Docenti immobilizzati, fuori provincia anche da più di dieci anni. Franco: “Chiediamo ascolto al nuovo Ministro” [INTERVISTA]

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L’universo dei docenti è vasto e diversificato. Oggi diamo voce al Coordinamento Nazionale dei docenti immobilizzati intervistando la docente Ylenia Franco.

Professoressa Franco, lei fa parte di un Coordinamento, quello dei Docenti Immobilizzati, che ha delle rivendicazioni ben precise, quali?

Innanzitutto, mi permetta di chiarire che il Coordinamento raccoglie tutti quei docenti, anche ultra cinquantenni e sessantenni, che, entrati di ruolo 10, 15, 20 anni fa, quando la legislazione scolastica era diversamente articolata, sono rimasti bloccati fuori regione e provincia, senza la possibilità di tornare a lavorare nei pressi della loro residenza, perché le loro domande di trasferimento interprovinciale restano costantemente insoddisfatte. Le nostre richieste quindi sono semplici: garantire, con provvedimenti di legge ad hoc, il rientro di questi docenti che hanno espletato tutti i vincoli esistenti ed hanno il diritto di poter avere l’ottimizzazione della sede prima che la si occupi dalle nuove nomine, esattamente come avviene nella mobilità provinciale ed in tutto il pubblico impiego. Inoltre, con il protrarsi dello stato di emergenza sanitaria risulta ancor più evidente la necessità di porre una soluzione al fenomeno dei docenti immobilizzati, in continuo aumento, e in tal senso abbiamo proposto un decreto d’urgenza, a tutela della salute e dell’incolumità individuale e collettiva, in contesto di emergenza sanitaria, per il personale della scuola assunto a tempo indeterminato ma in condizione di titolarità fuori provincia e/o regione di residenza. Sono 90000 i docenti che ogni anno producono istanza di mobilità territoriale: 90000 famiglie spaccate! Abbiamo anche chiesto alle forze dell’ex Maggioranza la rimodulazione delle aliquote della mobilità interprovinciale ma se da un lato si son mostrati accoglienti dall’altro non hanno restituito concretezza al dialogo avuto.

Perché siete definiti “scomodi”?

“Non so chi ci definisca tali, probabilmente rappresentiamo una ‘patata bollente’, perché di fatto le nostre rivendicazioni si basano su presupposti giuridici legalmente riconosciuti: art. 470 del D. Lgs 297/1994, l’art. 30 c. 1 della D. Lgs. 165/2001, la Circolare 8/2008 emanata dal Presidenza del Consiglio – Dipartimento Funzione Pubblica, ecc. e nonostante tutte queste leggi in nostro favore, non c’è la volontà politica e sindacale di farci tornare a casa. Voglio precisare che la nostra mobilità straordinaria sarebbe a costo zero, non toglierebbe posti a nessuno anzi garantirebbe la stessa aliquota alle assunzioni e non una ripartizione dei posti con la mobilità come avviene ora con l’attuale distribuzione del 50% alle nuove immissioni e il 50% alla mobilità. Quando noi parliamo di mobilità al 100% dei posti ci riferiamo al superamento delle aliquote che garantirebbe la totalità dei posti ad entrambe le procedure: mobilità ed assunzioni”.

Dall’esterno si nota un certo scollamento tra le varie anime dei docenti. Perché non si mettono da parte i dissapori e si lavora tutti insieme per le proprie rivendicazioni?

“È quello che piacerebbe sapere anche a noi! Noi partiamo da un presupposto fondamentale nella scuola, ma anche nella società: la meritocrazia. Probabilmente lo ‘scollamento’ è dovuto al fatto che negli ultimi anni sono state fatte tante e diverse riforme, che hanno creato tante diverse esigenze. È questo che vorremmo far capire ai piani alti: se non si risolvono questi nodi pregressi, la situazione può solo peggiorare. Già quest’anno è stato evidente il fallimento delle GPS e della call veloce. Alcuni hanno attribuito il fallimento al vincolo quinquennale ma la realtà è che gli aspiranti docenti non vogliono rischiare di finire come noi, ‘immobilizzati’, per decenni lontano dalle proprie famiglie a causa di un’aliquota irrisoria del 25% dei posti che non garantirebbe il trasferimento interprovinciale nemmeno dopo aver adempito i vincoli di permanenza. Auspichiamo che si protenda per soluzioni fattibili e concrete (per semplificare ad esempio sbloccare il comma 69 dell’art. 1 della 107/2015, che di fatto non permette l’ampliamento dell’organico di diritto) così da avviarci verso una normalizzazione di tale situazione”.

Come giudica l’esperienza di Lucia Azzolina a Viale Trastevere. Cosa si può salvare del suo operato?

“Questa è una domanda alla quale rispondo con una domanda: i ministri che si sono avvicendati sulla poltrona del Ministero dell’Istruzione, compresa la Ministra Azzolina, con le loro varie sfumature politiche hanno negli anni risolto i veri problemi della scuola o questi problemi sono aumentati diventando pesanti come dei macigni sulle spalle di moltissimi dipendenti del medesimo Ministero, compresi noi docenti immobilizzati?”

Cosa chiede al nuovo Ministro dell’Istruzione?

“Di ascoltare i docenti: la prossima volta che si formerà un tavolo tecnico facciamo partecipare chi la scuola la vive e la fa ogni giorno”.

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