Docente in prova non si presenta alla visita di idoneità psicofisica: scatta il licenziamento disciplinare

E’ legittimo il licenziamento disciplinare intimato a una docente in prova che, senza giustificato motivo, per tre volte di seguito, non si era presentata alle visite mediche collegiali di idoneità richieste dal dirigente scolastico. In tale ipotesi l’articolo 6, c. 3, DPR n. 171/2011, richiamato nella lettera di licenziamento, consente all’amministrazione di risolvere il rapporto di lavoro con preavviso. Lo ha chiarito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sentenza n. 40406 del 16 dicembre 2021).
Il licenziamento disciplinare
Nei tre gradi di giudizio una donna, già docente in prova del MIUR, si è vista rigettare l’opposizione avverso il provvedimento di licenziamento disciplinare intimatole nel 2017. Le era stata contestata, come mancanza disciplinare, l’assenza senza giustificato motivo alle visite mediche di idoneità richieste dal dirigente scolastico. Il licenziamento era infatti fondato sulla mancata presentazione per tre volte alla visita medica collegiale. In tale ipotesi l’articolo 6, c. 3, DPR n. 171/2011, richiamato nella lettera di licenziamento, consente all’amministrazione di risolvere il rapporto di lavoro con preavviso.
La tesi sostenuta dalla docente in prova
Secondo la donna la procedura di accertamento dell’idoneità psicofisica era prevista per i soli dipendenti che avessero già superato positivamente il periodo di prova. Tale interpretazione, considerata errata dai giudici, avrebbe consentito l’occupazione di una cattedra per un tempo indefinito da parte di un docente che non prestava servizio, percependo la retribuzione, senza alcuna possibilità di verificarne la idoneità al servizio, costringendo l’amministrazione scolastica a ricorrere a supplenze temporanee.
I motivi della mancata presentazione alla visita
E’ stata condivisa anche dai giudici successivi la valutazione del Tribunale, secondo cui la donna, nel rifiutare di sottoporsi a visita ben tre volte, aveva agito oltre i limiti della correttezza e buona fede, per cui si era in presenza di una insubordinazione ingiustificata. Ella non aveva ottemperato all’ordine di sottoporsi a visita non per ragioni di salute e sicurezza, ma in virtù di un’interpretazione del dato normativo diversa da quella accolta dall’amministrazione. Nulla impediva alla reclamante di sottoporsi a visita, come richiestole e di far valere poi la sua interpretazione in caso di esito negativo della visita.
La prova
L’articolo 1, c. da 115 a 120, della L. n. 107/2015, ha introdotto una nuova disciplina del periodo di prova del personale docente ed educativo, modificando sia i requisiti necessari per il suo superamento che le relative procedure. Le nuove norme hanno previsto che il superamento del periodo di formazione e prova sia subordinato allo svolgimento di un servizio effettivamente prestato che abbia sempre la durata minima di 180 giorni, alla condizione, però, che almeno 120 di questi giorni siano svolti in attività didattica.
La proroga della prova e la convocazione alla visita
Nella fattispecie di causa nel primo anno di prova (a.s. 2012/2013) la docente prestava 167 giornate di servizio, senza raggiungere i 180 giorni richiesti, per cui la prova era prorogata per un ulteriore a.s. (2013/2014) e negli anni scolastici ancora successivi, in quanto la docente non prestava servizio. Seguivano le tre convocazioni per la visita collegiale, disposte per il 6 dicembre 2014, 13 marzo 2017 e 8 maggio 2017, cui la ricorrente si rifiutava di sottoporsi.
Le conseguenze del rifiuto a sottoporti alla visita medica
La Cassazione (Sez. Lav. n. 29188/2018) ha chiarito che nel pubblico impiego contrattualizzato, il prolungato ed ingiustificato rifiuto, da parte del dipendente pubblico, di effettuare gli accertamenti medici richiesti, legittima la P.A. a procedere (ai sensi dell’art. 55 bis, D.Lgs. n. 165/2001) alla contestazione disciplinare, che innesta un procedimento autonomo rispetto a quello di verifica dell’idoneità al servizio, non più possibile a causa della mancata collaborazione del dipendente pubblico.
Il rigetto della tesi della donna
L’infondatezza della tesi della donna sull’impossibilità di avviare il procedimento di verifica dell’idoneità al servizio ha escluso a monte l’ipotizzabilità di un giustificato motivo della mancata presentazione a visita o di una condotta conforme ai doveri di correttezza e buona fede.