Docenti e Ata penalizzati tutti i mesi dalle trattenute Enam e Tfr: le petizioni Anief per cancellare delle ingiustizie lavorative non più sopportabili

Continua la battaglia dell’Anief contro le trattenute stipendiali immotivate e i trattamenti lavorativi discriminanti: parallelamente all’attività sindacale e in sede legislativa, il giovane sindacato ha attivato tre diverse petizioni pubbliche per chiedere all’opinione pubblica se certe ingiustizie sono ancora tollerabili oppure occorre chiedere ai nostri governanti di mettervi mano.
La prima petizione riguarda l’ENAM, l’ente di assistenza magistrale per la scuola primaria e dell’infanzia, il cui posto, dopo l’avvenuta soppressione, è stato preso dall’INPDAP, poi inglobata dall’INPS: i passaggi da un ente all’altro, con tanto di soppressioni, non hanno però mai fatto superare la trattenuta obbligatoria ENAM, che risale ad un decreto del 1947 e che preleva l’1% dell’80% dello stipendio di tutto il personale della scuola Primaria e dell’Infanzia. La domanda che oggi pone l’Anief è semplice: come si fa a mantenere in vita una trattenuta stipendiale dopo 80 anni senza che nessuno abbia mai rilevato la sua ormai totale infondatezza rispetto allo scopo iniziale?
“Con la petizione cancella Enam – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – vogliamo sollecitare il Parlamento a rendere facoltativa questa trattenuta legata a fini solidaristici e scelte personali che devono essere prese liberamente dal personale scolastico della scuola primaria e dell’infanzia. Perché dobbiamo continuare ad appesantire lo stipendio dei docenti della scuola dell’infanzia e della primaria, già di per sé ridotto ai minimi termini e ingiustamente differenziato da quello dei colleghi della secondaria, con una tassa dell’immediato dopoguerra che non ha più motivo di esistere?”.
La seconda petizione Anief, invece, intende cancellare la trattenuta stipendiale del 2,5% TFR introdotta per via legislativa per tutti i lavoratori neo-assunti a partire dall’anno 2001: una trattenuta, anche questa discriminante, che invece non devono subire gli altri lavoratori del pubblico impiego e nemmeno coloro che lavorano nel comparto privato. Questa seconda petizione nazionale on line, dunque, intende garantire la parità di trattamento tra tutti i lavoratori, poiché quelli della scuola non possono essere ancora una volta considerati figli di un dio minore. Il giovane sindacato, inoltre, rammenta che sulla questione del TFR 2,5% applicato ai neo-assunti degli ultimi 25 anni, la Corte costituzionale con la sentenza n. 213 del 2018 ha detto in modo chiaro che per “salvaguardare la parità di trattamento contrattuale e retributivo, nel perimetro tracciato dalla contrattazione collettiva e dalla necessaria verifica della compatibilità con le risorse disponibili. Tale principio di parità di trattamento si pone a ineludibile presidio dello stesso diritto a una retribuzione sufficiente e proporzionata”.
“Con la trattenuta stipendiale del 2,5% TFR – ribadisce anche Marcello Pacifico – si continuano a penalizzare centinaia di migliaia di lavoratori pubblici, come se fossero di serie B, come ha già anche detto la Corte Costituzionale con la sentenza n. 213/2018: i neo-assunti del pubblico impiego sono tutti uguali. Inoltre, vale la pena ricordare che la privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, la legge n. 448/1998, demanda a un DPCM la definizione della struttura retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici che passano a partire dai neo-assunti dal 1° gennaio 2001 dalla vecchia liquidazione – quindi dal precedente regime del TFS (trattamento di fine servizio) con aliquota maggiore e trattenuta del 2,5% o dell’IBU (indennità di buona uscita) – al regime del TFR (trattamento di fine rapporto) con aliquota del 9,41 e trattenuta del 2,5% su 80% dello stipendio, non previsto per i lavoratori privati dall’art. 2120 del Codice civile. Infine, ricordo anche che i dipendenti degli Enti pubblici non economici alla cessazione del rapporto di lavoro hanno diritto a una indennità di anzianità (IA) a totale carico dell’Ente datore di lavoro e disciplinata dalla legge n. 70 del 1975”.
C’è anche una terza petizione Anief, con cui il sindacato vuole fare riconoscere al personale docente e scolastico, a tutto il personale del comparto istruzione e ricerca, la finestra per la pensione di limite anagrafico a 60 anni già prevista per il personale delle forze militari (d.lgs. 66/2010) e di polizia (d.lgs. 334/2000): chi lavora in questi comporti pubblici, infatti, ha facoltà di rimanere in servizio anche con compiti di tutoraggio e orientamento per i neo-assunti, con incentivi, fino a 67 anni, ma anche di propendere per il pensionamento senza decurtazioni nell’assegno di quiescenza. Nella stessa petizione, che ha già raggiunto circa 120 mila adesioni, si chiede, per tutto il personale del comparto istruzione e ricerca (atenei, enti di ricerca, conservatori e accademie), il riscatto gratuito degli anni universitari di valore legale della laurea, previsto per gli ufficiali delle forze militare dall’art. 32 eel DPR 1092/1973, poiché titolo di accesso alla professione.
“Per superare il gap generazionale tra studenti e insegnanti, svecchiare il corpo docente, intervenire sul burnout, invogliare agli studi universitari – dichiara ancora il presidente Marcello Pacifico – noi riteniamo necessario modificare le norme sull’accesso alla pensione e sul riscatto gratuito degli anni di formazione del personale docente e scolastico e in generale di tutto il comparto istruzione e ricerca. L’obiettivo delle petizioni è quello di spingere il Governo e il Parlamento a cambiare le norme inique, ma anche fare riconoscere finalmente la professionalità e la peculiarità del lavoro del corpo insegnante e di tutto il personale scolastico e del comparto istruzione e ricerca”, conclude il leader dell’Anief.
“Svecchiare il corpo docente, intervenire sul burnout, invogliare agli studi universitari, superare il gap generazionale sempre più largo tra alunni e docenti – commenta ancora il presidente Anief Marcello Pacifico – noi riteniamo necessario modificare le norme sull’accesso alla pensione e sul riscatto gratuito degli anni di formazione del personale docente e scolastico e in generale di tutto il comparto istruzione e ricerca. L’obiettivo delle petizioni è quello di spingere il Governo e il Parlamento a cambiare le norme inique, ma anche fare riconoscere finalmente la professionalità del lavoro del corpo insegnante, di tutto il personale scolastico e del comparto istruzione e ricerca”.
La petizione diventa ancora più importante, dal momento in cui è intenzione del Governo portare ancora più avanti, di tre mesi, la soglia per lasciare il lavoro. Ancora di più perchè l’ultimo rapporto dell’ARAN sull’età anagrafica dei dipendenti della pubblica amministrazione nel 2021 conferma il progressivo invecchiamento del personale docente e scolastico, e in generale del comparto istruzione e ricerca, rispetto all’attuale riforma delle pensioni che prevede il pensionamento dopo quasi 44 anni di contributi o il limite anagrafico di quasi 68 anni di età. È significativo che il personale docente e scolastico della scuola italiana, per il 77,4% è di sesso femminile, sia ormai il più vecchio in Europa e nel mondo: 235.741 unità erano in servizio a scuola nel 2021 con un’età over 60 (18 6%), a dispetto di quanto avveniva nelle forze di polizia con 2.296 unità (0,8%) e nelle forze armate con 186 unità (0,1%), in ragione della specificità dell’ordinamento militare, del rischio, ma a dispetto del burnout che non è riconosciuto agli insegnanti e a tutti i lavoratori della scuola.
LE PETIZIONI DEL SINDACATO
Stop alla trattenuta ENAM 1% mensile per docenti scuola infanzia e primaria: cliccare qui.
Abolire la trattenuta 2,5% TFR e rimetterla a carico dello Stato: cliccare qui.
Riportare pensione a 60 anni per comparto istruzione e ricerca e riscatto laurea gratuito: cliccare qui.