Docente con interdizione da lavoro post partum, non può svolgere funzione di collaboratrice scolastica

Una docente presentava all’Ispettorato Territoriale del Lavoro domanda di interdizione dal lavoro post partum, ai sensi dell’art. 17 comma 2 lett. b) e c) del d. lgs. n. 151/2001, fino al 7° mese dal parto (periodo di tutela massimo previsto dall’art. 6 dello stesso testo legislativo), ma la domanda veniva respinta.
Il fatto
L’Ispettorato del Lavoro dopo aver acquisito dal dirigente scolastico il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e le informazioni relative alle mansioni svolte dalla richiedente, al contratto in essere con la medesima e al calendario scolastico, comunicava all’interessata, ai sensi dell’art. 10 bis l. 241/90, i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in particolare rilevando che “per la mansione di insegnante di matematica e scienza scuola secondaria di 1° grado non sussistono rischi significativi ai fini dell’allattamento”. Con la stessa comunicazione, l’Ufficio invitava l’interessata a presentare nel termine di 10 giorni eventuali osservazioni idonee a consentire una diversa valutazione dell’istanza. Si pronuncia il TAR per la Lombardia N. 00757/2024
Legittimo negare l’interdizione post partum a docente se non c’è effettivo pericolo
L’eventualità paventata dalla ricorrente di poter essere adibita a compiti di assistenza primaria degli allievi, in sostituzione dei collaboratori scolastici, osservano i giudici, venendo in tal modo a contatto con agenti biologici potenzialmente infettivi o patogeni è radicalmente esclusa dal Documento di Valutazione dei Rischi predisposto dall’Istituto scolastico, il quale dispone espressamente che “E’ vietato alla docente in stato di gravidanza e in allattamento ogni operazione di assistenza primaria agli allievi che possa comportare un rischio di natura biologica (contatto con urina, feci, sangue, saliva, etc.)”: cfr. doc. 8 parte resistente, Allegato 1, paragrafo “Misure specifiche tese alla riduzione dei rischi docenti e docenti di sostegno”, pagg. 34 e ss.).
L’asserita presenza nell’Istituto scolastico di numerosi allievi extracomunitari e italiani, continua il TAR, non in regola con le vaccinazioni obbligatorie è rimasta affermazione del tutto generica e priva del benchè minimo supporto probatorio, oltre che recisamente contestata dalle Amministrazioni resistenti; si tratta, in definitiva, di affermazione meramente suggestiva e strumentale, priva di ogni rilievo ai fini del sindacato di legittimità dell’atto impugnato.
Parimenti generica e strumentale appare l’ulteriore asserzione della ricorrente circa la presunta insalubrità delle aule nel periodo autunnale e invernale a causa dell’asserito sovraffollamento degli spazi e dell’impossibilità di garantire un adeguato ricambio dell’aria: anche in tal caso di tratta di affermazioni svincolate da ogni riscontro oggettivo e basate su mere illazioni e congetture, peraltro respinte con decisione dalle parti resistenti.
Dunque, nel respingere il ricorso, il TAR lombardo conclude che le osservazioni procedimentali presentate dall’interessata dopo la comunicazione del preavviso di diniego non sono state ignorate dall’Amministrazione, ma – per quanto emerge dalla motivazione dell’atto impugnato – non sono state ritenute “utili ai fini di un eventuale riesame dell’istanza”: una valutazione, quest’ultima, pienamente confermata dalle considerazioni sopra esposte in ordine al carattere palesemente generico, strumentale e in definitiva pretestuoso delle allegazioni procedimentali della richiedente.