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Docente e Dirigente subiscono provvedimento disciplinare, famiglie chiedono accesso agli atti. Giudici su bilanciamento tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza

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Una interessante sentenza del T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., (ud. 22-09-2020) 28-09-2020, n. 1721 affronta il caso di una richiesta di accesso agli atti formulata da alcune famiglie ad una scuola per ottenere i documenti del procedimento disciplinare, poi archiviato, nei confronti di un docente e del dirigente scolastico dell’istituto in cui erano iscritti i propri figli. Il TAR dà ragione ai ricorrenti, le famiglie, che si vedevano negati gli atti da parte dell’amministrazione per i motivi che ora seguiranno. Si tratta di una delle poche sentenze che ha trattato una questione così specifica nel comparto scuola.

Il fatto

Con il ricorso come prodotto dai propri difensori veniva impugnato il provvedimento con cui il Ministero dell’Istruzione respingeva l’istanza di accesso agli atti formulata dai ricorrenti finalizzata ad ottenere la documentazione relativa ad un procedimento disciplinare, conclusosi con l’archiviazione, instaurato contro la Dirigente Scolastica ed una docente del suddetto Istituto. Il rigetto dell’istanza di accesso agli atti è stato disposto in quanto, secondo l’Amministrazione, tale istanza sarebbe finalizzata all’effettuazione di un controllo generalizzato sull’attività amministrativa, ed in quanto sarebbe prevalente l’interesse alla riservatezza dei soggetti sottoposti a procedimento disciplinare rispetto a quello di coloro che, non avendovi partecipato, sarebbero da considerare alla stregua di terzi. Oltre alla domanda di annullamento, gli interessati chiedono che l’Amministrazione venga condannata al rilascio della documentazione richiesta.

La questione del bilanciamento degli interessi

“Per risolvere la controversia (osservano i giudici) occorre innanzitutto brevemente affrontare l’ormai nota problematica riguardante il bilanciamento degli interessi del soggetto che propone la domanda di accesso agli atti e l’interesse alla riservatezza dei controinteressati.

Di questa problematica si fanno esplicitamente carico: a) l’art. 59, primo comma, del D.Lgs. n. 196 del 2003 (codice della privacy), in base al quale “Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione…”; b) dall’art. 24, ultimo comma, della L. n. 241 del 1990 il quale, nella versione modificata dalla L. n. 15 del 2005, stabilisce che “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”; c) dall’art. 60 del D.Lgs. n. 196 del 2003 il quale prevede che “Quando il trattamento concerne dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale”.

Ci sono tre livelli di protezione

“La disciplina che deriva da queste disposizioni delinea tre livelli di protezione dei dati dei terzi, cui corrispondono tre gradi di intensità della situazione giuridica che il richiedente deve intendere tutelare con la richiesta di accesso: nel grado più basso (quando i documenti contengono dati non qualificati riguardanti terzi) è sufficiente che la richiesta di accesso sia formulata per difendere un interesse giuridico del richiedente; nel grado intermedio (quando i documenti contengono dati sensibili o giudiziari) si richiede la “stretta indispensabilità” di tali dati alla tutela; nel grado più elevato (quando i documenti contengono dati sensibili che attengono allo stato di salute o alla vita sessuale) si richiede la sussistenza in capo al richiedente di un interesse da tutelare “di pari rango” rispetto a quello dei dati richiesti. Secondo dottrina e giurisprudenza, il risultato complessivo di questa disciplina risulta sbilanciato a favore del diritto di accesso il quale – seppur in presenza di presupposti sempre più rigidi a seconda dell’intensità di protezione accordata al diritto alla riservatezza – può sempre prevalere su quest’ultimo”.

Il collegamento tra richiesta di accesso agli atti e tutela dei propri diritti

“Ebbene ritiene il Collegio che tale elemento sia stato messo bene in evidenza dagli interessati i quali, già nell’istanza di accesso agli atti, hanno chiarito come la loro richiesta sia collegata alla qualità di autori dell’esposto che ha dato avvio al procedimento disciplinare ed alla conseguente necessità di valutare eventuali profili di rilevanza penale e/o civile della condotta tenuta dai soggetti coinvolti in tale procedimento, onde verificare se sussistono gli elementi per intraprendere contro di essi un’azione giudiziaria finalizzata alla tutela dei loro diritti (ritenuti lesi per l’irregolare composizione delle sezioni delle classi prime). Lo stretto collegamento fra richiesta di accesso e specifico interesse alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante dei richiedenti porta poi ovviamente ad escludere che la richiesta stessa abbia mera finalità di controllo generalizzato sull’azione amministrativa”.

Se dopo l’esposto viene avviato un procedimento, i denuncianti hanno diritto ad accedere alla documentazione

“Per completezza, il Collegio chiarisce che è del tutto irrilevante la precisazione contenuta (per la prima volta) nella memoria difensiva dell’Amministrazione la quale sostiene che, in realtà, contro la Dirigente scolastica e la docente non si sarebbe neppure avviato un vero e proprio procedimento disciplinare, ma una mera “preistruttoria” finalizzata ad accertare l’effettiva sussistenza di comportamenti disciplinarmente rilevanti. Ciò non toglie infatti che l’Amministrazione, a seguito dell’esposto dei ricorrenti, abbia comunque avviato un procedimento, e che quest’ultima sia quindi tenuta a rilasciare i documenti oggetto di tale procedimento (qualunque sia la sua corretta qualificazione e/o denominazione). In conclusione, per tutte le ragioni illustrate, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, va dichiarato il diritto dei ricorrente a prendere visione ed estrarre copia della documentazione richiesta con l’istanza di accesso di cui trattasi. Conseguentemente va disposta la condanna dell’Amministrazione a provvedere in tal senso nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione”.

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