Docente ottiene supplenza con MAD ma dichiara un titolo falso, deve restituire lo stipendio? Ecco cosa hanno detto i giudici
Un docente presentava una MAD per ottenere una supplenza. In tale sede dichiarava, con assunzione di responsabilità ex art. 76 D.P.R. n. 445/2000, di essere in possesso del diploma magistrale e del diploma di specializzazione per il sostegno trasmettendo poi la relativa documentazione. In accoglimento della domanda la scuola stipulava un contratto di lavoro per una supplenza come docente di sostegno. Però, all’esito delle successive indagini penali, tuttavia, emergeva la falsità dei diplomi dichiarati e il convenuto veniva imputato dei reati di falso (art. 476 c.p.) e di truffa (art. 640 c.p.) in concorso. Accolta la richiesta di patteggiamento, il Tribunale lo condannava e la medesima sentenza dichiarava, ex art. 537 c.p.p., la falsità dei citati diplomi, così come indicati nei capi di imputazione. Si pronuncia su tale caso con Sentenza n° 76 la Corte dei Conti sezione per la Lombardia
Va restituito lo stipendio anche se si è assunti con MAD e si presentano titoli falsi
La Corte dei Conti ha osservato che dalla comprovata condotta illecita del convenuto è derivato il danno contestato dal Procuratore regionale, corrispondente ai compensi percepiti per le supplenze ottenute mediante frode. Al riguardo, continuano i giudici, è sufficiente fare richiamo, come previsto nell’art. 17, comma 1 disp. att. c.g.c., alla costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nell’ipotesi di accesso a posti di impiego pubblico conseguito mediante la falsa attestazione del possesso del titolo di studio richiesto, si versa in una fattispecie di illiceità della causa che, ai sensi dell’art. 2126, primo comma, cod. civ., priva il lavoro prestato della tutela collegata al rapporto di lavoro, stante il contrasto con norme fondamentali e generali e con i basilari principi pubblicistici dell’ordinamento (cfr. Corte Cost. n. 296/1990). Pertanto, la prestazione lavorativa resa in assenza del titolo prescritto e dichiarato (perciò non espressiva della capacità derivante dalla preparazione professionale conseguita con regolare percorso di studi) non arreca all’ente pubblico alcuna utilità e determina il venir meno del rapporto sinallagmatico tra prestazione e retribuzione, a nulla rilevando la circostanza che agli emolumenti percepiti abbiano corrisposto prestazioni effettivamente svolte (cfr., in tal senso, questa Sezione n. 263/2022 cit. e n. 138/2023, nonché Sez. App. Sicilia, n. 243/2012 e n. 469/2014; Sez. I App. n. 527/2017; Sezione II App. n. 568/2018; Sez. Toscana n. 463/2021; Sez. Molise, n. 2 e n. 13/2023; Sez. Emilia-Romagna n. 199/2022 e n. 19/2023).
Precisa pertanto la Corte che cadono di conseguenza anche le obiezioni difensive per cui la MAD sarebbe un procedimento informale, regolato essenzialmente dalla prassi, di carattere residuale e che non richiede alcun titolo abilitante. Il fatto che tale procedura sia subordinata alla mancanza di graduatorie non significa affatto che essa sia del tutto priva di disciplina, come emerge dalle norme dettate in merito dal Ministero. Ma, soprattutto, conclude la Corte lombarda, non può valere a far ritenere superflui i titoli di studio che, una volta dichiarati dall’aspirante e acquisiti al procedimento, costituiscono elementi essenziali del contratto stipulato, attenendo alle qualifiche soggettive di una delle parti contraenti. E ciò è tanto più vero laddove manchi (poiché falsificato), come nella specie, non solo il titolo di specializzazione, ma addirittura quello abilitante all’insegnamento, come il diploma magistrale.Il convenuto va quindi condannato al risarcimento del danno in favore del competente Ministero.