto lasciare il servizio sin dal 2004 e invece ha continuato a restare in servizio.
La mancata valutazione di tutte le sue domande di assenza dal servizio é la causa principale dell’evento dannoso”. E’ evidente pertanto, che il contegno omissivo consistente nel non essersi accorto dell’avvenuto superamento del comporto ha impedito al Preside di assumere ogni decisione relativa al mantenimento o meno in servizio della docente e, conseguentemente, la possibilità di risolvere il rapporto di lavoro già nel periodo di riferimento. Conseguentemente, come affermato nell’impugnata sentenza, se le plurime domande di aspettativa fossero state diligentemente e puntualmente vagliate, sarebbe stato verosimilmente possibile – alla scadenza del termine massimo di comporto – l’esercizio del potere discrezionale di scelta se mantenere o risolvere il rapporto di lavoro con l’insegnante.
E’ per tale ragione, del resto, che l’art. 69 (Aspettativa per motivi di famiglia), comma 2, del DPR 3/57 prevede espressamente che “L’amministrazione deve provvedere sulla domanda entro un mese ed ha facoltà, per ragioni di servizio da enunciarsi nel provvedimento, di respingere la domanda, di ritardarne raccoglimento e di ridurre la durata dell’aspettativa richiesta”.