Docente precario discriminato nella progressione stipendiale? Ecco come fare per capirlo in tre fasi

L’ Ordinanza della Cassazione Civile Ord. Sez. 6 Num. 16096/2021 del 6 giugno affronta la questione della violazione e/o falsa applicazione della clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE nonché degli arti. 485 e 489 d.lgs. 16/4/1994 n. 297, così come interpretati dalla sentenza del 20/9/2018 c-466/2017 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in merito alla fattispecie della progressione stipendiale in pendenza di rapporto a tempo determinato. Un provvedimento che sintetizza in modo efficace una questione complessa e che da anni sta continuando a determinare contenziosi anche onerosi per le parti.
La normativa
La Cassazione si richiama ad un suo precedente, quello della sentenza 31149/2019. Dove emergono tre principi sostanziali a cui far riferimento:
a) l’art. 485 del d.lgs. n. 297/1994, che anche in forza del rinvio operato dalle parti collettive disciplina il riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, viola la clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, e deve essere disapplicato, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489
dello stesso decreto, come integrato dall’art. 11, comma 14, della legge n. 124/1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato;
b) il giudice del merito per accertare la sussistenza della denunciata discriminazione dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato e ciò implica che non potranno essere valorizzate le interruzioni fra un rapporto e l’altro, né potrà essere applicata la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489;
c) l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, in caso di disapplicazione 485 del d.lgs. n.297/1994 deve essere computata sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato.
Le tre fasi da valutare per accertare l’eventuale discriminazione
Il procedimento logico che dovrà dunque seguire il giudice è il seguente:
a) Determinare il trattamento spettante al preteso “discriminato”;
b) individuare il trattamento riservato al lavoratore comparabile;
c) accertare se l’eventuale disparità sia giustificata da una ragione obiettiva.
Nel rispetto di queste fasi perché il docente si possa dire discriminato dall’applicazione dell’art. 485 d.lgs. n. 297/1994, che è la risultante di elementi di sfavore e di favore, affermano i giudici, deve emergere che l’anzianità calcolata ai sensi della norma speciale sia inferiore a quella che nello stesso arco temporale avrebbe maturato l’insegnante comparabile, assunto con contratto a tempo indeterminato per svolgere la medesima funzione docente; ciò implica che il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato non possa essere ritenuto discriminatorio per il solo fatto che dopo il quadriennio si operi un abbattimento, occorrendo invece verificare anche l’incidenza dello strumento di compensazione favorevole, che pertanto, in sede di giudizio di comparazione, va eliminato dal computo complessivo dell’anzianità, da effettuarsi sull’intero periodo, atteso che, altrimenti, si verificherebbe la paventata discriminazione alla rovescia rispetto al docente comparabile.
Nel calcolo dell’anzianità si deve tener conto solo del servizio effettivamente prestato
Nel calcolo dell’anzianità occorre, quindi, tener conto del solo servizio effettivo prestato, maggiorato, eventualmente, degli ulteriori periodi nei quali l’assenza è giustificata da una ragione che non comporta decurtazione di anzianità anche per l’assunto a tempo indeterminato (congedo ed aspettativa retribuiti, maternità e istituti assimilati), con la conseguenza che non possono essere considerati né gli intervalli fra la cessazione di un incarico di supplenza ed il conferimento di quello successivo, né, per le supplenze diverse da quelle annuali, i mesi estivi, in relazione ai quali questa Corte da tempo ha escluso la spettanza del diritto alla retribuzione (Cass. n. 21435/2011, Cass. n. 3062/2012, Cass. n. 17892/2015), sul presupposto che il rapporto cessa al momento del completamento delle attività di scrutinio.
Va riconosciuto il servizio prestato in ruolo diverso
Concludono i giudici sostenendo che si dovrà, invece, tener conto del servizio prestato in un ruolo diverso da quello rispetto al quale si domanda la ricostruzione della carriera, in presenza delle condizioni richieste dall’art. 485, perché il medesimo beneficio è riconosciuto anche al docente a tempo indeterminato che transiti dall’uno all’altro ruolo, con la conseguenza che il meccanismo non determina alcuna discriminazione alla rovescia; occorrerà, inoltre, tener conto anche dei rapporti a termine che si collocano temporalmente in data antecedente l’entrata in vigore della direttiva 1999/70/CE, perché «secondo una giurisprudenza costante, una nuova norma si applica, salvo deroghe, immediatamente agli effetti futuri delle situazioni sorte sotto l’impero della vecchia legge.