Docente precario con documentazione falsa, può essere licenziato anche dopo la conclusione della supplenza? Sì, ecco perché

Il tema affrontato riguarda la possibilità di licenziare un docente per falsità documentali anche dopo la risoluzione del rapporto di lavoro per altre ragioni. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30535/2024, ha chiarito che, in ambito scolastico, è legittima la risoluzione del contratto qualora emerga la mancanza del titolo di studio dichiarato al momento dell’inserimento nelle graduatorie provinciali per le supplenze.
La normativa di riferimento e le conseguenze della verifica negativa
L’art. 8, comma 9, dell’O.M. n. 60/2020 disciplina la procedura da seguire nel caso in cui emerga l’assenza dei requisiti richiesti. Il dirigente scolastico che ha effettuato la verifica è tenuto a comunicare l’esito negativo all’Ufficio competente, con possibili conseguenze quali:
- l’esclusione dalle graduatorie;
- la rideterminazione del punteggio e della posizione assegnata;
- l’eventuale attivazione di responsabilità penale in base all’art. 76 del D.P.R. 445/2000.
In tal caso, la risoluzione del rapporto di lavoro non assume carattere disciplinare, ma deriva dall’accertata violazione delle norme relative all’accesso alla graduatoria e al conferimento delle supplenze.
Licenziamento per falsità documentali e potere disciplinare dell’amministrazione
Le falsità dichiarative finalizzate all’accesso al pubblico impiego o alla progressione di carriera rientrano tra le infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ai sensi dell’art. 55-quater del D.Lgs. n. 165/2001. La Corte ha affermato che l’amministrazione mantiene il potere disciplinare anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, se emergono irregolarità che ne giustificano l’attivazione.
La finalità del licenziamento postumo: tutela dell’interesse pubblico
Secondo la Cassazione, l’interesse della Pubblica Amministrazione non si esaurisce con la fine del rapporto lavorativo. Il procedimento disciplinare può essere avviato anche successivamente, per impedire che il soggetto:
- venga riammesso in servizio;
- possa partecipare a concorsi pubblici futuri;
- utilizzi il rapporto di impiego pregresso come titolo per ottenere altri incarichi nella P.A.
Questo principio, già espresso in precedenti pronunce (Cass. Sez. L, n. 17307/2016), conferma che la P.A. ha un interesse persistente nell’accertare le responsabilità disciplinari, nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, buon andamento e imparzialità.