Docente viene sanzionata per essersi recata in segreteria durante la lezione, violazione obbligo vigilanza

Nella scuola se ne vedono di cotte e di crude, ed il modo in cui certi fatti possono portare all’adozione di sanzioni disciplinari dipende anche dal grado di flessibilità con il quale l’Amministrazione tende a valutare gli episodi ben tenendo sempre conto che sussiste l’obbligo di attivare un procedimento disciplinare quando sussistono fatti che possono essere valutati come possibili illeciti, ma un conto è avviare il procedimento, altro è poi arrivare ad adottare la sanzione.
Il fatto
La Corte d’Appello respingeva l’appello di una docente avverso la sentenza del Tribunale che aveva rigettato il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Istruzione ed aveva ritenuto legittima la sanzione disciplinare della censura, inflitta dal Dirigente scolastico “perché l’insegnante si era allontanata dalla classe per recarsi in segreteria senza che ricorressero ragioni idonee a giustificare l’allontanamento e senza avvisare la vicepresidenza, in violazione dei doveri imposti dall’art. 51 del regolamento di istituto”. Il ricorso giunge in Cassazione che lo respinge con la sentenza del 13-11-2020, n. 25810
Allontanarsi dalla classe senza gravi motivi è illecito disciplinare
Nella ricostruzione del fatto la Cassazione riporta che “la Corte territoriale ha ritenuto provato l’illecito disciplinare ed ha accertato che l’insegnante si era allontanata dalla classe senza che ricorressero gravi ed improvvisi motivi e senza avvisare la vicepresidenza, ed inoltre aveva persistito nella condotta, sebbene fosse stata redarguita dal dirigente scolastico; ha rilevato che non valeva ad escludere la rilevanza disciplinare della condotta la circostanza che l’allontanamento fosse stato di breve durata e non avesse esposto a pericolo gli alunni, controllati la prima volta dai loro rappresentanti, nella successiva occasione da un collaboratore scolastico; infine ha ritenuto la sanzione della censura proporzionata alla complessiva gravità della condotta in quanto il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 494, lett. c), per la violazione del dovere di vigilanza prevede la sanzione della sospensione dall’insegnamento fino ad un mese”.
Nella difesa la ricorrente eccepiva che “non poteva essere ravvisata una violazione dell’obbligo di vigilanza perché, in un’occasione, il controllo della classe, composta per la maggior parte da maggiorenni, era stato affidato ai due rappresentanti e nell’altra era stato richiesto l’intervento di personale ATA; rilevava, inoltre, che di allontanamento si può parlare solo nel caso in cui il docente esca dal plesso scolastico non già qualora, come nella fattispecie, si rechi presso l’ufficio di segreteria per svolgere incombenze connesse all’attività di insegnamento; rilevando inoltre, la ricorrente che nel corso del procedimento disciplinare era stato mortificato il suo diritto di difesa, perchè illegittimamente l’amministrazione aveva richiesto il pagamento delle spese di fotoriproduzione, posto come condizione per il rilascio delle copie degli atti”.
Per dichiarare il cessare del contendere serve una richiesta congiunta, non basta l’andare in pensione
“Nella memoria depositata ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, la ricorrente ha dichiarato di essere stata collocata in pensione ed ha evidenziato che l’estinzione del rapporto ha determinato il venir meno dell’interesse alla decisione, in quanto in questa sede è contestata la legittimità di una sanzione diversa dal licenziamento; ha, quindi, concluso chiedendo, in via principale, la ” valutazione della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione”, e ribadendo, poi, le ragioni sviluppate nel ricorso a sostegno della domandata cassazione della sentenza; rileva il Collegio che non sussistono i presupposti processuali necessari ai fini della pronuncia di cessazione della materia del contendere, che presuppone una richiesta congiunta delle parti, le quali devono entrambe dare atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottoporre al giudice conclusioni conformi in tal senso (Cass. n. 16150/2010; Cass. n. 2063/2014; Cass. n. 5188/2015 e fra le più recenti in motivazione Cass. n. 19845/2019)”.